Il nuovo “Pacchetto Vino”, che sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale a febbraio 2026, segna un passaggio cruciale per il futuro del comparto vitivinicolo italiano.
Un provvedimento atteso da tempo, che introduce strumenti concreti per affrontare una fase complessa del mercato e per ridisegnare in chiave strategica il rapporto tra produzione, territorio e promozione.
Lo segnalano i rappresentanti piemontesi di Federdoc (Confederazione Nazionale dei Consorzi volontari per la Tutela delle Denominazioni dei Vini Italiani): Filippo Mobrici, vicepresidente nazionale di Federdoc e anche vicepresidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, e Massimo Marasso, consigliere nazionale Federdoc e vicepresidente dei Consorzi dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti, del Gavi e del Brachetto d’Acqui.
Al centro del nuovo impianto normativo c’è un rafforzamento del ruolo dei Consorzi di tutela, chiamati a diventare sempre più attori di governo del settore e non soltanto organismi di vigilanza e promozione.
Tra le novità più rilevanti figura la possibilità per i Consorzi di accedere a fondi dedicati all’enoturismo, riconoscendo ufficialmente il valore economico, culturale e identitario di un comparto che negli ultimi anni ha dimostrato di essere una leva fondamentale per la sostenibilità delle denominazioni.
«Sembra scontato dirlo, ma vale ripeterlo per bene: l’enoturismo funziona e ha senso di esistere solo se ci sono vigne e si dà la possibilità e la dignità ai viticoltori di coltivarle al meglio tutelando paesaggi e colline oltre che il proprio reddito e la propria vita, cultura e tradizione vitivinicola» osservano Marasso e Mobrici.
Accanto all’apertura dei fondi per enoturismo anche anche ai Consorzi vitivinicoli, il Pacchetto Vino apre alla finanziabilità dei costi di estirpazione, attraverso piani strategici, dei vigneti non remunerativi. Uno strumento delicato, ma ritenuto necessario per riequilibrare il potenziale produttivo, evitando surplus strutturali che penalizzano il reddito dei viticoltori e l’immagine delle denominazioni. «Una scelta che va ragionata e che ora almeno offre tutele per i viticoltori che potranno avere aiuti economici sulle spese sostenute per l’estirpazione che potrebbero arrivare fino al 100% applicando fondi europei e nazionali» commentano Filippo Mobrici e Massimo Marasso.
Non meno significativa sarà la possibilità di ricorrere alla distillazione di crisi, misura che non ha mancato di suscitare vivaci dibattiti, ma che con il Pacchetto Vino torna ad essere considerata (con fondi nazionali e risorse di crisi UE) in un’ottica di gestione responsabile delle eccedenze, soprattutto in fasi di contrazione dei consumi e di difficoltà sui mercati interni ed esteri.
In tema di “governance” il nuovo Pacchetto Vino riammette la pratica della raccomandazione del prezzo minimo delle uve destinate a vini a Denominazione da parte dei Consorzi di Tutela. Un aspetto che ricorda quella “Commissione Paritetica” che per anni determinò l’accordo per le uve moscato bianco e che poi fu sciolta per via delle leggi antitrust europee. Ora, con l’ammissione del “prezzo raccomandato” - che comunque potrà essere sospeso, modificato o annullato dalle Autorità nazionali di garanzia qualora ravvisassero problemi di concorrenza e di non obiettivi PAC (Politica Agricola Comune) - si cerca di porre un freno in più alla speculazione e tutelare i produttori di uva.
Sul fronte della promozione, il Pacchetto introduce un elemento di forte interesse: i fondi per la promozione dei vini potranno beneficiare sia di aiuti europei (fino al 60%) sia nazionali (fino al 30%), cumulabili tra loro - questa la novità -, aumentando in modo sostanziale la capacità di intervento dei Consorzi sui mercati strategici.
Un risultato che, come sottolinea Filippo Mobrici, «è il frutto di un lavoro lungo e costante anche dei rappresentanti piemontesi in senso al Consiglio nazionale di Federdoc. Questo Pacchetto Vino, infatti – aggiunge il vicepresidente nazionale –, raccoglie molte delle istanze che Federdoc, con il contributo mio e del collega Massimo Marasso, ha portato avanti negli anni con proposte e azioni concrete. Oggi abbiamo finalmente strumenti che permettono ai Consorzi di programmare, governare e intervenire in modo più efficace sulle criticità del settore».
Mobrici guarda però oltre l’orizzonte immediato: «Ora serve una visione condivisa. È fondamentale costruire una sinergia reale tra Consorzi, filiere produttive e politica per disegnare i prossimi dieci anni del vino italiano e piemontese».
Sulla stessa linea Massimo Marasso, consigliere nazionale di Federdoc, che evidenzia come il Pacchetto Vino debba essere considerato un punto di partenza e non di arrivo. «Abbiamo l’occasione – sottolinea – di mettere mano a una vera sistemazione strategica del vigneto Italia e del vigneto Piemonte, superando interventi frammentati e logiche emergenziali. Servono progetti strutturati, capaci di tenere insieme sostenibilità economica, ambientale e sociale».
Entrambi auspicano che questo percorso possa prendere forma attraverso una sorta di “Stati Generali del vino”, un momento di confronto ampio e inclusivo da cui far discendere iniziative concrete e coordinate. Un luogo di elaborazione collettiva, capace di trasformare le opportunità offerte dal Pacchetto Vino in politiche di lungo periodo.
In un contesto segnato da cambiamenti climatici, calo dei consumi e forte competizione internazionale, il Pacchetto Vino rappresenta dunque uno strumento decisivo. La sfida ora è tutta nella capacità del sistema vitivinicolo italiano (e piemontese) di fare squadra e di utilizzare queste nuove leve non solo per gestire le difficoltà attuali, ma per costruire un futuro più equilibrato, competitivo e consapevole.
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