Il Friuli Venezia Giulia è una delle Regioni Italiane che amo frequentare, non solamente per la ricchezza di vitigni autoctoni sia bianchi che rossi ed un paesaggio magnifico e vario, ma anche per la storia di questa terra di confine, per il carattere a volte spigoloso ed austero dei suoi abitanti attendi custodi di luoghi e tradizioni.
L’Azienda Agricola Antico Broilo di Durì Giovanni, Massimo e Patrizia si trova a Prepotto, nell’area dei “Colli Orientali del Friuli”, ad est di Udine. Il territorio, protetto a nord dalle Alpi e aperto a sud ai venti del mare Adriatico, è attraversato dal fiume Judrio che fa da confine tra le province di Udine e Gorizia ed è particolarmente vocato per la coltivazione della vite che può godere di un microclima ventilato con buone escursioni termiche ed una varietà di terreni ed esposizioni; condizioni che garantiscono il potenziale qualitativo dei vini prodotti.
Prepotto è il paese dello Scoppiettino, un’antica cultivar conosciuta anche con il nome di Ribolla Nera che stava scomparendo, coltivata storicamente in un’area circoscritta tra la Valle di Cialla, Albana e Prepotto. Grazie al grande lavoro compiuto da un gruppo di coltivatori è stata riscoperta e valorizzata. L’Associazione dei Produttori dello Scoppiettino di Prepotto ed un rigoroso disciplinare di produzione e vinificazione, tutelano la qualità e le caratteristiche di questo singolare ed unico vitigno da cui origina un vino rosso, altrove non riproducibile, che Mario Soldati in “Vino al Vino” descrisse come
“Vino rarissimo … il nome viene dal patois sloveno: Pòcanza. Perché gli acini hanno una buccia duretta, e, a schiacciarne uno tra l’indice e il pollice, fa poc, scoppia, con un piccolo scoppio”.
L’Antico Broilo è una piccola azienda di 6 ettari, a conduzione biologica certificata, nel territorio di Prepotto e nelle zone di Cialla ed Albana. Come mi spiega Massimo, che mi accoglie nella cantina di Via Brolo, la sua famiglia lavora questa terra da cinque generazioni raccontando ed interpretando il territorio, nel rispetto della tradizione, attraverso una produzione artigianale con l’obiettivo di una vinificazione che valorizzi la qualità e le caratteristiche delle uve coltivate e raccolte in ogni annata. Una storia che è la narrazione dell’impegno di chi lavora la vigna anche con fatica, secondo i ritmi lenti e ciclici della natura, in un “contatto fisico ma anche divino” con la terra. Per Massimo e la sua famiglia è fondamentale produrre un vino di qualità, non banale, ma salubre e vivo, perché in ogni bottiglia stappata ”si possa ritrovare la poesia e la volontà di far parlare il terroir, poiché il vino è anche storia e cultura”.
Massimo mi fa notare che il logo dell’associazione FIVI (Federazione Italiana Viticoltori Indipendenti)[1], della quale è socio, ben rappresenta il lavoro del vignaiolo che realizza il proprio vino passo dopo passo, cosi come avviene nella loro azienda. L’intero processo produttivo inizia con un accurato e rigoroso lavoro nelle vigne, che sono tutte allevate a Guyot, “mettendoci il cuore, perché il lavoro bisogna sentirlo”. Per i trattamenti antiparassitari vengono utilizzati unicamente rame e zolfo; le rese sono molto basse, le vigne producono da 40 a 50 ettolitri di vino per ettaro. Tutte le operazioni, come ad esempio la potatura secca e la gestione della chioma e dell’apparato fogliare, vengono effettuate manualmente. La vite per prosperare e produrre un’uva ricca di qualità ha bisogno di luce, di un suolo che conservi la sua vitalità, di essere in armonia con l’ambiente e con la mano sapiente di chi ha seguito la sua crescita ed il suo sviluppo perché è dalla vigna che nasce il vino buono.
L’età media delle vigne è di 40-50 anni; la pianta giunta a maturità è in grado di dare un frutto di grande qualità. I nuovi impianti sono il risultato di una selezione massale; si tratta di una pratica agricola tradizionale che, oltre a salvaguardare la biodiversità del vigneto, permette di ottenere dei vini con una ottima complessità organolettica. Le nuove piante sono il risultato di una scelta accurata da parte del viticoltore che preleva le marze dalle viti che producono le uve migliori.
Per una produzione qualitativamente elevata è molto importante il momento della vendemmia; l’uva viene infatti raccolta a maturità del frutto, condizione ideale - assieme alla sua sanità - per ottenere un buon vino. “Masticare l’acino, assaggiare l’uva, controllare il colore del rachide, raccogliere e scegliere i grappoli a mano” con queste parole accalorate Massimo mi fa comprendere la filosofia della sua azienda, il perché di un lavoro certosino. Come racconta, in campagna è importante osservare, porsi delle domande, conoscere il lavoro per poter vivere a contatto con la natura, che deve essere custodita e rispettata.
Quindi non è sterile retorica affermare che il principale ambientalista dovrebbe essere il contadino[2]
In cantina le uve fermentano con i soli lieviti indigeni e le vinificazioni avvengono per singole parcelle. L’aggiunta di solforosa è moderata, attorno ai 35-40 mg/litro di SO2 Totale per i vini rossi e 50-60 mg/litro per quelli bianchi[3]. Tutte le operazioni vengono effettuate con molta cura e sensibilità per la ricerca di un prodotto che racchiuda nella bottiglia il frutto del territorio.
La produzione aziendale, oltre ai due vini a bacca bianca: la Ribolla Gialla, una varietà antica interessante e di carattere che ben identifica il territorio friulano, definita da Massimo “possessiva e tannica”, e un emozionante Friulano, entrambi vinificati come da tradizione a contatto con le bucce ed affinati in acciaio per 8-12 mesi, si caratterizza per la vinificazione di uve a bacca rossa.
Le tipologie presenti sono: il Refosco dal Peduncolo Rosso, il Merlot, il Cabernet Franc, un elegante ed aristocratico Pinot Nero di lunga persistenza con una scia sapida ed una bella armonia, che proviene da vitigni che il papà di Massimo, il signor Giovanni, ha messo a dimora negli anni ’70 dopo una attenta selezione dei cloni.
Tra i vini rossi emerge certamente il tipico Schioppettino, prodotto anche da viti centenarie. Il vino, di colore rosso rubino con riflessi granati e unghia violacea, rivela all’olfatto intensi profumi di frutti di bosco: fragole, mirtilli , more, lamponi e in successione note speziate di pepe nero. Al palato è fresco, sapido, con una gradevole trama tannica che dà equilibrio e finezza. Affina 24 mesi in barrique. Nelle annate migliori viene prodotta la riserva con un affinamento di 24 mesi in barrique e 24 mesi in bottiglia. Un vino non comune, autentico, che è stato salvato dalla tenacia di chi ha da sempre creduto nelle sue potenzialità.
Il vino è un prodotto vivo, che ci dona emozione e per questo ha bisogno di un approccio empatico, sensibile, curioso; dobbiamo lasciargli il tempo di esprimersi, di rivelarsi, dimenticando le nostre aspettative per saperlo cogliere nella sua essenza. E’ importante ed affascinante accrescere il piacere della degustazione con la visita alla cantina, sentire il respiro del vino, camminare nelle vigne. Concederci il tempo di approfondire e conoscere la sua storia, come abbiamo convenuto con Massimo, permetterà a noi estimatori di godere del piacere di un assaggio che sarà in grado di donarci sensazioni e ricordi indelebili.
I vini del territorio rappresentano, nel panorama viticolo Italiano, l’essenza più vera, l’espressione di un lavoro fatto con passione, tenacia e competenza. Vini con personalità ed una forte connotazione territoriale.
L’incontro con Massimo Durì dell’Antico Broilo - parola che nell’idioma locale identifica il podere dell’azienda agricola che un tempo veniva chiuso e delimitato da un muretto a secco - si è rivelata non solo un viaggio nel mondo del vino, ma anche un’esperienza umana e un incontro empatico.
Antonella Pianca
Per approfondire:
· Sandro Sangiorgi, L’invenzione della Gioia – educarsi al vino – sogno, civiltà, linguaggio, Porthos Edizioni srl Roma (RM), 2014
· Mario Soldati, Vino al Vino – Alla ricerca dei vini genuini, Arnoldo Mondadori spa, Milano (MI), I ed. 1977
[1] Il logo della FIVI rappresenta un vignaiolo che porta sulla testa un cesto di uva e la cui ombra diventa bottiglia.
La presenza di questo logo identifica un vino fatto da un vignaiolo, cioè da chi ha seguito direttamente tutta la filiera dalla cura della vigna, alla trasformazione dell’uva in vino, fino all’imbottigliamento e la vendita (dal sito web della FIVI https://www.fivi.it/la-fivi/bollino-vignaioli-indipendenti/)
[2] Sandro Sangiorgi, L’invenzione della Gioia – educarsi al vino – sogno, civiltà, linguaggio
[3] La legislazione sui Vini Biologici autorizza l’aggiunta di Solforosa fino a 100 mg/litro per i vini rossi e 150 mg/litro per i bianchi e rosati.
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