OSSERVATORIO CENTRO STUDI ERICKSON
CAMBIARE SI PUÒ.
CONTRASTARE LA VIOLENZA SULLE DONNE
ATTRAVERSO LA RI-EDUCAZIONE DEGLI UOMINI MALTRATTANTI
Palacongressi di Rimini |13 e 14 ottobre 2017
La violenza sulle donne non è fatta solo di aggressioni che sfociano in femminicidi. Spesso nasce e si concretizza incomportamenti sbagliati e controllanti, forme di violenza subdole e striscianti che è difficile riconoscere – soprattutto se perpetuate all’interno di una relazione di coppia - con il rischio che passino per “normalità”.
Quando gli uomini, nelle relazioni affettive, usano il loro potere per
ferire, punire e controllare viene violato il diritto delle donne e dei
bambini di vivere liberamente e al sicuro.
L’idea di fondo, ormai ampiamente condivisa a livello internazionale, è quella di agire in modo che questi comportamenti vengano arginati e ridotti, offrendo agli “uomini maltrattanti” percorsi di recupero con
strumenti per cambiare, in modo da evitare l’esacerbarsi della violenza
stessa e tutelare le vittime. È un lavoro di grande valenza sociale
svolto in Italia da circa 25 centri impegnati su questo fronte (vedi infografica).
Ogni anno sono circa 300 gli uomini accolti, di diversa estrazione
sociale, disposti a iniziare un percorso di riabilitazione. Secondo i
dati che emergono dal CAM di Firenze, il primo e tra i più noti avamposti di questo lavoro presieduto dalla dottoressa Alessandra Pauncz,
in base alle richieste pervenute negli ultimi 7 anni di attività è
possibile affermare che l’utenza è formata da uomini che hanno agito una
qualche forma di violenza contro la propria partner o ex partner, per
la maggior parte di nazionalità italiana (92%) e per la maggior parte padri (il 77% ha almeno un figlio).
Così come la letteratura non individua un profilo standard circa l’uomo
che agisce violenza nelle relazioni affettive, anche l’esperienza del CAM mostra come il comportamento violento sia trasversale per età e status socio-economico con il 62% degli accessi nella fascia di età 31 – 50 anni. Stessa omogeneità di distribuzione riguarda anche la professione degli uomini che si sono rivolti al CAM, con una distribuzione abbastanza uniforme tra liberi professionisti e operai e un picco tra i dipendenti (sia pubblici che privati),
ben il 36%. Infine, la maggior parte dell’utenza si trova ancora in
relazione con l’ultima partner contro la quale è stata agita violenza.
«Quando
lavoriamo con uomini che sono violenti non troviamo dei mostri assetati
di sangue, ma semplicemente uomini che hanno appreso un linguaggio in
cui per un uomo è legittimo e giusto prevaricare sugli altri ed in
particolare su donne e bambini. C’è un sottile linguaggio del privilegio
maschile, che fa sì che gli uomini pensino di essere legittimati ad
essere violenti, senza mai percepire le proprie azioni come violente», afferma Alessandra
Pauncz, che parteciperà come relatrice al Convegno Erickson “Affrontare
la violenza sulle donne – Prevenzione, riconoscimento e percorsi
d’uscita” in programma a Rimini il 13 e 14 ottobre.
Centri come il CAM non
solo permettono di contrastare la violenza domestica, intervenendo
sugli autori della violenza attraverso programmi psicoeducativi, ma svolgono una fondamentale funzione di formazione sui temi relativi a uomini maltrattanti anche sul piano nazionale.
«Credo
che il primo passo per cambiare la cultura della violenza sia
riconoscerla e nominarla. Se consideriamo “normale” offendere quando
siamo in disaccordo con qualcuno, alzare la voce per prevaricare nella
discussione, rompere oggetti quando siamo esasperati e qualche volta
tirare uno schiaffo ai nostri figli quando ci mancano di rispetto,
saremo portati a pensare che questi comportamenti siano normali e non
fare niente per cambiare atteggiamento” prosegue Pauncz. «Se
vogliamo cambiare un certo tipo di cultura è necessario trovare dei
modi per mettere in luce questo modello di mascolinità evidenziando
quanto il privilegio di genere sia connesso alla percezione di
legittimità della violenza. Finché questi aspetti rimangono nascosti
continuiamo a condannare ed esecrare la violenza quando assurge ai fatti
di cronaca per efferatezza e crudeltà, ma lasciamo inalterato il
tessuto sociale che alimenta ogni giorno i mille atti di violenza
quotidiani nascosti dalla “normalità”».
Attualmente,
in Italia, l’adesione a questo tipo di programmi è esclusivamente
volontaria. Gli uomini possono arrivarvi di propria iniziativa oppure su
invio di servizi sociali, forze dell’ordine, avvocati o magistrati.
All’interno
di questi centri si parte da una semplice accoglienza telefonica agli
uomini che agiscono violenza o a tutte le persone che hanno difficoltà a
gestire una situazione di maltrattamento e hanno bisogno di consulenza.
A seguito della telefonata vengono effettuati dei colloqui iniziali con
i maltrattanti per cercare di capire insieme che percorso sia possibile
effettuare per interrompere la violenza. Il Centro offre quindi una
serie di consulenze e gruppi psicoeducativi per aiutare e sostenere gli
uomini nel loro cambiamento. Per quanto riguarda l’attività di
formazione, essa è parte integrante del lavoro di promozione del
cambiamento culturale con gli operatori che aiutano a mettere in
discussione stereotipi e convinzioni profonde e radicate sulla violenza.
Non è semplice ottenere dati scientifici sulla recuperabilità degli uomini maltrattanti. Grazie però all’elaborazione dei dati dei centri legati al CAM di Firenze si è visto che la difficoltà maggiore è quella di superare le prime fasi di terapia, quando il 40% dei pazienti abbandona e non torna più.
Per coloro che invece continuano, si osserva che dopo due mesi
interrompono la violenza fisica nei confronti delle loro compagne, e
allo stesso tempo si sviluppa una riflessione sulle motivazioni che
portano alla violenza psicologica, economica, sessuale. Un percorso
difficile documentato nel libro “Da uomo a uomo” - scritto dalla dotteressa Pauncz ed edito da Edizioni Centro Studi Erickson – grazie alle molte e interessanti testimonianze di uomini che hanno deciso di rendere pubblica la propria esperienza.
Allora quando è il caso di rivolgersi a un Centro Ascolto Uomini Maltrattanti?
Ecco una semplice lista fornita dal CAM di Firenze di comportamenti
adottati nelle relazioni con la partner o con i figli che devono fungere
da campanello di allarme, e spingere un uomo a rivolgersi a un centro
specializzato.
1. Fare o dire delle cose che dopo fanno stare male
2.
Cercare di impedire alla propria partner di fare qualcosa che voleva
fare (Come mettere un particolare vestito, uscire con le amiche, avere
un lavoro o studiare)
3.
Seguire o controllare i movimenti della propria partner (magari
telefonando o mandando costantemente messaggi ad orari strani)
4. Provocare paura nella partner e/o nei figli
5. Fare pressioni alla partner o ad altre donne per fare sesso quando non vogliono
6. Essere gelosi e/o accusare la partner di prestare troppa attenzione a qualcun altro
7. Schiaffeggiare, picchiare, spingere la propria partner o minacciare di farlo
8. Offendere, criticare, far sentire stupida per le proprie idee la propria compagna o/e i figli
9. Controllare le finanze, magari verificando tutte le spese di casa e non permettendo alla partner un uso personale dei soldi
10. Non riconoscere se stesso quando ci si comporta in un certo modo
Tutte queste tematiche verranno discusse in occasione del Convegno Internazionale “Affrontare la violenza sulle donne – Prevenzione, riconoscimento e percorsi di uscita” organizzato dal Centro Studi Erickson al Palacongressi di Rimini i prossimi13 e 14 ottobre.
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