venerdì 17 gennaio 2025

GUGLIELMO SPOTORNO. L’ARTE DELLA VITA a cura di Giovanni Gazzaneo e Flavia Motolese

 




Inaugurazione mercoledì 29 gennaio 2025, ore 18.

Apertura al pubblico 30 gennaio - 9 febbraio 2025.

Orari: tutti i giorni, compresi i festivi, 10-18.30. Ingresso libero

 

Quando una vita diventa arte e l’arte diventa vita? In tanti artisti vita e opere non sono tutt’uno. In Guglielmo Spotorno vita e arte sono inscindibili. Pescatore, pittore, poeta, imprenditore, collezionista, filosofo, giornalista... Tante vite che trovano nella sua pittura, nei suoi colori carichi di luce, il naturale esito e il felice intreccio creativo. Non si può comprendere la sua arte se non si conosce l’uomo, la sua storia. E la sua terza mostra al Museo della Permanente, che sente un po’ come la sua casa, vuole raccontare questo: il percorso artistico di Spotorno attraverso i principali cicli e una quarantina dei suoi dipinti più significativi. Un percorso cominciato prestissimo, oltre settant’anni fa, quando a dodici anni con il disegno Incubo vince il primo premio alla “Mostra Artistica Internazionale della Scuola”, grazie a uno stile del tutto originale. Invitato a Roma per il ritiro del premio viene notato da Federico Fellini che lo vuole conoscere. Grazie ai suoi genitori – Franco, imprenditore e collezionista, ed Enrica, gallerista e scultrice – il mondo dell’arte è da sempre il suo mondo, anche grazie alla frequentazione di grandi protagonisti del Novecento come Sutherland e Matta, Guerreschi e Ferroni, Jorn e Lam, Baj e Casorati.

 Scrive il curatore Giovanni Gazzaneo: «In Guglielmo vince la vita, la sete di orizzonti, la sete di conoscenza, la voglia di creare, il desiderio di mettersi alla prova, di superare il limite. Non la sfida per il gusto della sfida, ma la sfida per il gusto di andare oltre, di vedere cosa c’è di più profondo, di più vero, di più interessante, di più amabile. Nella sua ricerca creativa ha sete di abbracciare tutto, dalla Genesi al mondo globalizzato […] Che siano fiori recisi o il mare della sua Liguria, lo sguardo che contempla la natura è sempre uno sguardo pieno di meraviglia. Guglielmo non si lascia catturare dal dettaglio e non si sofferma sul dettaglio. Abbraccia la realtà come ha vissuto la vita: ci si tuffa dentro. La vive toccandola, assaporandola, odorandola, amandola. Non conosce vie di mezzo: in quello che fa, in quello che vede, in quello che pensa, in quello che dipinge c’è sempre tutto sé stesso. Niente di meno dell’intera esistenza. L’immagine traspare nel dialogo serrato tra il racconto che scaturisce dalla realtà vissuta e la potenza inesauribile e senza confini della fantasia e del sogno, tra luce e tenebra, conoscenza e mistero».

Per il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione «Molte delle opere di Spotorno si concentrano su simboli che evocano caos e inquietudine: onde agitate, città desolate, cieli oscuri.  La sua scelta di rappresentare il mondo naturale e il contesto urbano come luoghi di conflitto suggerisce un’anima in perenne lotta con sé stessa e con le circostanze esterne. Questi elementi non sono mai meramente descrittivi; piuttosto, fungono da specchi emotivi attraverso i quali l’artista esplora le tensioni. Del resto, la vita si srotola come una domanda insistente, ed è nella vulnerabilità che cerchiamo un senso. Le sue tele sono caratterizzate da un uso vibrante del colore, dove tonalità di bianco, giallo e blu si intrecciano per formare composizioni che suggeriscono una sensazione di speranza e di elevazione. La lotta tra chiarore e oscurità richiama il tema della creazione e della redenzione. Alcune tele sono dominate da pennellate di colore chiaro, bianco o giallo, che emergono da un fondo nero, creando un senso di lotta e speranza».

Per Flavia Motolese, curatrice della mostra: «Il suo stile si fa sempre più simbolico, i colori intensi creano giochi di forme che oscillano tra geometrie e biomorfismo, che si trasformano fluidamente facendo perdere i contorni alla realtà e acquistare significato all’astrazione. In quest’intersezione tra Surrealismo ed Espressionismo astratto, esplora le complessità dell’esperienza umana nel tempo e fuori dal tempo. Dal subconscio individuale all’inconscio collettivo, l’esigenza di vedere dentro se stessi coincide con quella di indagare la società contemporanea e così, all’inizio degli Anni Duemila, nasce il ciclo delle “Città umanizzate”, che sono forse la sua intuizione più originale e potente. In queste opere provocatorie, l’artista mostra le drammatiche contraddizioni della società contemporanea, lasciando che siano gli edifici dei paesaggi urbani a parlare al posto degli abitanti. I dipinti immaginano le città dall’alto: luoghi in cui dolore e quotidianità sembrano intrecciarsi nella solitudine della vita metropolitana, trasformandosi in gabbie che deprivano le persone della loro umanità».

Stefano Zuffi, critico e storico dell’arte, ci presenta Armonia e silenzio, l’opera “guida” della mostra della Permanente: «Tela dopo tela, serie dopo serie entriamo nell’armonia tonale cercata e trovata da Spotorno: Armonia e silenzio è il titolo del quadro in cui compaiono arcane forme celesti. È l’opera che l’artista considera “il più importante che ho dipinto”. È una lettura intima della realtà affidata ad accenni, a tratti lievi, ad accordi di colori e di segni. Una tessitura in cui evocazione onirica, allusione, fantasia, impressione, realtà si fondono insieme. Le forme spuntano, sbocciano, fermentano, si incontrano, sembrano volersi incastrare ma poi si dividono di nuovo, come per una necessità biologica di vita, di riproduzione, di movimento».

«I miei quadri parlano per me  afferma Guglielmo Spotorno –. Sono la mia vita inquieta, che ha sempre fatto troppe domande a sé stessa e a chi ha incontrato. Sono l’occhio che spia in molte direzioni. La coerenza abita nei colori che amo, e che dialogano nel loro incidere la tela. Il nero e il bianco si danno reciproca energia. Anche se non si vedono nei quadri, in realtà nero e bianco ci sono. Poli opposti di un’inquietudine che avevo fin da bambino. Non stavo mai fermo, volevo sempre guardare oltre».

La mostra è accompagnata dalla monografia Guglielmo Spotorno. L’arte della vita. Saggi del cardinale José Tolentino de Mendonça, Stefano Zuffi, e dei curatori della mostra. 320 pagine, edizioni Crocevia

Nessun commento:

Posta un commento