Quando si pensa alla Romagna, il pensiero corre subito ad immagini gioiose di mare e vacanze felici; fra questi ricordi mi auguro che ci siano anche quelli di tesori gastronomici di cui la Romagna è piena, assaggiati magari tra un bagno e l’altro.
Fra questi patrimoni alimentari, densi di ricordi storici e leggendari, certamente figura il “Formaggio di Fossa di Sogliano sul Rubicone DOP” (già il nome di questo fiume risveglia ricordi scolastici sopiti!). Si tratta di forme medio- piccole (meno di 2 kili) di un formaggio dai sapori e gli aromi intensi, fatto con latte di vacca, pecora o misto e, da poco tempo, anche di capra. Proprio perché il latte può essere differente, diversi sono i gusti e i profumi di ciascuna forma, perciò l’assaggio è sempre una scoperta, comunque assai piacevole.
L’origine di questa delizia risale ai tempi in cui i Malatesta (sì quelli di Paolo di dantesca memoria, assieme alla sua Francesca!) dominavano Sogliano e la leggenda dice che l’uso di infossare i formaggi sia nato proprio per salvarli dai saccheggi, durante le frequenti scorrerie.
La caratteristica assolutamente originale di questo prodotto nasce dall’affinatura che dopo almeno almeno 60 giorni in caseificio, avviene all’interno di fosse di tufo dotate di un particolare microclima naturale. Esse sono scavate a forma di fiasco e sono pronte per l’uso dopo avere almeno 10 anni, in modo che all’interno si formino quelle particolari colonie di batteri che riescono a dare al formaggio le caratteristiche note di profumo e sapore.
Prima di contenere i formaggi, le fosse vanno sterilizzate bruciandovi della paglia; poi le pareti vengono rivestite con paglia e canne, ed infine sul fondo si pongono delle assi di legno, sulle quali si mettono le forme, precedentemente ripulite ed avvolte in sacchetti di cotone.
Le fosse vengono quindi riempite, chiuse con un coperchio di legno e sigillate, per essere riaperte dopo un periodo di circa tre mesi, durante i quali, a causa della fermentazione il formaggio perde peso, ma acquista il caratteristico aroma che lo rende un alimento unico e prezioso.
Ho avuto la fortuna di assistere alla cerimonia dell’apertura delle fosse dell’Azienda Pellegrini, una delle più importanti e più antiche, che personalizza anche l’infossamento effettuato per conto dei suoi Clienti: il formaggio viene messo in fossa in sacchetti di tela numerati ed ogni numero corrisponde al proprietario che ha conferito il formaggio per la stagionatura e che verrà poi nei primi giorni di novembre a ritirarlo. Ogni persona può provare questa esperienza, scegliendosi un formaggio e, come un viandante del 1400, portarlo a stagionare in fossa e poi ritirarlo a trasformazione avvenuta e gustarsi così sapori aromi e profumi unici.
Per quanto mi riguarda feci quest’esperienza in una lontana domenica di fine Novembre di diversi anni fa e mi ricordo ancora l’emozione all’apertura della fossa in cui, per alcuni mesi si erano svolte nella fossa alchemiche trasformazioni ai formaggi depositati; mi ricordo ancora l’acre odore che si sviluppava all’apertura, che poi si trasformava in un piacevole aroma al taglio dei formaggi.
Ma naturalmente l’emozione più viva è stata quella di assaggiare una semplice fetta di formaggio, cosparso del miele di Sogliano, antipasto per una più ricca degustazione nel vicino Ristorante BELVEDERE in Località San Giovanni in Galilea – Borghi (FC ).in cui, dalla prima all’ultima portata ho assaggiato tutte le possibili declinazioni di questo formaggio dall’indimenticabile sapore, doverosamente annaffiato dagli ottimi vini dell’Azienda.
Gianluigi Pagano
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