mercoledì 27 aprile 2022

In viaggio con Salgado

 



Le tre stanze del Castello Savorgnan che ospitano le 50 foto della mostra “Terra” sono un’occasione per conoscere Sebastião Salgado, gigante dell’obiettivo che ha trascorso la sua vita professionale a documentare l’esistenza grama dei “senza terra” brasiliani e a scandagliare territori inesplorati della natura incontaminata. Il grande successo che sta ottenendo l’esposizione arteniese ha indotto gli organizzatori (Comune di Artegna, Gruppo 89 ed Ecomuseo, in collaborazione con il Centro di Volontariato Internazionale e la Buteghe dal Mont di Gemona) a prorogarne la chiusura al 15 maggioLa mostra è aperta il sabato e la domenica dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30.

Certo, anche il Salgado di “Terra” non può fare miracoli, fa fotografie, tecnicamente molto belle ma di quel genere di immagini che fanno aprire gli occhi e sollecitano le coscienze. Il vivido bianco e nero delle sue foto sottolinea la realtà ma dona anche poesia: per Salgado è la modalità cromatica adatta a dare dignità alla sofferenza. Non è un caso che il regista tedesco Wim Wenders abbia dedicato nel 2014 al fotografo brasiliano il documentario “Il sale della terra”. È il racconto di un viaggio con un autore che è stato testimone dei contrasti del mondo e ha immortalato volti e luoghi descrivendoli con scatti che vanno dritti al cuore. Il film verrà presentato venerdì 29 aprile alle 20.30 nel Castello Savorgnan. I posti sono limitati e distanziati, è obbligatoria la prenotazione.

 

«Magnificamente ispirato dalla potenza lirica della fotografia di Sebastião Salgado, “Il sale della terra” è un documentario monumentale, che traccia l'itinerario artistico e umano del fotografo brasiliano. Co-diretto da Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado, figlio dell'artista, il film è un'esperienza estetica esemplare e potente, un'opera sullo splendore del mondo e sull'irragionevolezza umana che rischia di spegnerlo. Alternando la storia personale di Salgado con le riflessioni sul suo mestiere di fotografo, il documentario assume un respiro malickiano, intimo e cosmico insieme, è un oggetto fuori formato, una preghiera che dialoga con la carne, la natura e Dio». (Marzia Gandolfi, mymovies.it)

 

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