Milano, 17 giugno 2025 – Dall’incontro tra una ristoratrice determinata e un enologo fuori dagli schemi non può che scaturire un nuovo modello di lavoro: ed è quello che è successo quando si sono incontrati Petra Cucci del ristorante RAW a Milano e Andrea Moser, consulente per tante cantine italiane e creatore dei temporary wine.
Stessi valori in comune, stessa idea di un doveroso cambio di passo in un momento storico in cui il vino è considerato un tema complesso dalla maggior parte del comparto ristorativo, non più disposto a immobilizzare un grande capitale e alle prese con un cliente sempre più spesso impaurito dai ricarichi e frenato nel consumo dal codice della strada.
La distribuzione del vino è l’anello debole della catena, che costringe i ristoratori ad acquisti multipli anche non desiderati e rende omogenee e monotone le carte dei locali, spesso standardizzate e colonizzate dai soliti nomi, parti di grandi gruppi in grado di monopolizzare l’offerta.
D’altro lato, è ormai evidente l’esigenza dei ristoratori di fare cassetto sui vini, con ricarichi pesanti che scontentano il cliente e gli impediscono troppo spesso di fare al ristorante l’esperienza enologica che vorrebbe, a causa di prezzi ingiustamente troppo elevati.
E se già c’è un tema di disaffezione al vino da parte dei più giovani, e una remora nel consumo a causa del codice della strada che ha introdotto pene più stringenti, il quadro che denuncia un consumo di vino ai minimi è completo.
La soluzione trovata dai due imprenditori è duplice, e rende più che sostenibile la cantina e la proposta al calice e in bottiglia per i clienti, dando allo stesso tempo l’occasione di assaggiare vini di piccoli produttori, progetti di nicchia ma anche grandi maison a prezzi d’eccezione.
Andrea Moser ha aiutato Petra Cucci nella selezione, e oltre ai suoi Temporary Wine, vini del cuore, sperimentali, che ogni anno cambiano e raccontano luoghi, territori, persone, vitigni e idee diversi, l’enologo ha inserito nella nuova carta bottiglie d’autore e vini di beva, che permettono alla ristoratrice di fare ricarichi moderati e di far “girare” la cantina, che sarà rinnovata molto spesso, dando sempre nuovi spunti e nuove emozioni nel calice, offrendo così ai clienti sempre nuove ragioni di andare al ristorante per fare nuove scoperte.
Inoltre, l’enologo ha trasferito nella splendida cantina a vista del ristorante RAW di Milano una parte del suo patrimonio di grandi bottiglie, selezionate e collezionate nel tempo e custodite gelosamente fino ad oggi nella sua casa di Caldaro, in Alto Adige. Ci sarà così la possibilità, per i clienti, di scegliere tra una proposta in carta agile, con una bella varietà al bicchiere, e una selezione accurata di grandi bottiglie e grandi maison, per i momenti che richiedono un festeggiamento o una coccola particolare.
La condivisione del rischio permette a tutta la filiera di godersi il vino giusto, al giusto prezzo: una triplice vittoria per un enologo che vuole che i suoi vini trovino il giusto luogo dove essere apprezzati e conosciuti, una ristoratrice che non immobilizza il capitale e offre ai suoi clienti una selezione varia, accurata e unica, e i clienti che potranno godersi grandi e piccole bottiglie e fare ottime scoperte al giusto prezzo.
Per Andrea Moser “l’obiettivo di questa collaborazione è duplice: da un lato far conoscere in Italia piccoli produttori di nicchia, spesso straordinari ma ancora poco rappresentati; dall’altro proporre a Milano un’offerta enologica non scontata, capace di sorprendere anche i palati più esperti. In questo contesto si inserisce l’idea di sposare la visione di Petra: una carta dei vini dinamica, che gira, si rinnova, stimola la curiosità, anziché cristallizzarsi. Un modo vivo di raccontare il vino. Infine, il progetto mira anche a trovare uno spazio sicuro, bello e significativo per la mia collezione privata. Un luogo dove non solo conservarla con cura, ma dove possa essere apprezzata da veri appassionati, valorizzata come merita e, perché no, condivisa con i piatti e nei momenti giusti.”
“Ci sono ristoranti con cantine incredibili, soprattutto a Milano” – dice Petra Cucci – “Ci piace l’idea di creare la nostra identità proponendo qualcosa di poco conosciuto. Questo ci permette di raccontare quelle piccole, tante realtà che sul territorio fanno bene ma non riescono ad entrare nella distribuzione del capoluogo meneghino. Se questo poi si traduce in bere bene, scoprire e magari spendere il giusto, abbiamo fatto centro.”
Andrea Moser è un inquieto e geniale enologo che ha scelto la libertà dopo aver a lungo frequentato i salotti buoni del vino: in Friuli Venezia Giulia da Vie di Romans, a Margaux da Chateau Ferrière, in Nuova Zelanda nella mitica Cloudy Bay winery. Per dieci anni enologo di Franz Haas, è diventato poi il più giovane kellermeister di Kellerei Kaltern. Il lungo rapporto con Franziskus Haas ha gettato le basi e ha ampliato la sua esperienza e questa immersione nel mondo altoatesino ha segnato la sua visione enologica e il suo modo di interpretare il vino.
Oggi è il consulente di numerose realtà in Italia e produce i suoi temporary wine con AMProject: con questo nuovo progetto enologico sta provando a cambiare l’idea più classica di enologia, che vuole fare vini simili in annate differenti per essere identificabili dal mercato e confortanti per il consumatore. Moser, invece, vuole fare vini buoni, da zone diverse d’Italia, senza sottostare a dei dogmi, modificando quando serve l’approccio per dare una fotografia puntuale del vigneto e dell’annata. Spesso cambiano la regione, il vitigno, e anche la vinificazione, e ogni anno i vini cambiano e raccontano luoghi, territori, persone, vitigni e idee diversi. La sperimentazione è il vero plus di questo progetto: ogni vino è unico, e viene prodotto con la massima attenzione e grande libertà di pensiero, senza alcun criterio di marketing a guidarlo. È l’alta moda applicata al vino: è l’eccellenza che servirà nel futuro a creare i vini prêt à porter.
A fine 2022 è stato inserito da Fortune tra i 40 giovani under 40 che stanno costruendo il futuro del settore enologico italiano.
Petra Cucci, dal mondo della comunicazione food&wine alla ristorazione con l’apertura di RAW, lo scorso settembre. RAW è innanzitutto Materia Prima: ogni ingrediente è lavorato per dargli un senso nuovo, senza snaturarne l’essenza. L’obiettivo è far sentire l’ospite come se fosse a casa: dalla cucina aperta è accolto dal team, che gli racconta di volta in volta piatti imperdibili perché realizzati nella spontaneità del quotidiano.
Tutto parte da un gesto impresso nella materia prima. La manualità nasce dalla nostra esperienza, è in grado di plasmare negli ingredienti un’idea gustosa e un progetto concreto. Che cucina si fa da RAW? In tre parole: buona, di sostanza e genuina. RAW non è un’idea di gastronomia definibile territorialmente, è italiana, ma anche internazionale. Il punto di partenza è l’ingrediente: l’obiettivo è valorizzarlo sulla base delle tecniche che lo esaltano al meglio. La materia prima si trasforma in piatti che non ne snaturano l’essenza, perché preservano la bontà e la solidità che la natura regala. Scegliendo il prodotto che ci ispira maggiormente, a prescindere dalla sua provenienza geografica, è la materia prima a suggerire il piatto.
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