Santa Maria del
Piave era un ospedale-monastero cistercense nell'attuale provincia di
Treviso. In origine sorgeva presso l'omonima frazione di Mareno di
Piave (l'antica località Talpon) e in seguito fu riedificato nella
vicina Lovadina di Spresiano.
Borghi d’Europa ne
ripropone la storia, all’interno del viaggio nelle Terre della
Piave.
Il monastero si
trovava in un'area assai battuta dai traffici, presso una zona di
guadi posta sul medio corso del Piave e all'incrocio tra le strade
Ungaresca e Alemanna. Compito dell'istituzione era infatti dare
ospitalità a mercanti, pellegrini e viandanti in genere che vi
transitavano.
Santa Maria del
Piave sarebbe stata fondata (o rifondata) attorno all'anno Mille e in
origine fu gestita da una congregazione diversa dai cistercensi. La
sua importanza era cresciuta all'epoca delle crociate, con l'aumento
dei pellegrinaggi verso la Terra Santa. In concomitanza, nobili ed
ecclesiastici ne avevano accresciuto le ricchezze attraverso
donazioni, mentre vari ordini militari e lo stesso pontefice ne
avevano garantito la protezione. Da Santa Maria dipendevano varie
chiese poste lungo il Piave e il Livenza.
Nel 1229, essendo il
complesso decadente sia dal punto di vista materiale che spirituale,
papa Gregorio IX lo affidò ai cistercensi dell'abbazia di Follina,
scelta che risultò felice per un certo periodo. A determinare la
fine dell'istituzione furono però altri eventi: la diminuzione dei
pellegrinaggi, le razzie degli eserciti di passaggio e, soprattutto,
le disastrose piene del Piave. Significativa fu quella del 1368,
quando il fiume mutò il suo corso e il monastero finì per trovarsi
nel mezzo di un'isola. Poiché il Piave fungeva (e funge tuttora) da
confine fra le diocesi di Ceneda e di Treviso, l'istituzione passò
dal controllo dell'una all'altra.
Alle inondazioni si
aggiunse la decadenza spirituale. Distrutto da un'altra terribile
ondata, nel 1459 l'abate commendatario Venceslao da Porcia lo fece
ricostruire sulla sponda destra, presso Lovadina. Tuttavia la
mancanza di monaci portò, alla fine del XV secolo, all'unione con il
monastero femminile di Santa Maria degli Angeli di Murano.
Tratto dalla Rivista
quadrimestrale di studi vittoriesi - IL FLAMINIO n°9 - 1996 - Edita
dalla Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane
PIER ANGELO
PASSOLUNGHI. Studiosoe ricercatore di
storia veneta,esperto di storia
religiosa per cui collabora a varie
riviste nazionali, ha curato varie pubblicazioni,
in particolare di Storia
e Bibliografia della
Sinistra Piave.
"....S. Maria del
Piave, antico ospedale sorto presso un'importante zona di
guadi
sul medio corso del
fiume.
Inizialmente si
trattò di una chiesa con funzioni ospedaliere affidata ad
una
comunità di cui
non si conosce la regola professata. Nato o rinato attorno
al
Mille nel fervore
della ripresa religiosa e commerciale,fra i suoi compiti
c'era
l'ospitalità a
viandanti,pellegrini e mercanti che guadavano il Piave.
Sorto all' incrocio
tra le vie ungarica e alemanna presso un boschetto di pioppi in
località (appunto) Talpon non distante da Mareno,
l'ospedale aveva accresciuto la propria importanza all'epoca
delle Crociate allorché si era trovato sul percorso via terra per la
Palestina. Nel 1120
i conti di Treviso, di Colfosco, di Ceneda ed i signori da Montaner
ne
avevano
congiuntamente fatto oggetto di importanti donazioni e ben presto, a
garantirne la protezione dagli appetiti degli ordini militari che
ne avevano tentato il rilevamento, erano arrivate le bolle di
protezione papale. Fra le chiese dipendenti per lo più
dislocate lungo il Piave che papa Lucio III nel 1177 aveva posto
nel patrocinioapostolico, ne figuravano
pure alcune presso
il Livenza: si trattava in quest'ultimo caso delle cappelle
di
Santo Stefano di
Meschio (Pinidello) e San Gottardo di Cordignano.
Poichè agl'inizi
del Duecento, l'ospedale risultava in piena decadenza spirituale
e materiale, nella
primavera del 1229 papa Gregorio ne aveva disposto la
riforma, affidandolo
al controllo dell'abate di Follina. L'arrivo di monaci del non
distante monastero
della pedemontana produsse gli effetti desiderati, inducendo
quelli che vi
vivevano già ad accettare la regola cistercense tanto che ben presto
la casa plavense
potè riprendersi.
La perdita
d'importanza rispetto ai flussi verso la Terra Santa del
secolo
precedente e i
distruttivi passaggi d'eserciti dovuti alle continue guerre
che tra
Due e Trecento
coinvolsero la Marca gravando sui guadi, finirono però col farsi
ben presto sentire
in forma negativa. I maggiori danni venne però ad arrecarli il
Piave con le sue
piene distruttive: nel 1368 un' onda del fiume più violenta del
solito
completamente
circondò l'area ove sorgevano le fabbriche, riducendolo ad
isola.
Sorto in diocesi
di Ceneda sulla sponda sinistra, il monastero si trovò così
in
mezzo al guado,
tanto che finì col venir indicato appartenere ora alla diocesi di
Ceneda, ora a
quella di Treviso. Colpito da ulteriori inondazioni, ed ormai
in
piena crisi
vocazionale, a metà Quattrocento subì una pesantissima
distruzione
che lo abbattè
dalle fondamenta. Il commendatario Venceslao da Porcia ne
ricercò nel
1459 pronta riedificazione presso la più sicura riva
destra a
Lovadina, ma
essendo le nuove fabbriche rimaste vuote per mancanza di
monaci, a fine
secolo il suo beneficio economico venne unito alle monache di S.
Maria degli Angeli
di Murano."
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