La proiezione del documentario “In un futuro aprile” sul giovane Pasolini, in programma venerdì 13 maggio ad Artegna, risponde a due esigenze: cogliere l’occasione per celebrare i cent’anni della nascita del grande intellettuale all’interno di una cornice di rilievo qual è la Settimana della Cultura Friulana, promossa dalla Società Filologica Friulana; dare continuità a una manifestazione che l’Ecomuseo organizza dal 2017 qual è il festival “Sguardi sui territori” dedicato all’antropologia visuale, una disciplina con cui ecomusei e musei si dovrebbero permanentemente confrontare per documentare il proprio patrimonio: la cadenza biennale della rassegna rende possibili approfondimenti e riscontri tra un’edizione e l’altra.
Il film, firmato a quattro mani da Francesco Costabile e Federico Savonitto, è stato realizzato nel 2019 ottenendo vari premi. Verrà presentato nel Teatro Mons. Lavaroni con inizio alle 20.30 in una serata organizzata dall’Ecomuseo, dal Comune di Artegna e dall’associazione “Amici del Teatro”, con un intervento di Remigio Guadagnini di Altreforme, la società udinese che ha prodotto il documentario. “In un futuro aprile” (il titolo corrisponde all’ultimo verso della poesia “Supplica a mia madre”) è un viaggio alla scoperta degli anni giovanili di Pasolini, attraverso la voce del cugino Nico Naldini. Negli anni Quaranta Pasolini vive a Casarsa: scopre il paesaggio friulano, la lingua e le tradizioni contadine, che lo spingono all’impegno politico e all’insegnamento.
«Dopo la guerra a Casarsa Pier Paolo aveva fondato una specie di accademia di lingua friulana, pubblicammo a nostre spese alcuni libricini (…). Pier Paolo aveva creato un asilo infantile della cultura, mio cugino ci radunava ogni domenica, io e gli altri recitavamo le poesie che avevamo composto durante la settimana. Ricordo che lo scritto più importante che feci era sulle “Georgiche” di Virgilio, Pasolini disse a mia mamma che avevo fatto una bella poesia e lei ne fu felice. Le poesie le facevo arrivare a Pasolini tramite la nonna, perché anche se vivevamo insieme in ogni momento della giornata vivevo sempre lo stato di attesa che lui potesse colpirmi con un giudizio». (Nico Naldini)
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