Milano, 31 marzo 2022 – Nonostante la cantina sia il luogo migliore per raccogliere i dati dei propri clienti, solo il 22,4% delle cantine utilizzano un CRM professionale e solo il 26,7% riesce a tracciare uno storico del cliente rispetto ai suoi acquisti, benché nel 2020 – complice la pandemia - gli investimenti digitali siano aumentati del 55,8%. Numeri che mettono in luce ampi margini di crescita delle cantine italiane attraverso una nuova cultura del dato e del digitale, che permetterebbero di aumentare il proprio business, valorizzando le esperienze in cantina e le vendite direct-to-consumer, senza tralasciare che nel 2021 l’Italia si è confermata ancora una volta il primo produttore di vino al mondo con un volume di 44,5 Mio hl.
Raccogliere dati, organizzarli e saperli utilizzare è la chiave per aumentare le vendite nell'era digitale ed è questo l’obiettivo che l’impresa tecnologica, specializzata a digitalizzare la vendita del vino ai privati, si è data nel diffondere il suo primo report. “Oggi – spiega Andrè Luiz Silva, Direttore tecnico e Responsabile Data Privacy di Divinea - conoscere il cliente è fondamentale per vendere di più e vendere meglio. Ma come puoi farlo bene? La risposta sta nelle informazioni che raccogli dai tuoi clienti e potenziali clienti. Se non raccogli dati, l'unica azione di marketing possibile sarà generica e senza personalizzazione. La conseguenza sarà un minor tasso di conversione delle vendite.”
Il report, stilato da Divinea, nasce dalla raccolta dei dati di alcune autorevoli indagini, a livello italiano e internazionale, e l’analisi dei dati delle vendite da divinea.com - il principale portale di enoturismo italiano con oltre 350 aziende vitivinicole e una mappatura di più di 1.200 esperienze – e i dati aggregati e anonimizzati nel pieno rispetto della privacy delle circa 200 cantine clienti che utilizzano Wine Suite, il Software CRM e marketing realizzato da Divinea che permette alle cantine di incrementare le vendite con i privati e di gestire l’enoturismo in maniera professionale.
Il report nasce con l’intenzione di avere una fotografia chiara di come le cantine italiane si muovono nelle vendite dirette ai consumatori e nelle attività di enoturismo, raccogliendo dati anche in comparazione ad altre realtà di carattere internazionale. Tra le prime osservazioni che emergono quella che in confronto all’Italia a parità di territorio, la Nuova Zelanda, sfruttando meglio il potenziale, posizionerebbe 18 volte il numero di tour ed esperienze enoturistiche nel mercato. La Francia invece, con circa un terzo del numero di visitatori annuali in meno dell’Italia, genera un mercato enoturistico interno che vale quasi il doppio del nostro paese e la Napa Valley in California, con un numero di visitatori annui quasi 4 volte inferiore all’Italia, genera un ritorno di circa 2 miliardi di euro. Questo significa che a parità di numero di visitatori, la Napa Valley potrebbe potenzialmente incassare circa 2.8 volte il valore del mercato enoturistico italiano.
I numeri e i dati dell’enoturismo in Italia
Per quanto le attività in cantina si stiano sempre più diversificando, ad oggi la proposta è ancora principalmente basata sulla classica degustazione di 3 e 5 vini e comprensiva del tour della cantina che è presente in quasi tutte le aziende e corrisponde al 71% dell’offerta enoturistica complessiva. Dai dati in nostro possesso è emerso che il 4,6% delle cantine non ha una struttura predisposta ad accogliere visitatori, mentre il 68,2% svolge degustazioni ma non ha una risorsa dedicata. Poco meno di 1 cantina su 4 presenta una persona focalizzata all’ospitalità mentre solo il 3,1% dispone di un team strutturato per l’enoturismo.
I numeri e i dati delle vendite direct to consumer in Italia
L’arrivo dell’emergenza sanitaria ha costretto a ripensare i canali tradizionali di vendita delle aziende e a rivalutare investimenti nel canale direct-to-consumer e nell’online che storicamente avevano sempre avuto una penetrazione di mercato minima.
Osservando i dati rilasciati da Mediobanca, in un 2020 che ha visto cadere gli investimenti dei maggiori produttori di vino del 14,3% e la loro spesa pubblicitaria ridursi del 13,4%, gli investimenti digitali siano aumentati del 55,8% a cui si somma il crescente numero di e-commerce e Wine Club nati in questi ultimi due anni e la sempre maggiore propensione dei consumatori ad acquistare online: se prima del lockdown il 71% degli italiani non aveva mai fatto un acquisto on-line dai siti di una cantina, oggi la quota è scesa di sette punti (64%) secondo Mediolanum.
La crescita delle vendite dirette, accelerate dalla crisi pandemica, ha quindi permesso nel 2020 di superare la soglia psicologica del 10% rispetto al fatturato totale, tuttavia, l’Italia è ancora molto distante dal modello americano dove le vendite direct-to-consumer rappresentano i 2/3 del totale (66%), ovvero oltre 6 volte il market share italiano.
E-commerce, Wine Club e canali di promozione
E-commerce, Wine Club e altri canali di promozione (come WhatsApp o newsletter) sono degli strumenti utili a raccogliere dati utili all’ottimizzazione delle vendite.
Ad oggi i dati confermano che la maggior parte delle cantine riceve meno di 100 ordini all’anno attraverso l’e-commerce e il 42,5% delle cantine consegna vino solo in Italia.
Sempre più cantine si stanno avvicinando al Wine Club: il 17,3% delle cantine si è dotato di un Club mentre il 75% di chi non lo ha ancora fatto dichiara che lo realizzerà o lo sta prendendo in considerazione. I Wine Club italiani hanno tanti iscritti ma producono volumi relativamente contenuti e le cantine italiane offrono soprattutto accesso riservato agli utenti registrati e l’eShop con annate e formati speciali mentre solo una su cinque propone l’abbonamento con spedizione periodica.
Per quanto riguarda altri canali di comunicazione l’85% delle cantine investe meno di €200 al mese per promuovere le vendite dirette e quasi la metà di queste non alloca alcun budget. Mentre le comunicazioni con messaggistica istantanea tipo WhatsApp sono ancora poco utilizzate sebbene producano conversioni ben più alte delle email mentre le televendite non sono prese in considerazione dal 94% delle aziende.
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