Al Mudec una grande mostra italiana che chiude le celebrazioni
del 50° anniversario della morte di Pablo Picasso.
A cura di
Malén Gual e Ricardo Ostalé
22 febbraio – 30 giugno 2024
Picasso non considerava come ‘primitiva’ l'arte che lo ispirava, che muoveva la sua mente creativa in un desiderio inarrestabile di aprire nuove strade, non vedeva un ‘prima’ e un ‘dopo’ nell'arte, non c’era un’arte “altra”, “diversa”: Picasso la concepiva come un Tutto senza tempo. “Non c’è né passato né futuro nell’arte. – amava sottolineare - Se un'opera d'arte non può vivere sempre nel presente, non ha significato”. Pablo Picasso mostrò sempre un profondo rispetto per le manifestazioni artistiche di altre culture e di altri tempi e seppe, più di ogni artista della sua generazione, comprenderle e reinventarle con il nobile scopo di dare un impulso e un nuovo percorso di esplorazione all'arte universale.
Il MUDEC propone al pubblico di leggere la ricchissima produzione di Picasso – dalle opere giovanili fino alle più tarde - alla luce del suo amore per le fonti artistiche ‘primigenie’, per l’‘arte primitiva’, e racconta questa costante rielaborazione intellettuale e l’eredità artistica della sua visione attraverso un grande progetto espositivo, appositamente pensato per essere ospitato nel cuore del Museo che racconta le culture del mondo e la loro reciproca e costante influenza. È importante infatti far conoscere al pubblico come Picasso abbia colto l’essenza e il significato di altre fonti artistiche e le abbia assimilate nella sua produzione per tutta la vita, dal 1906 – anno fondamentale per la sua produzione – fino agli ultimi lavori degli anni Sessanta. Col ritorno al “primitivismo”, intorno al 1925, l’artista trae gli strumenti del linguaggio plastico da esempi africani, ma anche da esempi neolitici e proto-iberici (della Spagna preromana), prende spunto dall’arte oceanica, dall’antica arte egizia e da quella della Grecia classica (vasi a figure nere). Picasso inventa trasposizioni, rimodella figure dai volumi sproporzionati, in una costante METAMORFOSI delle figure che spesso hanno una forte connotazione erotica, e che governeranno l’evoluzione della sua pittura e della sua scultura, soprattutto nei momenti di crisi personale o sociale.
Nasce da questo grande concept la mostra “Picasso. La metamorfosi della figura”, prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE e promossa dal Comune di Milano-Cultura, con Fondazione Deloitte come Institutional Partner della mostra e che vede il patrocinio dell’Ambasciata di Spagna in Italia e dell’Istituto Cervantes di Milano.
L’esposizione, curata da Malén Gual, conservatrice onoraria del Museo Picasso di Barcellona insieme a Ricardo Ostalé, apre al pubblico dal 22 febbraio 2024 e porta al MUDEC di Milano oltre quaranta opere del maestro spagnolo, tra dipinti, sculture, insieme a 26 disegni e bozzetti di studi preparatori, del preziosissimo Quaderno n. 7 concesso per la mostra dalla Fondazione Pablo Ruiz Picasso - Museo Casa Natal di Malaga.
Fondamentale per questa mostra, infatti, è l’accompagnamento in questo percorso assolutamente peculiare e inedito di tutti i principali musei spagnoli che possiedono le più importanti collezioni di Picasso in quella che fu sempre la sua patria, la Spagna: in primis la Casa Natal di Malaga, ma anche il Museo Picasso di Barcellona e il Museo Reina Sofia di Madrid, oltre a numerosi collezionisti privati.
Insieme all’apporto dell’Administration Picasso - presieduta dalla figlia Paloma Ruiz-Picasso - e degli eredi, che hanno creduto nel progetto espositivo di 24 ORE Cultura confermando importanti prestiti, la mostra “Picasso. La metamorfosi della figura” chiude dunque idealmente un lungo 2023 di celebrazioni del 50° anniversario della morte del pittore con una mostra che è fortemente e volutamente ‘spagnola’ nell’identità del progetto, ma ‘universale’ nel cuore della visione artistica che di Picasso propone al pubblico.
Il progetto sarà anche l’occasione per rivedere ospitata al Mudec, dopo anni, la Femme nue del Museo del Novecento di Milano, meraviglioso dipinto che fu fondamentale preludio al capolavoro picassiano Les Demoiselles d’Avignon, in dialogo con magnifici dipinti di maschere. In un gioco di specchi e rimandi che dal più remoto passato guarda al contemporaneo, la selezione della produzione del Maestro spagnolo presentata in mostra è in dialogo con un corpus di fonti antiche e reperti archeologici ed etnografici.
La mostra, dunque, guarda al primitivo per spiegare come l’opera di Picasso abbia affondato le sue radici nel passato, ma guarda anche al presente per fornire una chiave di lettura della evoluzione della pittura contemporanea e delle nuove generazioni di artisti africani che si sono trovati a confrontarsi con il genio spagnolo, e ne hanno assorbito/rifiutato – sicuramente rielaborato - il suo linguaggio e la sua visione.
La mostra racconta il processo creativo di Picasso anche attraverso le videoinstallazioni a cura di Storyville raccolte sotto il titolo A Visual Compendium, che accompagnano il visitatore lungo il percorso della mostra. Medialità e multisensorialità si dipanano di sezione in sezione, aiutando il pubblico ad approfondire il rapporto che il Maestro ebbe con le fonti artistiche primigenie che cambiarono per sempre il suo modo di percepire la figura, e in particolare con l’arte antica africana, l’“Arte nera”, nel processo di creazione de Les Demoiselles d'Avignon.
IL PERCORSO DELLA MOSTRA.
Molti esperti chiamano "metamorfosi" le creazioni di Picasso a partire dal 1925 e fino alla fine della sua vita. Questa classificazione include tutte le rappresentazioni di forme morbide o tettoniche, biomorfe o massicce, organiche e casuali, non imitative e decisamente lontane dall'illusione e dalla rappresentazione mimetica. Per il critico e storico dell'arte Carl Einstein, queste opere sono "l'espressione di un dubbio tragico sulla realtà apparente dell'universo delle forme".
Con questa tesi, e seguendo un percorso in parte cronologico, la mostra si dipana in cinque sezioni, seguendo il fil rouge costante della ricerca e dello studio della forma.
PRIMA SEZIONE. Uno sguardo verso altre culture.
La mostra si apre con una selezione di opere realizzate da Picasso nel 1906 sotto l'influenza dell'arte dell'antico Egitto e delle sculture iberiche, insieme a idoli iberici da lui collezionati, una scultura HEMBA. La sezione è arricchita da fotografie di opere collezionate da Picasso e dei suoi studi affollati di sculture e maschere.
L'anno 1906 è cruciale nell'opera di Picasso, poiché corrisponde alla scoperta dell'arte di altre culture, come quella egizia, iberica e l'arte tribale, chiamata in quel periodo "arte nera". Queste scoperte lo portano a ripensare il modo in cui rappresentare la figura umana, lontano dai canoni occidentali. Negli anni Quaranta, Picasso descrive cosa significasse per lui questo incontro e come cambiò il suo modo di intendere l'arte:
"Quando ho scoperto l'arte nera, quarant'anni fa, e ho dipinto le opere che chiamano appunto del periodo della mia «arte nera», era per oppormi a quello che chiamavano 'bellezza' nei musei. In quel momento, per la maggior parte delle persone, una maschera nera era solo un oggetto etnografico. Quando sono andato per la prima volta con Derain al museo del Trocadero, un odore di muffa mi ha preso alla gola. Ero così depresso che avrei voluto andarmene subito. Ma mi sono forzato a restare. […] E allora ho capito che questo era il significato stesso della pittura. Non è un processo estetico; è una forma di magia che si interpone tra l'universo ostile e noi, un modo di catturare il potere, imponendo una forma alle nostre paure come ai nostri desideri. Il giorno in cui ho capito questo, ho saputo di aver trovato la mia strada." (Françoise Gilot e Lake Carlton, Vivre avec Picasso).
La mostra si apre dunque con una selezione di opere realizzate da Picasso nel 1906 sotto l'influenza dell'arte dell'Antico Egitto, sculture iberiche preromane, una scultura HEMBA. La sezione è arricchita da fotografie di opere collezionate da Picasso e dei suoi studi affollati di sculture e maschere.
SECONDA SEZIONE. 1906-1907.
Les Demoiselles d'Avignon.
26 disegni del quaderno n. 7 di Les Demoiselles d'Avignon e il magnifico dipinto Femme Nue, in prestito dal Museo del Novecento di Milano, sono il fulcro della sezione e cuore dell’intero percorso espositivo. A
fianco del prezioso taccuino, saranno inclusi una maschera Suruku, un reliquiario Kota, una scultura Dogon e un'altra di Tellem. All’interno della sezione anche un multimediale con immagini direttamente collegati a Les Demoiselles arricchisce il percorso.
Il 1906 è l'anno del passaggio di Picasso al Cubismo, con una tendenza alla geometrizzazione delle forme, chiave dell'imminente cubismo.
In tutto questo processo di consapevolezza e presa di coscienza formale di questi primi anni del Novecento, imprescindibile è l’opera Les Demoiselles d’Avignon, che, insieme a tutti i suoi studi compiuti nel 1907, rappresenta l’acmé artistica delle ricerche del 1906, la pietra miliare decisiva sulla strada del cubismo.
In mostra abbiamo selezionato un taccuino del 1907, il cosiddetto Quaderno n. 7, proveniente dalla Fondazione Pablo Ruiz Picasso - Museo Casa Natal, in cui vengono presentati 26 fogli che ospitano disegni e schizzi preparatori della grande opera; nonché il magnifico dipinto Femme Nue, in prestito dal Museo del Novecento di Milano. Entrambi – insieme ad alcune maschere africane sono il fulcro della sezione e rappresentano il cuore dell’intero percorso espositivo.
Nel corso della sua vita, infatti, Picasso riempì un gran numero di quaderni da disegno con i suoi schizzi e appunti: ne sono documentati almeno 189.
Il taccuino da disegno è per Picasso la parte più intima della sua creazione, un laboratorio di idee dove propone e trova le soluzioni plastiche e compositive che compaiono nei dipinti.
Di questi 189 quaderni, in almeno 16 troviamo disegni relativi al dipinto Les Demoiselles d'Avignon, il che dimostra la grande attenzione del Maestro all’analisi e ai numerosi studi preparatori per quest’opera fondamentale, quella senza dubbio che gli ha causato maggiori complicazioni e alla quale ha dedicato più tempo. I quaderni sono molto diversi tra loro, alcuni grandi e con la copertina spessa, altri piccoli e delicati, ideali da portare in tasca, altri ancora semplici block notes. In mostra ci soffermiamo sull'album n. 7, che presentiamo in modo pressoché integrale, per raccontare al visitatore il processo creativo di Picasso e l’importanza di un’opera che cambierà l’arte del XX secolo.
Concepita inizialmente come una scena di bordello che coinvolgeva cinque donne e due uomini, l'artista modificò la scena, studiando i personaggi nelle varie posture e mentre lavoravano, concentrandosi solo sulle cinque donne. La funzione narrativa della scena – le donne nel bordello – viene cancellata dal valore dell'indagine formale. I protagonisti della scena evidenziano le molteplici fonti, dalle Bagnanti di Cézanne, alla scultura iberica, all'arte romanica catalana e alle maschere africane e oceaniche.
A fianco del prezioso taccuino, saranno inclusi una maschera Suruku, una scultura Dogon e un'altra di Tellem. All’interno della sezione anche un multimediale con immagini di disegni appartenenti ad altri quaderni, direttamente collegati a Les Demoiselles.
TERZA SEZIONE. 1908-1927.
Cubismi.
Nella sezione vengono esposte alcune figure dal 1908 al 1917, poiché l'artista non faceva distinzioni tra il trattamento di oggetti, paesaggi o persone. Una scultura tribale, la scultura CHAMBA, mostra al pubblico il gancio diretto con il cubismo e con le opere cubiste di Picasso.
Picasso non limitò la sua rivoluzione plastica a meri aspetti formali, cercando un'arte non imitativa ma figurativa, lontana dai canoni rappresentativi ma non astratta, stabilendo un nuovo movimento di segni senza referente né identità fissa. Dopo il suo cosiddetto periodo "primitivista", l'artista, insieme a Braque, creò il Cubismo, che assorbì le influenze della statuaria iberica, delle maschere e delle sculture africane e del geometrismo di Cézanne. L’apprezzamento dei contributi artistici delle culture extraeuropee portò Picasso a collezionare statue, maschere e altri oggetti provenienti dall’Africa e dall’Oceania, come si può vedere nelle fotografie dei suoi laboratori e delle sue case, presenti in mostra.
La lezione dell'arte tribale assumeva così tutto il suo significato, confermando il Cubismo come un vero "realismo concettuale", secondo la forma rivendicata dagli artisti.
Nella sezione verranno esposte alcune figure dal 1908 al 1917, poiché l'artista non faceva distinzioni tra il trattamento di oggetti, paesaggi o persone. La scultura tribale CHAMBA, che sembra incastrarsi direttamente con il cubismo e confrontarsi con le opere cubiste di Picasso, è un evidente esempio in mostra di questo dialogo.
QUARTA SEZIONE. Dagli anni ’20 alla Seconda Guerra Mondiale.
La permanenza dell'arte tribale nell'opera di Picasso.
Questa sezione svela la permanenza nell'opera di Picasso degli stilemi ereditati dall'arte dei popoli africani. Si apre con una scultura IGBO ALUSI, che dialoga magnificamente con la scultura di Picasso che introduce questa sezione. La forza di queste opere africane, la loro espressività atemporale, può essere riflessa nell'opera di Picasso degli anni '20-'30, persino in alcuni bozzetti per il Guernica e nelle figure tragiche degli anni di guerra.
Alla fine della Prima Guerra mondiale, molti degli artisti che avevano “scoperto” e assimilato l’“arte nera” nel proprio stile la abbandonarono per volgersi a un’arte forse più rassicurante.
Dopo la Prima guerra mondiale, anche Picasso abbandona il cubismo come movimento e ritorna alla rappresentazione classica. Tuttavia, il contatto con i poeti surrealisti fa sì che Picasso, che durante tutta la sua vita aveva nella sua collezione personale statue iberiche, stampe giapponesi o sculture africane e oceaniche, torni a interessarsi delle culture extraeuropee e a catturarne la magia nella realizzazione delle sue opere pittoriche e scultoree.
Il rapporto di Picasso con l’arte africana non era infatti solo di carattere formale ma dipendeva anche dall’ammirazione dell’artista per il suo carattere magico, e questa osmosi non venne mai meno nel suo lavoro creativo.
Questa quarta sezione svela dunque la permanenza nell'opera di Picasso degli stilemi formali ereditati dall'arte dei popoli africani. Si aprirà con una scultura IGBO ALUSI, che dialogherà magnificamente con la scultura di Picasso e che introduce questa sezione. La forza di queste opere africane, la loro espressività atemporale, può essere riflessa nell'opera di
Picasso degli anni '20-'30, persino in alcuni splendidi bozzetti per il Guernica – presenti in mostra - e nelle figure tragiche degli anni di guerra.
QUINTA SEZIONE. Metamorfosi della figura.
In questa sezione sono esposte opere di Picasso tra il 1930 e il 1970. In questo periodo Picasso giunge all'essenza, alla magia della forma, che ha sempre cercato di afferrare.
Molti esperti chiamano "metamorfosi" le creazioni di Picasso a partire dal 1925 e fino alla fine della sua vita. Questa classificazione include tutte le rappresentazioni di forme morbide o tettoniche, biomorfe o massicce, organiche e casuali, non imitative e decisamente lontane dall'illusione e dalla rappresentazione mimetica. Per il critico e storico dell'arte Carl Einstein, queste opere sono "l'espressione di un dubbio tragico sulla realtà apparente dell'universo delle forme".
In questa sezione sono esposte opere di Picasso tra il 1930 e il 1970, distanti dalla rappresentazione geometrica, molto più morbide, in cui gli elementi delle figure vengono strappati e rimodellati, mescolati e distorti, trasformati in forme lontane dalla rappresentazione diretta, ma riconoscibili come elementi umani. In questa sezione non sono incluse opere africane, poiché Picasso non si riflette in esse, ma è giunto all'essenza, alla magia che ha sempre cercato di afferrare partendo dall’amore per queste opere d’arte.
SESTA SEZIONE. Picasso e l’arte africana: un’attrazione reciproca
Se è ormai nota l’attrazione di Picasso per l’arte africana tradizionale, è fondamentale evidenziare l'importanza che gli artisti africani contemporanei attribuiscono all'artista andaluso.
A titolo di esempio le opere esposte di artisti come il beninese Romuald Hazoumè, il mozambichiano Gonçalo Mabunda e il congolese Cheri Samba dimostrano il riconoscimento di Picasso come il principale interprete dei fondamenti espressivi del continente africano.
Questo riconoscimento si evidenzia nel recupero delle valenze magico-religiose delle maschere rituali della tradizione figurativa subsahariana, rielaborate in chiave espressiva contemporanea da Hazoumè e Mabunda. Quelle stesse maschere, i cui elementi formali compaiono a vario titolo nell'opera di Picasso a partire da "Les Demoiselles d’Avignon" nel 1907.
Cheri Samba rende omaggio in modo palese a Picasso, e alla sua capacità di creare formule espressive rivoluzionarie ispirandosi all'arte millenaria africana.
A Picasso è stata affidata la realizzazione del manifesto del primo Congrés des Ecrivains et Artistes Noirs tenutosi nel 1955 alla Sorbona a Parigi, che riuniva i principali intellettuali e artisti del movimento anticolonialista africano. Altri riconoscimenti sono tributati a Picasso con l'esposizione di riproduzioni delle sue opere accanto a quelle di artisti provenienti da tutta l'Africa durante la mostra Tendances et Confrontations: Les Arts Contemporains organizzata in occasione del primo Festival Mondial des Arts Nègres a Dakar.
Nel 1972, sempre nella capitale senegalese, è stata organizzata una mostra personale al Musée Dynamique, voluta dal poeta, ideologo della Negritudine e primo Presidente della Repubblica Indipendente del Senegal, Leopold Sedar Senghor.
Per celebrare il 50° anniversario di questo evento, durante la 14° edizione della Biennale di Dakar, il Museo delle Civiltà Nere ha ospitato Picasso a Dakar, 1972-2022, ribadendo la persistenza della relazione biunivoca tra il Maestro Spagnolo e l'arte africana.
Senza dubbio, il grande interesse mostrato da Picasso e l’assimilazione nella sua opera fu determinante nella maggiore conoscenza e nell'approfondimento dello studio dell'arte delle diverse culture africane e oceaniche. Il suo grande prestigio come artista e come formulatore di una nuova arte, di una nuova avanguardia che ha permeato fino ad oggi tutta la produzione artistica internazionale contribuì in modo molto decisivo ad una nuova visione delle arti di altre
latitudini e, in particolare, al rispetto da parte del mondo accademico delle diverse culture africane e oceaniche.
In occasione della mostra, 24 ORE Cultura ha pubblicato il catalogo “Picasso. La metamorfosi della figura”, insieme al volume monografico “Pablo Picasso”, della collana “Una vita per l’arte”, a cura di Francesco Poli. I volumi sono disponibili all’interno del bookshop della mostra, nelle librerie e online.
(Crediti Foto Carlotta Coppo)
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