L’opera deve essere il risultato di un processo inventivo continuo,
di carattere più spirituale che culturale o estetico.
Ne deriva la rinuncia allo stile o alla riconoscibilità.
Questa modalità comporta un’apertura a 360°,
essere presi da tutto ciò che il proprio sguardo cattura.
Mariella Bettineschi
z2o Sara Zanin è lieta di annunciare l’apertura della prima mostra personale in galleria di Mariella Bettineschi dal titolo L’era successiva e altri racconti, giovedì 26 gennaio 2023.
La partecipazione nel 1988 alla XLIII Biennale di Venezia su invito di Achille Bonito Oliva, nel 1989 il trasferimento a Berlino – città in cui l’artista risiederà fino al 1995, sino ad arrivare al successo della cruise di Dior del 2022 con la presentazione di una installazione immersiva da L’era successiva, sono soltanto alcune delle tappe salienti di un percorso artistico lungo e frastagliato. Mariella Bettineschi (Brescia, 1948) si è confrontata, con consapevolezza, con il proprio ruolo di donna e artista ancor prima di affermarsi sulla scena nazionale, seguendo una vocazione assolutamente autonoma all’interno di un ambiente marcatamente maschile. Dopo la formazione accademica presso l’Accademia di Belle Arti Giacomo Carrara di Bergamo, ben presto Bettineschi mostra i sintomi di una chiara insofferenza verso un certo sistema dell’arte e, soprattutto, una specifica tensione a distaccarsi dall’adesione ad alcuni linguaggi espressivi che pensa possano limitarne la ricerca.
Posizionarsi ai confini, attivare uno sguardo allucinato, un’attenzione primitiva sulle cose, l’immagine arriva dalla periferia, si rivela per il suo “sfavillio”, è unica, non cerca connessioni, affinità, famiglie. (…) Ma l’immagine può anche biforcarsi, diventare labirinto: allora si moltiplica, ingoia sé stessa e rigetta il suo opposto, tradisce i presupposti, approda ad esiti sconosciuti, scrive nel 1999.
Abbracciando con la propria sperimentazione un ampio periodo, che la vede dapprima vicina ai gruppi femministi milanesi - dai quali ben presto si distaccherà intuendo il rischio di una omogeneizzazione della ricerca - Bettineschi ha condotto sin dagli anni Settanta un percorso solitario volto all’implementazione di un linguaggio proprio, un nuovo lemma attraverso cui esprimere il proprio ruolo di donna e artista nel mondo.
La mostra prende in considerazione un ampio arco cronologico che dagli anni ’80 arriva sino al 2022, esponendo un vasto corpus di opere, tra cui alcune inedite: la serie dei Piumari, delle vere e proprie sculture che prendono il piano della parete facendosi spazio attraverso i toni del bianco e dell’oro; la serie Nuovi racconti in cui i cuscini tessuti a mano mostrano figure immaginarie e antropomorfe e piccole iscrizioni che diventano statement artistici; fino ad arrivare alle ultime sperimentazioni con la pittura digitale e alle opere iconiche della serie L’era successiva, progetto on going iniziato dall’artista nel 2008 a partire da una riflessione che coinvolge in prima istanza l’universo femminile come portatore di uno sguardo altro.
L’era successiva e altri racconti sottolinea un interesse non episodico per l’utilizzo di media differenti attraverso cui Bettineschi ha implementato una ricerca formale ed espressiva assolutamente personali. Da un lato, l’importanza ascritta al “saper fare”, quella perizia tecnica di accademica memoria che ha consentito all’artista, nel corso degli anni, di districarsi tra strumenti, tecniche e soluzioni formali disparate per arrivare a una sintesi compiuta del proprio universo immaginifico; dall’altro, un’infaticabile ricerca legata a quella discontinuità a-temporale che fa della sua intera produzione un unicum per quanto riguarda l’ampiezza dei contenuti e dei topoi affrontati.
La storia può essere considerata non tanto come una successione lineare, consequenziale di avvenimenti, ma come una struttura costituita da diversi elementi in inter-relazione a più livelli. Il nuovo non è quindi solo l’effetto di ciò che lo precede ma è l’ultima configurazione che la struttura di elementi assume da uno dei punti di vista possibili. L’artista, nomade per natura, attraversa la nuova configurazione di elementi, vi entra in relazione, vive e assorbe l’insieme che la costituisce: l’opera è il risultato di questo attraversamento.
L’arte per Bettineschi è perdita e disorientamento, conoscenza del mondo e del sé, conoscenza del non detto attraverso il superamento costante delle barriere convenzionali di spazio e tempo. Come dalla folgorazione nata per Duchamp, dall’incontro con la sua opera a Philadelphia, per Bettineschi la quarta dimensione è tutta reale: garantisce l’ingresso in uno spazio rinnovato in cui le regole del gioco sono tutte da definirsi. È così che nasce un racconto frastagliato e continuo, una narrazione lunga un cinquantennio che sfugge a qualsiasi tentativo di definizione univoca.
L’arte, quindi, coagula uno stato fluido, è priva di costanti riconoscibili, è disorientamento e perdita.
Angelica Gatto
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