Bologna, 24
luglio 2018 – CRIF e Nomisma hanno realizzato per
Confindustria Emilia un’indagine dettagliata sulle filiere
produttive presenti nei 126 Comuni del territorio di
competenza nelle province di Bologna, Ferrara e Modena
in cui opera l’Associazione, anche in rapporto al contesto
italiano in generale. Questo primo rapporto si inserisce nel
progetto ‘Osservatorio Filiere’ che verrà sviluppato
con cadenza periodica da CRIF e Nomisma con l’obiettivo di
fornire una panoramica aggiornata dell’evoluzione delle
filiere stesse sulla base di un set di indicatori.
Confindustria
Emilia ha infatti rimodulato la propria governance politica
e di rappresentanza associativa sul nuovo schema
organizzativo strutturato sulla base delle 20 filiere
individuate nello studio: Agroalimentare,
Automotive, Carta e stampa, Chimica e Farmaceutica,
Costruzioni e Infrastrutture, Digital, Elettronica e
Meccatronica, Energia, Facilities, Home, Macchine, Mobilità
e logistica, Moda e Lusso, Packaging, Plastica, Metalli,
Salute, Servizi professionali, Turismo e Cultura, Veicoli
industriali.
Gli anelli
in cui è stata segmentata la filiera Agroalimentare in
questo studio CRIF – NOMISMA sono i seguenti:
materie prime: agricoltura e coltivazioni,
allevamento, pesca;
trasformazione: produzione di prodotti alimentari finiti, lavorazione di materie prime per la produzione di alimenti e bevande;
distribuzione: distributori automatici, commercio all’ingrosso, al dettaglio e ambulante di generi alimentari;
servizi: Settore Ho.Re.Ca;
supporto: supporto agli anelli antecedenti (macchine agricole, macchinari per la trasformazione degli alimenti, magazzinaggio e logistica).
trasformazione: produzione di prodotti alimentari finiti, lavorazione di materie prime per la produzione di alimenti e bevande;
distribuzione: distributori automatici, commercio all’ingrosso, al dettaglio e ambulante di generi alimentari;
servizi: Settore Ho.Re.Ca;
supporto: supporto agli anelli antecedenti (macchine agricole, macchinari per la trasformazione degli alimenti, magazzinaggio e logistica).
Le filiere
collegate a quella agroalimentare sono innanzitutto quella
del Packaging, in secondo luogo chimica e farmaceutica,
mobilità e logistica, macchine e infine turismo e cultura.
Il valore
della filiera
Nelle tre
province emiliane troviamo un totale di 2.388 imprese
(società di capitali) con fatturato superiore a 100 mila
Euro appartenenti alla filiera (il 4,2% della filiera
Italia), di cui ben il 33,5% appartiene all’anello
distribuzione, il 29,3% ai servizi, il 16,4% alla
trasformazione, l’11,8% al supporto e solo l’8,98% alle
materie prime, percentuali che si discostano poco dalle
medie nazionali.
In Italia
(prese in considerazione tutte le società di capitali, le
società di persone e le ditte individuali), appartengono
alla filiera agroalimentare 1.286.132 imprese, che
differiscono per composizione in modo sostanziale rispetto
al contesto che considera solo le società di capitali: il
40,7% si trova nell’anello materie prime e solo il 5,4% in
quello della trasformazione; la distribuzione si riduce al
26,9% e i servizi al 24%.
Gli
addetti delle
aziende con più di 100 mila euro di fatturato nelle province
di Bologna, Ferrara e Modena sono 69.183 e rappresentano il
6,1% della filiera Italia.
A livello
di fatturato, non sussistono differenze
significative tra le tre province e il quadro nazionale.
Diversamente, per quanto riguarda gli utili, su
scala nazionale si nota una maggiore incidenza delle aziende
dedite alla distribuzione (40,27% contro il 23,07% nelle tre
province) e una percentuale più bassa nell’anello della
trasformazione (34,35% in Italia contro il 45,08% delle
province di Bologna, Modena e Ferrara per le quali questo
anello è il più produttivo).
L’incidenza
della filiera Agroalimentare - intesa
come il rapporto percentuale tra il numero di addetti della
filiera in regione e il numero di addetti totale in regione
– in Emilia Romagna si attesta al 19,3% mentre in Italia è
di media pari al 13,5%.
Il peso
della filiera, calcolato come il rapporto percentuale
tra il numero addetti della filiera agroalimentare in
regione e il numero addetti nella filiera in Italia,
registra un 85% degli addetti concentrato in Lombardia
(23,6%), Emilia-Romagna (13,7%), Veneto (12,2%), Lazio
(7,6%), Piemonte (6,9%), Toscana (5,9%), Campania (5,7%),
Puglia (4,8%) e Sicilia (4,4%).
Le
performance
Le
performance della filiera agroalimentare sono in linea con
quelle nazionali e risultano in miglioramento. In
particolare, il tasso di crescita degli anelli
materie prime e trasformazione mostra i valori più alti: in
Italia, l’utile del 2016 rispetto a quello del 2015 cresce
dell’11,6% nell’anello delle materie prime, e del 9,3%
nell’anello trasformazione, accompagnato da un tasso di
crescita annuo del fatturato pari al 3,22%. Nelle province
di Bologna, Ferrara e Modena, invece, il tasso di crescita
annuo del fatturato del comparto agroalimentare ha superato
il 4% nel 2016.
In termini
di margine operativo lordo, la filiera a livello
nazionale ha raggiunto il 5% nel 2016, mentre le province di
Bologna, Ferrara e Modena hanno registrato una migliore
performance raggiungendo il 5,6%. L’anello della filiera con
la marginalità più alta a livello nazionale è quello
delle materie prime, che nel 2016 registra una marginalità
pari al 9,4%.
Tutte le
regioni d’Italia presentano un tasso di turnover per
la filiera agroalimentare positivo nel periodo 2015-2016.
L’Emilia Romagna, però, presenta il tasso più basso (0,6%)
tra tutte le regioni.
L’export
Le
performance delle province di Bologna, Ferrara e Modena sono
leggermente meno virtuose rispetto ai risultati della
regione Emilia Romagna: le imprese esportatrici nel
comparto agroalimentare delle tre province rappresentano il
23,1% delle imprese della filiera contro il 25,3% a livello
regionale. Il peso dell’export nella filiera (ovvero
il rapporto tra l’Export e il Fatturato di Filiera) è del
11,7% nelle province di Bologna, Ferrara e Modena contro il
13,1% del totale Emilia-Romagna.
Le
caratteristiche della filiera
All’interno
della filiera agroalimentare, il cui fatturato mediano è
pari a 815 mila euro, si nota una prevalente presenza di
imprese di piccola dimensione: la classe di fatturato più
rappresentata è quella delle aziende con meno di 500 mila di
fatturato (20.566 unità). Analizzando le performance degli
anelli, la trasformazione presenta il fatturato mediano più
alto (1.512 mila euro) mentre quello dei servizi presenta il
fatturato mediano più basso (439 mila euro).
Rispetto al
fatturato, i costi che incidono maggiormente in tutti gli
anelli della filiera sono quelli che si riferiscono alle
materie prime, che nelle province in esame superano il 40%.
Inoltre, in Italia, l’anello distribuzione presenta i costi
più alti per le materie prime superando il 70%. Per quanto
riguarda il costo del lavoro, invece, si va poco oltre il
10% (13,95% nell’intera filiera), anche se il trend
dell’incidenza del costo del lavoro è in crescita. Per i
costi di gestione, invece, l’anello dei servizi è quello che
in Italia presenta i costi più alti, mentre l’anello della
distribuzione è quello con i costi più bassi per questa
voce.
Nota
Metodologica
Per tutte
le informazioni presenti nel report, a meno di specifici
cambiamenti evidenziati di volta in volta nelle tavole, il
perimetro di analisi per la costruzione degli indicatori è
costituito dalle aziende attive al 31.12.2016, che per
l’anno 2016 abbiano presentato un bilancio con fatturato
maggiore o uguale a 100 mila euro.
Per i
trend, è stato utilizzato un campione «semi-aperto», ossia
un’azienda è stata inserita nell’analisi se ha presentato
almeno due bilanci con fatturato superiore a 100 mila euro
in due anni consecutivi nel periodo 2012-2016.
Negli
indicatori in cui compare il fatturato, sono stati
utilizzati i dati del valore della produzione.
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