Esce oggi la nuova guida Pizzerie d’Italia 2025: tutte le eccellenze e variazioni sul tema del piatto più amato al mondo, a partire da Napoli. 96 i Tre Spicchi, 16 Tre Rotelle e 116 nuove insegne selezionate. 9 i premi speciali, con 15 premiate.
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Napoli, 25 settembre 2024 – Debutta oggi la guida Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso: 96 Tre Spicchi, 16 Tre Rotelle e tante novità, con ben 116 nuovi ingressi su oltre 750 insegne censite, che spaziano tra pizze tonde, tradizionali, a degustazione, al trancio disegnando la geografia più autorevole della pizza in Italia, nessuna regione esclusa.
Racconta Pina Sozio, curatrice dell’edizione 2025 del volume dedicato alle migliori pizzerie italiane: “Che vitalità nella pizza italiana. Aperture su aperture, tanti giovani con voglia di emergere e di far emergere i propri territori. Tanto è sfidante e affascinante il terreno pizza che molti bravi chef hanno cominciato a cimentarsi con essa, affascinati sia dalla magia degli impasti, che dalla conquistata libertà nei condimenti. La vulgata del prodotto porta con sé, però, dei rischi di banalizzazione su larga scala. Nella nostra piccola selezione (750 pizzerie sulle oltre 183mila esistenti in Italia, secondo gli ultimi dati del CNA) non ci basta che si usino determinati prodotti noti (e magari non tutti insieme sulla stessa pizza!), così come non ci basta che si faccia quella ricetta o si usi la tecnica di moda. Noi ricerchiamo, e premiamo, chi fa un lavoro di coerenza, chi mette al centro la personalità, le idee, una visione di lungo periodo, anche a costo di non accarezzare il trend del momento e correre qualche rischio in più”.
I premi speciali
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La Lombardia
Sono 74 le pizzerie in Guida, con 10 Tre Spicchi e 3 Tre Rotelle tra tradizione e innovazione, e 3 stelle da almeno 10 anni in Guida con la crescita di sperimentazioni e menu degustazione, anche di fascia alta e con estro stellato, e rispetto invece dell’arte della panificazione più autentica. Tante anche le novità, 11:
I Tre Spicchi, suddivisi per provincia:
Brescia:
Uno dei migliori indirizzi in regione, frutto del talento di Antonio Pappalardo (bresciano di nascita, napoletano d'origine) che negli anni ha saputo vincere una sfida - tutt'altro che facile - in una città ancorata alle tradizioni. Con 40 euro è possibile assaggiare il menu degustazione, che prevede dei piccoli antipasti, tre pizze differenti e un dessert. Gli impasti sono realizzati con blend di farine integrali e semintegrali col risultato di un prodotto molto digeribile e profumato. I condimenti lasciano solo l'imbarazzo della scelta: si va dalla Parmigiana, con melanzane, bufala, datterino confit, basilico e chips di Parmigiano, alla Gricia, con guanciale di Bellota Iberico, basilico, pepe nero e pecorino; dalla Bufala Extra completata con Parmigiano stagionato 50 mesi alla Marinara 2.0 servita con aglio orsino, cappero, oliva caiazzana e agone. A completamento dell'esperienza, lasciatevi tentare anche dagli antipastini (su tutti la montanara fritta) e dai dessert.
A sette anni dall'apertura l'insegna franciacortina di Franco Pepe si presenta in ottimo stato di forma. Più volta abbiamo riscontrato la solita cura maniacale del dettaglio, dall’impasto alla cottura, oltre a un paio di nuovi assaggi, a partire dalla Peperone Scomposto: fiordilatte, provola affumicata, peperoni in agrodolce, capperi disidratati, prezzemolo e pane aromatizzato con acciughe e aglio in polvere. Il risultato è straordinario, con un equilibrio delle parti fumé, acetica e sapida, davvero lodevole. Imperdibili, come sempre, le versioni di pizza fritta, da Sensazione di Costiera o la Viandante Fritta con mortadella, ricotta di bufala, pistacchi e zest di limone. Location elegante e un servizio molto curato. Da bere, oltre ai vini del Gruppo Terre Moretti, anche una selezione di vini di stampo classico e un paio di birre artigianali.
Un'insegna che ormai non ha più bisogno di presentazioni. Merito del lavoro attento e certosino che Antonio Pappalardo ha compiuto negli anni per far diventare questo locale un punto di riferimento. Da una cantina di livello a un servizio praticamente perfetto, anche nei sabati affollatissimi. La pizza, ovviamente, la fa da padrona: ci sono i tranci alla romana, le pizze al piatto (cotte a fuoco vivo, caratterizzate dal cornicione più alto), le pizze da degustazione (che subito un'ulteriore lievitazione e vengono cotte a fuoco molto più dolce), tutte realizzate con farine di grano tenero integrali e semi integrali oppure 80% di farro monococco e semi integrali. Guardando la carta c'è solo l'imbarazzo della scelta: tra quelle da degustazione spicca la Roast beef, con babaganoush di zucchine, roast beef, cipolla rossa e salsa bernese; tra quelle tonde impossibile non citare la Mastunicola, con lardo, basilico, pepe nero, pecorino e pomodori verdi; tra i tranci alla romana la Cipolla Bionda caramellata e Taleggio. A 40 euro il percorso degustazione. Carta dei dolci non banale.
Cremona:
La grande bellezza che sorprende il cliente già dall'ingresso richiama il fascino metropolitano. Non inganni, però, la cornice creata personalmente da Amatruda: giacché il patron è poco incline a battere sentieri già percorsi. Ne è prova il menu in continua evoluzione, lodevolmente sfoltito da ridondanze ed eccessi di proposte, e a oggi incentrato su quell'impasto "integrale Tramonti", realizzato in omaggio alle origini campane, con farine integrali e finocchietto selvatico, tanto nella versione tradizionale che in quella servita in spicchi a degustazione. Su di esse si esprime una fantasia equilibrata, ispirata ai prodotti di eccellenza tanto della Costiera che di Lombardia, e dove la componente vegetale la fa da padrone. Eccellenti, a tal proposito, la Vegana come l'Anima nell'orto. Tra le pizze in pala intrigano quelle farcite con i grandi sughi della tradizione italiana (dalla Norma alla Cacio e pepe, dall'Amatriciana alla Genovese). Un centinaio le etichette di vini. Ottimi i cocktail preparati da Simone Bulla. Servizio preciso e premuroso.
Milano:
La carta è davvero ampia, forse troppo, potrebbe farvi tentennare nella scelta. Marchio di fabbrica dell'insegna è la vastità di impasti preparati, ce n'è davvero per tutti i gusti. Rapportati ai condimenti proposti viene fuori un'offerta di centinaia di pizze. Leggere, friabili e, soprattutto, gustose, qui le tonde possono avere un impasto al grano selvatico bio, al monococco, al mais ottofile, al farro dicocco e segale; ma anche ai pistacchi, al peperoncino, al limone. Alcuni omaggiano le origine tramontine di De Rosa, come l'integrale al finocchietto, ottimo nell'Antica Pizza Madre (San Marzano caramellato, datterini, alici del Cantabrico, Parmigiano 30 mesi, olio al basilico, origano di montagna); altri i sapori del nord, come quello con grano saraceno e mais, che ricorda la polenta taragna (si apprezza bene nella Salsiccia e Patate, con fiordilatte, Parmigiano 30 mesi e olio evo). Altro pilastro del menu sono i dolci, di grande impatto. Servizio un po' distaccato. Ambiente semplice.
In questa insegna c'è la volonta precisa di proporre la pizzeria come locale di fine dining, anche grazie a una carta dei vini da stellato e a un ambiente curato e rarefatto. L'impasto matura 72 ed è steso molto sottile, il cornicione è alto, la consistenza al contempo avvolgente e di struttura. Ma il punto forte sono i topping, vertiginosi: la Mast' Mario in Oriente è una divagazione esotica con crema di patate affumicate nel legno di faggio, fiordilatte, pancia di maiale marinata in salsa di soia cbt, cipolla rossa di Tropea fermentata, prezzemolo, olio evo; la Botox con fonduta di caciocavallo stagionato in grotta, fiordilatte, blu a latte crudo di bufala, confettura di fichi bianchi del Cilento, chips di Parmigiano Reggiano, basilico, olio evo. Ma ogni pizza è sinfonica. Si può sceglierne una intera oppure optare per le degustazioni: 4, 5 o 6 portate a 30, 40 e 45 euro e dentro c'è almeno un fritto e/o un bao. Volendo, un pairing studiato da Mario (4, 5 o 6 calici a 40, 50 e 60 euro). Servizio agile, prezzi comprensibilmente alti.
Bastione di cultura gastronomica alla portata di tutti, questo locale lavora come bar, bottega, ristorante. Il tutto con una vocazione all'eccellenza e con il rispetto di valori forti che hanno a che fare con la comunità, con la lotta allo spreco, con la valorizzazione dei piccoli artigiani, con l'inclusione. Di giorno pizze alla pala e la sera pizze tonde di notevole qualità, che spaziano dalle tradizionali (Margherita, Mastunicola con lardo di Mora stagionato) alle contemporanee, che dialogano spesso con suggestioni mediorientali (la Falafel, quella con Pollo al curry) e che non hanno paura di sfidare il tabu dell'ananas nella pizza che lo abbina alla ventricina, al coriandolo, al cipollotto. Ottima la pizza Salsa tonno, caramello di peperoni e capperi. Le croste possono essere riempite a richiesta (con chimichurri, arrabbiata, Gorgonzola). Buoni piatti e piacevoli dessert. Si bevono birre e vini agricoli. Servizio affettuoso. In via Melzo c'è Crosta Lab.
L'idea centrale - rivoluzionaria quando dieci anni fu lanciata - è di sposare la grande pizza ai grandi cocktail. Un'ottima idea, soprattutto se non ci si ferma alla superficie ma si cerca di fare i drink il meglio possibile (ci pensa il Bar Manager Edris Al Malat). Lo stesso vale per le pizze, grazie a Lorenzo Sirabella, che oggi dirige il locale con mano ferma. Il suo stile è classico contemporaneo, cornicione non troppo pronunciato ma dal risultato davvero aereo. Il meglio sta nella fantasia degli ingredienti scelti in base stagionalità, qualità e sostenibilità. Le opzioni classiche sono eseguite con rigore (nota di merito per il Calzone con ricotta, provola affumicata, prosciutto cotto, pomodori grigliati e grana), mentre tra le signature valgono ben più di un assaggio la broccoli e salsiccia cruda di Bra, la Cinque formaggi, vermouth e barbabietola e la Lardo, asparagi e zola. Buone le focacce farcite (ad esempio con guacamole, insalata di cavolo viola e asparagi) che in versione large diventano un piatto. Assaggi da condividere aprono il menu. Servizio professionale.
In un locale dall'allure anni Cinquanta, De Simone interpreta la pizza con uno sguardo alle radici contadine, ma anche con un occhio alla salute, che lo spinge a puntare sulla leggerezza e sulla digeribilità, anche grazie agli ingredienti di altissima qualità. Tra le pizze che non escono mai dalla carta, oltre alle classiche, da provare la Menaica, con pomodoro giallo, mozzarella di bufala, alici di menaica, zeste di limone e basilico, e la Cilentana, pomodoro cotto, cacioricotta di capra e olio, anche in versione Sbagliata (con l'aggiunta di fior di latte). Ogni pizza è ben studiata e colta. Notevoli le fritte in versioni mini. La cucina vive di vita propria, le lagane e ceci sono un viaggio nel tempo, la versione di della carne alla pizzaiola merita più di un assaggio. Si beve bene attingendo da una carta ricca che comprende anche alcuni cocktail classici e signature. Seconda nuova sede in corso Magenta, 25 (con una maggiore attenzione al pesce).
Monza e Brianza:
I primi trent'anni di Enosteria Lipen hanno offerto a Corrado Scaglione l'occasione per festeggiare riannodando il filo della memoria, con un omaggio anzitutto alle pizze che hanno fatto la storia dell'insegna, oggi riproposte con passo contemporaneo: la Monzese (che richiama il tipico risotto con zafferano e salsiccia) o la Lipen 1994 (con prosciutto crudo, rucola e parmigiano). L'odierna sfida dell'insegna, punto di riferimento per la verace pizza napoletana, è farsi ancor più ambasciatrice di un intero territorio, la Brianza, promuovendo e sostenendo le piccole filiere di qualità. L'offerta è ampia e intelligente: carta delle Margherite (si assaggi la 3D con il pomodorino del Piennolo vesuviano, il giallo e il datterino) e delle Marinare (di riferimento l'Acciuga Romana). Impasto arricchito di semi per le pizze in teglia, piacevole la Caponata di verdure. Qualche piatto dalla cucina, dolci di livello. Si bevono buone birre, ma si sceglie anche tra cocktail e vini. Servizio gentile e premuroso.
Le Tre Rotelle
Il progetto è in divenire (allo studio nuovi punti vendita) ed è interessante perché all'insegna di una qualità esportabile. Dall'apertura del secondo Lievin a Lovere (BG), la casa madre di Castione è divenuta col suo attrezzato laboratorio un punto di partenza per golose e riuscite sperimentazioni. Protagonista indiscussa di un banco invitante e colorato è la pizza in teglia alla romana preparata a partire da un impasto ad alta idratazione ottenuto da un blend di farine bianche e integrali e una maturazione fino a 30 ore. Accurata la selezione di materie prime nel rispetto della stagionalità (e delle eccellenze locali, anzitutto i formaggi). In autunno protagonisti sono i funghi in un intrigante confronto tra finferli e porcini, dove però fa capolino anche il tartufo. Tra le irrinunciabili il succulento focaccione ripieno di tonno siciliano, cipolla rossa in agro e burrata di Andria. Il pane dalla crosta croccante, come i grandi lievitati delle feste (su tutti il panettone) o gli sfogliati per la colazione aggiungono fascino a un'offerta d'indiscutibile bontà.
Un delizioso locale, con tanto di rigoglioso spazio verde, attivo fin dalla colazione con una mirabolante offerta di lievitati dolci e salati e una squadra di giovani sorridenti e professionali. Da Longoni si viene per il pane, ma anche per la pizza proposta in tante gustosissime farciture di qualità e per le focacce. Qui in via Tiraboschi tutto è cominciato quasi 10 anni fa, ma ormai siamo a 7 punti vendita in città: il corner all'interno del Mercato Centrale, situato alle spalle della Stazione ferroviaria (via Sammartini ang. p.zza IV Novembre) è particolarmente concentrato sulla pizza in teglia, con un bancone interamente dedicato. Idratazione e lievitazione sono molto spinte, l'alveolatura assai pronunciata, l'impasto si scioglie letteralmente in bocca. Le farciture sono di elevata qualità e ben armonizzate: la pizza con pomodorini confit e stracciatella è satura di sapore; sicuramente da non perdere la focaccia ripiena di mortadella, riscaldata al momento è una vera e propria esplosione di gusto.
La pazienza del contadino, la curiosità del chimico, così Adriano del Mastro descrive il suo forno e questo slogan non potrebbe essere più concreto. L'insegna offre in Brianza un'esperienza di pizza al taglio molto romana nella concezione, fragrante, leggera, con estrema attenzione alla qualità delle materie prime e condimenti dosati al millimetro. Deliziose la pizza bianca, rossa o Margherita, con pomodoro brianzolo e mozzarella abruzzese, entrambi bio. Omaggio all'Abruzzo è la Pecorara, con ricotta fresca vaccina e pecorino. Stagionalità significa anche un trionfo di verdure in banco: in estate ecco la Assoluta di Zucchine, la patate e fagiolini, la finocchi al forno e ricotta. Menzione d'onore per la prosciutto e melone. Squadra rapida, competente e sorridente. I locali sono allegri, luminosi, ordinati e trasmettono una bella sensazione di impegno. Due sedi a Monza (l'altra in via Vittorio Emanuele II 4d e un'appendice a Milano, nel Mercato della Darsena).
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