In mostra a Milano dal 19 settembre al 21 dicembre 2017
Inaugurazione: lunedì 18 settembre, ore 19
La Galleria Cardi di Milano, in collaborazione con la Fondazione Morra di Napoli, è lieta di presentare un’importante mostra antologica di Vettor Pisani con opere dagli anni ‘70 agli anni 2000.
La mostra è a cura di Piero Tomassoni, con un saggio in catalogo di Achille Bonito Oliva.
Maestro
che sfugge agli abituali criteri di classificazione della storiografia
dell’arte contemporanea, e che travalica i limiti temporali e poetici
degli anni ‘70, Vettor Pisani (Bari, 1934 - Roma, 2011) si definiva
architetto, pittore e commediografo. Nel 1970 si trasferisce a Roma e
debutta alla galleria La Salita con una personale dal titolo Maschile, femminile e androgino. Incesto e cannibalismo in Marcel Duchamp,
in cui sono già contenuti molti dei temi che l’artista continuerà a
indagare nel corso della sua carriera. Nello stesso anno vince il
prestigioso Premio Pino Pascali, accompagnato da una mostra personale al Castello Svevo di Bari, dove presenta per la prima volta la celebre opera Lo Scorrevole,
comparsa successivamente in numerose versioni, a partire dalla fine
dello stesso anno in Vitalità del Negativo, mostra a cura di Achille
Bonito Oliva al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nel 1971 partecipa per la prima volta alla Biennale di Parigi, e inizia una collaborazione con Michelangelo Pistoletto (Plagio), con mostre alla Galleria Gian Enzo Sperone, Torino; Frankfurter Kunstverein, Francoforte; e Galleria Marlborough, Roma. Nel 1972 Harald Szeemann lo invita a Documenta 5, nella sezione Individuelle Mythologien (“Mitologie Individuali”) al Museum Friedericianum.
Del 1972 è anche la prima partecipazione dell’artista alla Biennale di Venezia,
seguita dalle edizioni del 1976, 1978, 1984, 1986, 1993, 1995 e da
numerose esposizioni collettive e personali in musei internazionali (Guggenheim Museum, New York; Hayward Gallery, Londra; Kunstverein e Lenbachhaus, Monaco di Baviera; Grand Palais, Parigi; Museum Folkwang, Essen; Peggy Guggenheim Collection, Venezia; MoMA PS1, New York; Museum of Contemporary Art, Shanghai).
Le
opere presentate in mostra coprono tutto l’arco temporale della
carriera di Pisani, oltre quattro decadi, nonché l’intera varietà dei
media linguistici utilizzati dall’artista, dalla scultura
all’installazione, dal collage al disegno e alle stampe digitali. Di
grande rappresentatività per la prima parte del percorso dell’artista
sono le installazioni Agnus Dei e Le Uova di Simona. Omaggio a Georges Bataille,
rispettivamente del 1970 e 1976, riproposte da Pisani nella sua ultima
mostra a Napoli nel 2011, dove si indaga il rapporto con la natura,
l’animalità e la sessualità.
L’Isola
d’Ischia e l’Isola di Capri, bassorilievi in oro del 1981, incarnano i
temi del ritorno, della nostalgia, e la fascinazione alchemica che fin
dagli inizi ha caratterizzato l’opera del maestro.
Le
grandi tele-collages realizzate in digitale attraversano la produzione
dagli anni ‘80 in poi, ed esprimono lo spirito inquieto, colto e
fortemente intellettuale di un artista che ha fatto della citazione,
della reinterpretazione, e dell’appropriazione delle immagini la sue
cifre più note e costanti. Il Museo Criminale Francese (1981), il ritratto Cartesio o della stupidità. Meglio un asino vivo che un artista morto (1987), e i più recenti Viaggio nell’Eternità
(1996/2004) e Il mio cuore è un cupo abisso (2004), permettono di
riscoprire i temi del simbolismo e della pittura dell’Ottocento, da
Boecklin a Moreau, a David, metabolizzati e reinterpretati in chiave
contemporanea. Infine, disegni e collage danno prova di una
straordinaria abilità tecnica e confermano un’eccezionale forza
immaginativa che si affianca ai dispositivi narrativi della citazione,
come annota Piero Tomassoni nel testo del catalogo: "Se Borges ci ha
insegnato che la vita stessa è una citazione, Pisani gioca sul terreno
più crudele dell’appropriazione cannibalica e incestuosa, dove l’unione
dei generi significa sia commistione tra romanticismo, surrealismo, e
arte comportamentale, sia la (con)fusione di maschile e femminile
nell’androgino [...]. Incarnando in sé le proprietà creative spirituali e
terrene dell’uomo e della donna, l’androgino è l’artista stesso,
alchimista e dadaista, ai confini tra erotismo e distruzione che, come
ricorda Bataille, sono due facce della stessa medaglia."
Nessun commento:
Posta un commento