mercoledì 10 novembre 2021

Il festival rende omaggio alla Valle d’Aosta

 

Museo Maison Gargantua

La seconda giornata dell’edizione 2021 del Festival “Sguardi sui territori. Antropologia visuale ed ecomusei”, in versione online, è dedicata al Museo Maison Gargantua di Gressan (Aosta). L’incontro virtuale si svolgerà sabato 13 novembre dalle 15 alle 19, con la presentazione e discussione di alcuni cortometraggi etnografici del regista Albino Impérial, per molti anni attivo presso la sede RAI della Valle d’Aosta. Successivamente saranno ospiti del festival il Museo Etnografico Canal di Brenta (20 novembre) e il Museo Ladino di Fassa (27 novembre), chiuderà la rassegna una tavola rotonda sull’antropologia visuale a cui parteciperanno i registi e i direttori dei musei coinvolti nell’evento. Per partecipare all'incontro, che avverrà in streaming, è sufficiente inviare una mail a info@ecomuseodelleacque.it.

Il Museo Maison Gargantua è ospitato in un antico edificio, a ridosso della Riserva Naturale Regionale Côte de Gargantua. La struttura è al tempo stesso museo etnografico, spazio espositivo, aula didattica, laboratorio di scultura e punto di partenza per un percorso di scoperta del territorio circostante. La visita al museo è multidisciplinare e multisensoriale. La percezione attraverso i cinque sensi crea un’esperienza completa e accattivante introducendo nel mondo della cultura contadina d’altri tempi, attraverso oggetti, fotografie, arredi che ripropongono antichi mestieri e tradizioni della comunità di Gressan.

Lo drap de Vagresentse – Il drap di Valgrisenche (2006, 21’) di Albino Impérial

«Come viaggiatore occasionale mi trovavo per lavoro, nel 1974, a Valgrisenche, dove scorsi su una panca un tessuto in vendita: era il famoso drap. In questo piccolo Comune che lo spopolamento della montagna aveva decimato, mi ha incuriosito il ritrovamento di un cartello che annunciava: “vendita drap”. Ho deciso di filmare le varie fasi di lavoro per documentare, a futura memoria, questa attività artigianale che lega, sul filo della storia, uomo, materia e territorio. Nelle varie frazioni ogni famiglia aveva un telaio per fabbricare durante la lunga stagione invernale i drap di lana, sia per le coperte che per fare vestiti, che in primavera erano usati come moneta di scambio con altri generi di necessità. Negli anni Sessanta l’attività è ripresa con una piccola cooperativa femminile. Nel 2006 sono tornato sui miei passi per vedere se tutto si era perso definitivamente e, con piacere e meraviglia, ho trovato delle persone giovani e determinate che hanno ingrandito la cooperativa e con essa il giro degli affari».

Lo pan ner a Ozein – Il pane nero a Ozein (2006, 21’) di Albino Impérial

A metà degli anni Settanta, a Ozein, un antico villaggio del Comune di Aymavilles posto all’imbocco della Valle di Cogne a 1350 m di quota, si potevano ancora scorgere gli antichi gesti nelle famiglie dedicati alla preparazione del pane. Nel territorio molti campi erano ancora seminati a segale e frumento e ogni famiglia si faceva il proprio pane una o due volte all’anno. Il filmato riprende alcune fasi essenziali come la semina in primavera, il taglio del grano nel mese di agosto, la battitura con i fléié nel granaio e la produzione del pane nel mese di dicembre. A parte la semina, tutti i lavori venivano svolti secondo un criterio di aiuto reciproco tra famiglie. Le testimonianze raccolte nel 2006 dalla voce di alcuni dei vecchi protagonisti, ci mostrano come la tradizione continua ai giorni nostri, sia pure con un nuovo forno consortile e con una produzione orientata agli attuali bisogni quotidiani.

Lo dèrëë manescal – L’ultimo maniscalco (2006, 22’) di Albino Impérial

Nel 1975, ad Aymavilles, assistiamo alla ferratura del cavallo di Guerrino da parte dell’ultimo maniscalco tradizionale. Il film mostra le quattro fasi: togliere il ferro vecchio, limare lo zoccolo, preparare il ferro nuovo, sistemarlo e inchiodare. Edouard il maniscalco, che conosce il suo mestiere e gli animali dei suoi clienti, taglia un pezzo di ferro della giusta misura, poi con la sua esperienza mostra nella sua fucina di Villeneuve come si costruisce un ferro partendo da una barra grezza e le fasi successive. Nel racconto del film, completato trent’anni dopo, vi sono le testimonianze di un conducente, Giuseppe, e di un contadino, Emir, con il racconto di Edouard e la sua formazione di maniscalco. Nel 2006 la situazione è molto cambiata, i ferri sono ancora necessari ma servono ormai solo per i cavalli dei maneggi. Per questo vi è la testimonianza di un giovane maniscalco professionista, Michel, preparato per far fronte alle nuove committenze, che racconta e mostra il suo modo di procedere.

L’oullio de gneu – L’olio di noci (2006, 22’) di Albino Impérial

Nel 1975 a Villeneuve alcune famiglie, compresi bambini e anziani, si sono riuniti nella casa di Mario per mondare le noci. Nei tempi andati queste veillà si svolgevano normalmente nella stalla, tra dicembre e gennaio. Mario ha ereditato dalla sua famiglia un vecchio torchio e una botte secolare, per fare l’olio di noci. Nei primi decenni del Novecento la produzione è stata sapientemente meccanizzata secondo la tecnologia dell’epoca. I gherigli vengono lasciati essiccare per una decina di giorni e poi passati alla tramoggia e ridotti in farina, che viene leggermente riscaldata in una caldaia a una temperatura bassa, 30-35 gradi, per evitare l’effetto tostatura. Il film mostra Mario insieme ad altri nelle varie fasi. Dopo trent’anni il laboratorio esiste ancora e continua, con rinnovato interesse, a produrre l’olio di noci.

Le tsaven de Lisé – I panieri di Lisé (2006, 21’) di Albino Impérial

Girato a Gressan, narra, anche con immagini risalenti al 1976-77, come la scuola cercava di innovarsi, nella pedagogia e nella didattica, coinvolgendo i bambini nel fare, cominciando con la conoscenza del proprio paese. Tra le iniziative, nonno Lisé (Eliseo) viene invitato nelle classi quarte elementari del paese per insegnare agli scolari l’arte di fabbricare i panieri di salice. Un savoir-faire intelligente e rispettoso della natura come “lezione pedagogica”. Le interviste a due maestri dell’epoca, Anita Cunéaz e Filippino Curtaz, e ad alcuni ex allievi completano le testimonianze di quel periodo.

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