5 appuntamenti con 5 protagonisti dell'architettura internazionale
per passare in rassegna cosa significa oggi disegnare vedute,
accogliere la luce naturale, garantire sicurezza, immaginare una griglia che da oggetto diventi soggetto architettonico
Intervento di William Paley
In collegamento dalla California, William Paley, partner dello studio newyorkese Tony Chi, interviene ai Capoferri Talks portando un punto di vista particolare: quello di un’attività di progettazione quasi interamente dedicata al settore dell’hospitality. Alberghi, ristoranti, strutture ricettive, dunque. Un’area in cui lo studio Tony Chi, nato nel 1984, si è affermato a livello internazionale, con grandi progetti soprattutto in Asia. “Siamo un gruppo orientato al servizio, progettiamo per le persone”, sottolinea Paley, e racconta come negli anni lo studio abbia sviluppato un approccio ‘emozionale’ al progetto: una sorta di ‘design invisibile’, che deliberatamente si ritira sullo sfondo, perché siano le impressioni e i ricordi, non l’architettura, ad accompagnare l’esperienza di chi visita una città, soggiorna in un albergo, cena in un ristorante.
L’aspetto visivo di un progetto è importante, sostiene Paley, ma per noi lo sono ancora di più i modi in cui le persone usano lo spazio e reagiscono ad esso. L’architettura non sta tanto in ciò che appare all’esterno, ma nell’unione di molti elementi diversi che operano come un tutto, in modo quasi sinfonico. “I nostri progetti non sono sempre i più fotogenici, perché è difficile catturare la sensazione di essere in un buono spazio, con una buona energia, ma è questo il nostro obiettivo, creare qualcosa che non è da vedere, ma da sentire”.
Generare sensazioni, ricordi attraverso il design è tuttavia un processo difficile, che richiede un dialogo continuo con i partner con cui si lavora e molta flessibilità e adattabilità lungo l’intero percorso di progettazione. La possibilità di avere “sensazioni intuitive e profonde” anche nelle fasi più avanzate del processo è essenziale per il successo dei nostri progetti, osserva Paley. Così come è essenziale ripensare continuamente ogni elemento del disegno: layout, suoni, profumi, qualità dell’illuminazione, posizione delle luci, in una ricerca continua di perfezionamento che segna tutta la storia dello studio.
Paley racconta di come è cambiata l’attività con l’inizio della pandemia. Lo studio era già preparato a lavorare in modo digitale, ma è stata una sorta di rivelazione scoprire come nella nuova dimensione i collegamenti sia all’interno del team sia con partner e clienti si siano addirittura rafforzati, fino a far nascere modalità diverse e più efficaci di condividere le idee. D’altra parte, il settore dell’hospitality è stato forse il più colpito dalla crisi pandemica e sta lottando per sopravvivere in un periodo in cui i clienti scompaiono e si moltiplicano le restrizioni. In questa fase, quindi, lo studio è chiamato “a lavorare velocemente, trovare soluzioni immediate che permettano ai nostri clienti di sopravvivere”. Tuttavia, si deve anche iniziare a guardare avanti, riconsiderando alcuni aspetti che rimarranno rilevanti anche quando la pandemia sarà superata: i percorsi, la pulizia, l’areazione. Una stanza d’albergo, per esempio, dovrà trasformarsi in un luogo dove poter anche mangiare, lavorare, socializzare. Bisognerà integrare tutte queste funzioni in uno spazio anche molto ridotto. “Una magnifica sfida di design”, secondo Paley.
Ci sarà anche, certamente, un progresso nella direzione di un design sostenibile, legato soprattutto a materiali e metodi di costruzione basati sul riuso o sull’up-cycling, dove i progressi sono stati rapidi negli ultimi anni. Anche se, osserva Paley, negli Stati Uniti standard e linee guida in tema di sostenibilità sono poco chiari ed efficaci e nell’area dell’hospitality occorrerà tener conto più che in altre aree del bilanciamento dei costi.
La filosofia dello studio è comunque chiara: “Se vieni dagli Stati Uniti o dall’Europa e visiti Tokio per la prima volta, noi vogliamo che l’Andaz Tokio diventi la tua casa”, dice Paley citando uno dei suoi maggiori progetti in Giappone. “Sarà un’esperienza molto confortevole, molto internazionale, molto distante dal trambusto delle strade di Tokio, molto serena. Ma sarà un’esperienza diversa da quella che avresti a Londra, a Shangai, a New York“. Tutti luoghi dove il design invisibile dello studio Tony Chi ha creato hotel famosi, che rimangono nella memoria dei viaggiatori per quella loro “bellissima neutralità” capace di generare una “sinfonia di emozioni”.
Nessun commento:
Posta un commento