Realizzata in collaborazione con la Médiathèque du patrimoine et de la photographie (MPP) di Parigi – istituto che conserva gli oltre centomila negativi e tutti gli archivi donati dal fotografo allo Stato francese nel 1984 – la mostra è composta da oltre centocinquanta immagini che ripercorrono l’intera carriera di André Kertész, fotografo di origini ungheresi, nato a Budapest nel 1894, giunto in Francia nel 1925 e trasferitosi infine negli Stati Uniti nel 1936, dove morirà nel 1985.
La mostra segue le tappe biografiche dell’autore, a partire dalle prime fotografie amatoriali scattate nel suo paese d’origine e durante gli anni della prima guerra mondiale: in questi anni, Kertész affina il suo sguardo e già mostra la capacità di trasformare la quotidianità in immagini sospese tra sogno e apparizione metafisica, come accade nel “Nuotatore” e nei primi di una lunga serie di autoritratti. Si passa poi alle celebri icone realizzate nella Parigi capitale del mondo culturale degli anni tra Venti e Trenta: le strepitose nature morte realizzate nello studio del pittore Piet Mondrian; i ritratti di personaggi che hanno fatto la storia della cultura e del costume del Novecento, dal regista Sergej Eisenstein alla musa Kiki de Montparnasse allo scultore Ossip Zadkine; le scene di strada, diurne e notturne, i luoghi dove Kertész cerca, secondo le sue stesse parole, “la vera natura delle cose, l’interiorità, la vita”, realizzando immagini che hanno contribuito in maniera decisiva alla creazione del mito della capitale francese nella prima metà del secolo. Infine, le “distorsioni” – giochi nati dagli specchi deformanti dei baracconi del luna park – che lo hanno reso una figura di primo piano anche nell’ambito surrealista. L’esposizione getta poi una nuova luce sulla lunga seconda parte della sua esistenza, trascorsa al di là dell’Oceano, in un clima culturale profondamente diverso: le immagini di questi anni dimostrano infatti come da un lato Kertész continui la sua ricerca ritornando sugli stessi temi, dall’altro evidenzia l’effetto che le nuove architetture, i nuovi stili di vita, i nuovi panorami cittadini hanno sulla sua fotografia. Tra questi scatti, in alcuni casi inediti, si ricordano quelli spettacolari del porto di New York o dello skyline della Grande Mela (in uno appaiono ancora, naturalmente, le oggi scomparse Twin Towers), o ancora le immagini della casa dell’architetto Philip Johnson, quasi un contraltare di quelle scattate nella casa di Mondrian mezzo secolo prima.
La mostra, curata da Matthieu Rivallin – responsabile del Dipartimento di fotografia della MPP, grande esperto di Kertész – e da Walter Guadagnini – direttore artistico di CAMERA –, celebra anche il sessantesimo anniversario della presenza del fotografo alla Biennale di Venezia: la traccia delle opere in mostra si basa infatti sulla lista manoscritta delle opere esposte in quell’occasione, ritrovata tra i documenti presenti negli archivi della MPP, una curiosità in più che lega il grande maestro al nostro paese.
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