mercoledì 24 novembre 2021

Il Festival fra i ladini della Val di Fassa

 



La quarta diretta del Festival “Sguardi sui territori. Antropologia visuale ed ecomusei” in versione on line, promosso dall’Ecomuseo delle Acque, si svolgerà sabato 27 novembre dalle 15 alle 19. Obiettivo del festival è creare un’occasione di confronto e di scambio tra gli ecomusei e i musei che producono o promuovono filmati di documentazione territoriale, allo scopo di riflettere insieme sulla metodologia da adottare per la costruzione di rappresentazioni visuali che siano coerenti con la missione degli enti. Anche per questo incontro, che avverrà in streaming, è prevista la visione collettiva di alcuni documentari preselezionati, presentati dall’autore e discussi, nei contenuti e nelle forme, dai partecipanti alla sessione. Per iscriversi inviare una mail a info@ecomuseodelleacque.it.

Protagonisti dell’incontro il Museo Ladino di Fassa e il regista Renato Morelli. La sede del museo è a San Giovanni di Fassa (Sèn Jan de Fassa in ladino), in provincia di Trento: inaugurato nel 2001, ospita le collezioni etnografiche dell’Istitut Cultural Ladin, frutto di vent’anni di ricerche, ordinate secondo precisi criteri logici e dedicate ai diversi aspetti della civiltà ladina. L’allestimento, concepito sotto la guida di Ettore Sottsass come luogo di impronta contemporanea, rispecchia l’immagine di una comunità viva e cosciente di sé, caratterizzata da una lingua propria, da un territorio e da una storia particolari. Renato Morelli è l’autore dei documentari che saranno presentati nella rassegna. Regista ed etnomusicologo, ha realizzato per la RAI una sessantina di film etnografici che hanno riguardato anche il Trentino e le Alpi.

Penìa. Biografia di un paese alpino (1985, 47’) di Renato Morelli

A Penìa, ultimo paese della ladina Val di Fassa, le forme della cultura popolare sopravvivono ancora oggi accanto ai fenomeni propri della società capitalistica avanzata. “Penìa. Biografia di un paese alpino” è uno “studio di comunità” cinematografico, che presenta una sintesi dei sei documentari realizzati dalla stessa troupe e dedicati monograficamente ad altrettanti aspetti della cultura tradizionale dei ladini di Fassa, quali la cultura materiale, i modelli e le dinamiche storiche dell'insediamento, l’attività rituale e simbolica del ciclo dell’anno, la religiosità popolare nonché alcuni aspetti sociologici della vita comunitaria.

La morte sull’albero. Racconti, memorie, stagioni di Liz dal Vèra (1982-2015, 30’) di Renato Morelli

Liz (Elisabetta Dantone, 1911-1995) vive dove è nata, ultima abitante di Vèra, l’insediamento umano più alto del Trentino. Nella sua variante arcaica e raffinata della lingua ladina, racconta le quattro stagioni dell’agricoltura in alta montagna, la religiosità, i riferimenti simbolico-mitologici, la ritualità. Vengono così filtrate attraverso questa straordinaria testimonianza le tappe del ciclo dell’anno contadino fra i ladini di Fassa: il menèr tèra (preparazione dei campi con il riporto a monte della terra prima dell’aratura); il ciclo dell’orzo (aratura, semina, mietitura, trebbiatura); l’allevamento del bestiame; la raccolta del foraggio; i pellegrinaggi votivi; altri riti della religiosità popolare variamente legati a pratiche precristiane. Quello che il film è riuscito a documentare rimane forse l’ultima testimonianza delle fatiche un tempo condivise dall’intera minoranza ladina della Val di Fassa. Questo video è stato realizzato da Renato Morelli partendo dal suo film del 1982 “Le stagioni di Liz” attraverso il lavoro mirato di un nuovo montaggio.

Matrimoni contrastati. Usanze nuziali fra i ladini di Fassa (1984, 24’) di Renato Morelli

Fra i ladini della Val di Fassa, le celebrazioni matrimoniali prevedono una ritualità complessa che integra le cerimonie ufficiali di carattere civile e religioso. Far fum – letteralmente “fare fumo” – è un’azione di carattere rituale che si compie alla vigilia di un matrimonio. Può succedere infatti che gli sposi novelli abbiano avuto in precedenza altre relazioni sentimentali. In questo caso l’ex fidanzato o l’ex fidanzata dei contraenti il nuovo legame matrimoniale vengono esposti a un fumo denso e maleodorante. L’incarico di condurre il rituale viene tradizionalmente assunto dai coscritti che compongono la classe d’età dei novelli sposi. La Baschìa è costruita sullo schema di un processo allo sposo e al suo gruppo di parentela. Fra i personaggi chiave dell’azione drammatica spicca l’Arlecchino che non riesce a impedire l’arresto del corteo nuziale da parte di un gruppo di gendarmi. La parte centrale della Baschìa è rappresentata dalle arringhe dell’accusa e della difesa. Il crimine di cui lo sposo deve rispondere è di aver tentato di far uscire illegalmente dai confini dello Stato “una delle più belle perle del reame”. L'avvocato difensore si lancia quindi in un’arringa appassionata, al termine della quale invoca il giudizio supremo del sovrano. Il Re di Sobéna – così chiamato perché giunge sulla scena sotto la bèna (il cestone usato per trasportare il letame nei campi) – non può sottrarsi agli intrighi dell’Arlecchino, che finisce per indurlo a pronunciare la parola “grazia”.

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