“Semel
in anno licet insanire”! (Una volta all’anno è lecito festeggiare).
E’ un saggio consiglio che ci è stato tramandato dai nostri
progenitori latini.
Quale migliore occasione, se non il Carnevale,
per dare ascolto a chi di feste se ne intendeva veramente? Pensiamo
all’antica Roma, quando, cioè, si festeggiava per giorni e giorni fino
allo sfinimento.
Il Carnevale è senz’altro la festa più allegra dell’anno.
La più attesa dai bambini, la più trasgressiva per i più grandi
.Varie
sono le tradizioni popolari di questo periodo dell’anno in gran parte
dei Paesi del Mondo e in ciascuno di essi si rifanno a miti, a leggende,
o a rituali pagani e religiosi.
Anche nel nostro Paese le manifestazioni “carnevalesche” imperversano colorando e risvegliando le vie di ogni città.
Inutile
dire che anche a livello gastronomico si hanno in Italia innumerevoli
tradizioni, che rispecchiano pienamente lo spirito di tale festa.
Ogni regione vanta ricette gastronomiche particolari e secolari, ma
soprattutto nel “DOLCE” si nota una singolare voglia di evasione e di
trasgressione; non a caso le ricette caratteristiche, seppur con
varianti minime, vedono al primo posto i dolci fritti.
Un detto
popolare recita che fritto è buono tutto, anche l’aria, ma è certamente
lo zucchero caramellato e dorato dall’olio ad alta temperatura a
trasformare anche il più semplice impasto in qualcosa di
irresistibilmente stuzzicante e profumato.
Voglio proporvi, ora, alcune ricette di dolci di Carnevale rigorosamente fritti.
Dunque, mano alle padelle … e buon Carnevale a tutti.
CICERCHIATA
E’ una specialità tipica del Centro- Italia (Abruzzo, Umbria, Marche,
Lazio); tra l’altro, la presenza del miele indica che si tratta di una
preparazione molto antica.
STRUFFOLI
La risposta del Sud alla Cicerchiata è costituita dagli Struffoli
Napoletani; all’apparenza il dolce sembra identico, ma le due ricette
presentano numerose differenze. Inoltre, il dolce napoletano viene
guarnito con “cannulilli” e “diavulilli” colorati, quasi a voler
significare l’innata allegria e il folclore tipici di questo popolo, ai
quali, in origine, erano att ribuite proprietà energetiche.
CHIACCHIERE
Questa è forse la ricetta più semplice e la più “allegra” fra quelle
dei dolci di Carnevale, ciò nonostante è quella di maggiore successo.
Tanto è vero che la si ritrova in tutt’Italia, sebbene con nomi diversi:
in Friuli si chiamano Grostoli, in Emilia Sfrappole, in Veneto Galani,
nelle Marche Frappe, Cenci in Toscana, Chiacchiere in Campania. La
variante, nelle varie ricette regionali, è costituita dal marsala, o dal
vino bianco, o dall’acquavite, o dal liquore all’anice.
CASTAGNOLE Sono tipiche della gastronomia friulana durante il periodo di Carnevale. Gustose e morbide, sono adatte anche ai bambini.
TORTELLI O RAVIOLI DOLCI Sono cuscinetti di pasta ripieni di
marmellata, di frutta secca, o, come nella ricetta che segue, di
ricotta.
CAUSONE NAPOLETANO Di fattura simile ai tortelli, arriva dalla
Campania il “Cauzone”, che però presenta una variante alla ricetta
davvero singolare e forse un po’ PICCANTE: il pecorino.
GRAFFE KRAPFEN
Questa ricetta, forse la più antica, di tali dolci austriaci, proviene
dal libro di gastronomia dell’ARTUSI, di cui ho una copia del fine
‘800. Si sa che l’Artusi fa del cucinare e del mangiare una vera e
propria arte, dispensando consigli raffinati e, allo stesso tempo,
pratici. Dei Krapfen ci dà una ricetta “gentile”, come egli stesso la
definisce, che qui di seguito vi riporto in immagine scansionata del
libro sopra citato.
ZEPPOLE
E’ un dolce che si ritrova nominato in antichi test, non solo di
cucina, perfino in un “Privilegio”del Viceré di Napoli, Conte di
Ripacorsa (siamo nella Napoli dell’800). Si narra che il giorno di San
Giuseppe, che si festeggia il 19 Marzo, i friggitori napoletani si
esibivano pubblicamente nell’arte del friggere le Zeppole davanti alla
propria bottega, disponendovi tutto l’armamentario necessario. Si hanno
varie ricette delle Zeppole. Ve ne propongo due diverse versioni: la
prima senza ripieno e la seconda con ripieno di crema pasticciera.
ZEPPOLE
SEMPLICI ZEPPOLE BIGNÈ Per concludere l’allegro carosello sui dolci
tipici del Carnevale, vorrei, dulcis in fundo, terminare con una ricetta
veramente originale e, appresso, con un aneddoto che ci provengono
dalla città di Napoli.
LE ZEPPOLE DI IPPOLITO CAVALCANTI ( tratto da: Il grande libro della
pasticceria Napoletana) Le “Zeppole” Di Ippolito Cavalcanti Miette
ncoppa a lo ffuoco na cazzarola co meza carrafa d’acqua fresca, e no
bicchieredevino janco, e quanno vide ch’accommenz’a fa lle campanelle, e
sta p’ascì a bollere nce mine a poco a poco miezo ruotolo, o duje
tierze de sciore fino, votanno sempe co lo laniaturo; e quanno1a pasta
se scosta da tuorno a la cazzarola, allora è fatta, e la lieve
mettennola ncoppa a lo tavolillo, co na sodonta d’uoglio; quanno è mezza
fredda, che 1a può manià, la mine co lle mmane per farla schianà si pe
caso nce fosse quacche pallottola de sciore: ne farraje tanta tortanelli
come sono li zeppole, e le friarraje, o co l’uoglio, o co la nzogna,
che veneno meglio, attiento che la tiella s’avesse da abbruscià; po co
no spruoccolo appuntuto le pugnarraje pe farle squiglià, e farle veni
vacante da dinto; l’accuonce dinto a lo piatto co zuccaro, e mele. Pe
farle venì chiù tennere farraje la pasta na jurnata primma.
LE ZEPPOLE DEL DUCA Si era alla vigilia di S. Giuseppe del 1967,
l’anno in cui era preside dell’Istituto Professionale Alberghiero di
Stato di Napoli il prof. Francesco Bruniroccia, Franz per gli amici,
uomo dotato di affascinante personalità. Colto, con evidente attitudine
alle pubbliche relazioni, scrupoloso osservante delle regole di galateo
dettate da Monsignor Della Casa, egli riversava nel suo ruolo di uomo di
scuola l'impronta di tutte quelle doti naturali che facevano di lui un
diploma-tico mancato. A far da specchio a queste note caratteriali c'era
il temperamento brillante e sempre disponibile del prof. Bruniroccia,
il quale, detto fra noi, si compiaceva a cogliere tutte le occasioni
possibili per far sfoggio della sua cultura e della sua sensibilità di
gentiluomo in un mondo ancora non preso d’assalto dai mass media. Appena
insediato nella presidenza di quel nuovo tipo di scuola che lo vestiva a
pennello per la sua particolare organizzazione e finalità, egli senti
il dovere di approfondire la sua conoscenza con quell'Ippolito
Cavalcanti duca di Buonvicino al quale la scuola era stata intitolata.
Molte cose conobbe di quell’illustre gastronomo buontempone, nato nel
1787 e morto a Napoli nel l860.
Credette anche di scoprire delle
affinità tra il Cavalcanti e quell'abile Ministro degli Esteri -
considerato il più abile tra i ministri del suo tempo (tra la fine del
700 e i primi dell'800) - che fu Carlo Maurizio Talleyrand, diplomatico
pieno di spirito d'iniziativa e di risorse, il quale si avvalse della
gastronomia nei molti contatti importanti e difficili della sua vita di
politico. La scoperta più sensazionale che fece il preside Bruniroccia
fu che, in fondo in fondo, anch'egli somigliava un po’ all’uno e un po’
all’altro dei due grandi personaggi e gastronomi in questione. Fu così
che s’innamorò di Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino e decise di
onorarlo, facendolo conoscere bene anche agli allievi dell'istituto a
cui non poteva essere toccato - e tutti se ne dovevano convincere -nome
più felice.
Pertanto la scuola fu pervasa da un fervore di interessi
sulla vita del personaggio e sulla pratica dei suoi consigli a tavola e
delle sue ricette, anche di quelle non del tutto ortodosse. Fu appunto
quest’ultimo particolare - ahinoi un po’ troppo azzardato - che fece
correre all’appassionata crociata del Bruniroccia un brutto rischio.
Raccontiamo un episodio che pochi ancora, tra gli allievi e gli
insegnanti di allora, ricordano. Si era, dunque, alla vigilia di San
Giuseppe, in uno di quegli anni in cui al santo venivano ancora
riconosciuti gli onori di una festività scolastica. Per iniziativa del
preside era stata organizzata dall’istituto Alberghiero di Napoli e da
quello di Capri, sede coordinata, una manifestazione da tenersi nella
Piazzetta di Capri in quella giornata.
Baldacchino al centro della
piazzetta, attrezzata con un banco-bar, un banco per impasto, un grosso
fornello ed un padellone: questa la scenografia che, sotto l'insegna
I.P.A.S., doveva consentire agli allievi barman ed a quelli del corso di
cucina di offrire ai turisti ed ai cittadini di Capri, in quella
tiepida giornata primaverile e in una pubblica esercitazione, cocktails e
zeppole di S. Giuseppe.
Queste ultime preparate ovviamente nella più fedele osservanza della ricetta di Ippolito Cavalcanti.
Tutto
era stato dovutamente propagandato e inviti ufficiali erano giunti sui
tavoli di sindaci e assessori nonché sulle scrivanie dei direttori degli
alberghi capresi, con preghiera di divulgare la notizia della
manifestazione ai loro clienti. Così che, quando gli allievi furono già
al loro posto di... combattimento (è proprio il caso di dirlo), la
Piazzetta di Capri era già gremita di una variegata folla divertita e
incuriosita dall’originale atto di promozione turistica.
Ci furono
gustosi e ben guarniti cocktails per tutti e poi... zeppole ancora
fumanti distribuite da altri allievi di sala e bar in perfetta divisa di
commis. La distribuzione aveva soddisfatto appena La metà degli
intervenuti quando cominciò, come una furiosa grandinata a ciel sereno,
un primo lancio di zeppole contro il palco sul quale era il presidente
Bruniroccia con i professori istruttori e gli allievi indaffarati
nell’operazione di quelle ormai definite “le zeppole del Duca”.
Bastò
il primo lancio per far giungere in breve tempo sui malcapitati
rappresentanti dell'I.P.A:S. di Napoli e di Capri una vera gragnola di
palline dure come sassi tanto da farli correre verso i più immediati e
sicuri ripari. Ma... quelli che a prima prova d’urto sembravano sassi
non erano altro che le famose zeppole preparate con fedeltà certosina
secondo lei ricetta di Ippolito Cavalcanti Duca di Buonvicino. Così come
aveva voluto il preside Franz Bruniroccia il quale, inspiegabilmente
esultante ed eroicamente esposto ai tiri dolenti, cominciò ad arringare
la folla.
Sapeva d'aver vinto. Nella dimostrazione data egli non
voleva soddisfare il gusto dei palati di oggi, bensì intendeva portare a
conoscenza il fine per cui Cavalcanti aveva ideato la ricetta.
La
pasta doveva risultare dura per berci sopra l'ultimo bicchiere di buon
vino da dessert e le zeppole per essere perfette dovevano assorbire, in
proporzioni tanto vino quanto era la loro quantità ingerita alla fine di
un pasto o di un festeggiamento. Nonostante il simpatico tafferuglio,
il preside riuscì a spiegare tutto questo alla folla attenta dei
forestieri e dei capresi.
La sue forbita disquisizione sul
Cavalcanti fu quanto mai ampia e sottile e dette tempo al bravo chef
Salvatore De Biase ed ai suoi allievi di riprendere a friggere le
zeppole, ma questa volta, di quelle che noi conosciamo e apprezziamo
per la lor deliziosa morbidezza. Partirono dal palco, riassestato in
breve tempo, grandi vassoi di vere, fragranti zeppole di San Giuseppe,
abbondantemente spolverate di zucchero. Scrosciarono gli applausi. Lo
spirito culturale della manifestazione era stato colto in pieno e
Bruniroccia vide, appagato, che la sue opera era stata coronata da
successo.
Buon Carnevale a tutti
Brunella Cintioli