La tanto attesa monografia di Zanele Muholi: oltre novanta autoritratti fotografici
e contributi firmati da poetesse e autrici raccontano la storia di una tra le più potenti attiviste visive della scena contemporanea internazionale, dall’esperienza dell’Apartheid alla rivendicazione della blackness fino alla lotta per i diritti LGBTQI.
di
Zanele Muholi
«Ave, Leonessa nera» è il proclama sociale e politico di Zanele Muholi, artista visiva e attivista sudafricana che ha fatto della propria arte un manifesto di resistenza civile e politica. Edita da 24 ORE Cultura, dal 7 ottobre 2021 esce in libreria e online “Zanele Muholi. Somnyama Ngonyama - Ave, Leonessa nera”, la prima monografia fotografica che ripercorre il lavoro artistico di una tra le più potenti attiviste visive della scena contemporanea internazionale.
Con oltre novanta autoritratti fotografici e contributi firmati esclusivamente da donne (ventiquattro autrici e poetesse, curatrici, performer, femministe e attiviste) “Somnyama Ngonyama – Ave, Leonessa” nera è un’appassionata dichiarazione artistica a carattere autobiografico: «E, pur volendo che ci si rispecchiasse in Somnyama, era necessario che fosse il mio ritratto. Non volevo esporre un’altra persona a questo dolore.»
La voce di Zanele Muholi emerge, oltre che attraverso i suoi scatti, anche nel dialogo con Renée Mussai, accademica e curatrice d’arte, che intervista l’artista sulle sue opere e i loro significati, facendo emergere ancora di più come il lavoro artistico di Muholi venga utilizzato per raccontare la propria storia personale e, allo stesso tempo, per riflettere sul contesto storico e sociale.
Oltre che una delle voci più interessanti del Visual Activism, Zanele Muholi è stata anche insignita dei più importanti riconoscimenti internazionali, quali Lucie Award, Chevalier des Arts et Des lettres, ICP Infinity Award, che hanno premiato il suo lavoro per l’impegno artistico e sociale; anche i più prestigiosi musei del mondo – tra cui la Tate Modern di Londra, lo Stedelijk Museum di Amsterdam e il Brooklyn Museum – hanno ospitato mostre personali che celebrano la bellezza struggente e magnetica delle sue opere.
Per Muholi la fotografia è un mezzo per parlare di dolore e discriminazioni, ma anche uno spazio, duramente conquistato, per fare attivismo politico. Facendo dell’autoritratto un simbolo di rivendicazione della propria identità e della propria esistenza, l’artista sudafricana rivela uno sguardo che inquieta, commuove e denuncia, e dove gli oggetti rappresentati sono quelli di uso comune, ma ripresi in maniera simbolica e posti in un dialogo serrato con il suo corpo, sempre protagonista.
Zanele Muholi, Bester I, Mayotte, 2015
© Zanele Muholi. Courtesy of Stevenson Gallery, Cape Town/Johannesburg, and Yancey Richardson Gallery, New York
Prima di diventare attivista, Muholi ha conosciuto gli anni dell’Apartheid: così la bellezza delle sue composizioni e il talento assolutosono per lei un mezzo per poter affermare e rivendicare la necessità di esistere, la dignità e il rispetto cui ogni essere umano ha diritto a dispetto della razza e del genere con cui si identifica – sempre esponendosi in prima persona.
In un momento come quello attuale, dove i diritti delle minoranze sono sempre più al centro del dibattito quotidiano e protagonisti di movimenti di lotta soprattutto tra le giovani generazioni, la monografia di Zanele Muholi asserisce ancora di più il proprio scopo: la rimozione delle barriere, il ripensamento della storia, l’incoraggiamento a essere se stessi e a usare strumenti artistici quali una macchina fotografica come armi per affermarsi e combattere.
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