L’Associazione Arte Contemporanea Picena, Fainplast e il Comune di Ascoli Piceno presentano L’anno del Serpente, mostra personale di Paola Angelini, vincitrice della quinta edizione del Premio Osvaldo Licini by Fainplast, riconoscimento che ha l’obiettivo di valorizzare le ricerche più attuali nell’ambito della pittura, premiando le pratiche che rinnovano in modo significativo il linguaggio contemporaneo.
La mostra, che sarà alla Galleria d’arte moderna e contemporanea Osvaldo Licini di Ascoli Piceno dal 13 dicembre 2025 al 15 marzo 2026, nasce da un passaggio biografico decisivo di Paola Angelini: la perdita del padre, figura centrale nella vita e nel percorso dell’artista, presenza costante con cui Angelini si è sempre confrontata sulla pittura. A lui è dedicata l’intera esposizione. Da questa frattura prende forma un anno di trasformazioni profonde, in cui la pittura diventa il luogo per misurarsi con l’assenza e per comprendere il punto di svolta tra un “prima” e un “dopo”.
Il titolo riprende Year of the Snake, brano degli Arcade Fire ispirato al calendario cinese, ascoltato dall’artista quasi come un rito quotidiano in studio: un ritmo che accompagna l’attraversamento della soglia, quando il nuovo ridisegna il perimetro dell’esistenza e la pittura cambia direzione, lasciando emergere la domanda su come rinascere dentro la mancanza.
Angelini costruisce la mostra come un corpo pittorico stratificato, fatto di scialuppe di salvataggio più che di approdi definitivi. Non cerca la semplificazione, ma accumula elementi, segni e immagini che ritornano come ritornelli: teste, angeli, lune, figure e paesaggi che compongono un lessico personale capace di tenere insieme sogno, memoria e presenza.
L’esposizione si sviluppa in tre strati, come nella costruzione di un dipinto: imprimitura, bozzetto, finitura. Nell’imprimitura emergono i leganti affettivi e artistici, dove simbolo e ritratto coincidono: opere come What is Orange? Why, an Orange, just an Orange! funzionano come macchine del tempo che traggono da un archivio familiare due figure rivolte verso lo spettatore, sospese tra una luce arancione vibrante e un’illuminazione uniforme che sembra provenire dall’esterno. Nella stessa sezione, ritratti di Angelini dialogano con due ritratti storici di Nanny, figura chiave nell’universo liciniano, costruendo una trama di presenze incrociate in cui chi guarda e chi è guardato sembrano scambiarsi continuamente di posto.
Il secondo strato, il bozzetto, è la parte più sperimentale: qui Angelini accetta un controllo solo parziale sulla direzione delle immagini e lascia che il quadro occupi lo spazio fisico, come in Dove andiamo?, opera che si sovrappone a un’intera parete ed espone la domanda sul percorso da intraprendere. In questo lavoro astrazione e figurazione si scambiano i ruoli, restituendo una sensazione di ricerca aperta, in cui la via non è mai definitivamente tracciata. Sulla parete di fondo, disegni realizzati in situ uniscono la gestualità all’idea di elevazione: il segno a carboncino, fragile e onesto, rende visibile il proprio tragitto, come se le braccia che lo hanno tracciato fossero ancora in movimento. Nello stesso spazio, la piccola opera di Giovanna Garzoni, miniatrice ascolana del Seicento, un teschio, dialoga come memento mori con la grande tela Dove andiamo?, introducendo una riflessione sulla fine all'interno di un percorso di trasformazione.
Nell’ultimo strato, la finitura, si dispongono cinque dipinti autoportanti di grande verticalità, corpi pittorici che restituiscono stratificazioni di memoria e mutamento. Ciascun quadro è diverso per costruzione, atmosfera e densità del segno: superfici irregolari, attraversate da sovrapposizioni di colori e grafismi, alternano zone luminose e presenze lunari in un dialogo serrato fra soggetti e paesaggi. La luna, insieme agli angeli e alle fratture della superficie, ritorna come guida e compagna di viaggio; non è solo elemento poetico, ma presenza che illumina la tensione tra desiderio di elevazione e peso della materia, come un’eco della lezione di Licini. In uno dei dipinti, dominato da verdi profondi e rosa accesi, un unico sguardo vigile emerge tra volti dagli occhi chiusi, mentre un angelo in volo tenta di trattenere una testa che il verde della natura sembra seguire come una scia; a terra, una sorta di zattera raccoglie tra i naufragi il volto di Leopardi, poeta caro sia a Licini che ad Angelini.
La stratificazione di segni e forme che anima le opere di Paola Angelini definisce il quadro complessivo della mostra. Esso si struttura nell'imprimitura delle figure che ci guardano, nel bozzetto in cui la ricerca di una strada si intreccia con il tentativo di volo, e nella finitura, dove queste presenze trovano forma definitiva nei cinque dipinti autoportanti. Tale stratificazione non è mossa da paura del vuoto o desiderio di accumulo, ma è l'atto con cui l'artista compie il suo cammino nell'assenza e nella memoria del padre. L'opera offre la possibilità di una passeggiata non lineare, un'esplorazione in cui lo sguardo e la mente percorrono quelle che sarebbero potute essere le rovine di un futuro interrotto: le rovine mai nate. In questo spazio libero che accetta smarrimenti e incertezze, la luce della luna rivela la perfetta coincidenza tra fragilità e forza.libero che accetta smarrimenti e incertezze, la luce della luna rivela la perfetta coincidenza tra fragilità e forza.
Paola Angelini nata a San Benedetto del Tronto, Italia (1983) si diploma in Pittura nel 2010 presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Nel 2011 frequenta il workshop in Arti Visive presso lo IUAV Universit di Venezia tenuto da Bjarne Melgaard, e nello stesso anno espone nel Padiglione Norvegese della 54esima Biennale di Venezia nella mostra intitolata Baton Sinister. Nel 2017 ottiene il Master in Belle Arti presso KASK Conservatorium a Gent (BE). Nel 2014 e nel 2016 partecipa al programma di residenza d’artista presso Nordic Artists’Centre Dale (NKD), Norvegia, e nello stesso anno partecipa al programma di residenze presso Bevilacqua La Masa a Venezia. Ha partecipato a diverse mostre personali e collettive in Italia e all’estero, tra cui: Forme del tempo, Museo Palazzo Pretorio, Prato, 2017; La conquista dello spazio, Spazio K, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino, 2017; Iconoclash, Museo di Castelvecchio, Verona, 2017; Rethinking Media, Brandstrup Galleri, Oslo, Norvegia, 2018 ; Babel of Bric a Br c, BGE Gallery, Stavanger, Norvegia, 2019 ; Splendor Solis, Museo C Pesaro, Venezia, 2021 ; Black Morning, Lyles&King gallery, New York, USA, 2022 ; Il tuffatore, Fondazione Coppola, Vicenza, 2023; Became a sun on the left side of the moon, BGE contemporary art projects, Stavanger, Norvegia/Norway, 2024 ; Image outside of time, Kwai Fung Hin Art Gallery, Hong Kong.
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