A duecento anni dalla composizione de L’Infinito, Milano rende omaggio a Giacomo Leopardi con una mostra e un ciclo di incontri che raccontano l'importanza della città di Milano nel percorso leopardiano e le considerazioni del poeta sulla società e sul vivere nella grande città, attraverso un Fondo leopardiano conservato alla Biblioteca Sormani affiancato da un ricco apparato iconografico.
Giacomo Leopardi. Infinito Incanto, questo il titolo della mostra che sarà inaugurata venerdì 8 novembre presso la Sala del Grechetto di Palazzo Sormani, sede della Biblioteca, e che sarà visitabile dal 9 novembre 2019 all’8 febbraio 2020. L'L’esposizione vuole celebrare Giacomo Leopardi e L’Infinito, una delle opere poetiche più alte della letteratura di tutti i tempi, che proprio a Milano trovò la sua prima veste tipografica sulla rivista Il Nuovo Ricoglitore, edita da Antonio Fortunato Stella.
Curata da William Spaggiari, professore ordinario di Letteratura italiana dell’Università degli Studi di Milano, l’iniziativa offre l’occasione per promuovere e valorizzare un importante corpus di documenti, alcuni rari e mai esposti prima, di eterogenea provenienza posseduti dalla Biblioteca Sormani, noto come “Fondo Leopardiano”, comprendente trascrizioni manoscritte, edizioni originali a stampa di opere del poeta recanatese e la saggistica più autorevole uscita nell’arco di due secoli.
Attraverso l’analisi delle riflessioni di Giacomo Leopardi sui grandi centri urbani italiani presso cui ha soggiornato dopo l’abbandono del borgo natio, la mostra intende focalizzare l’attenzione sul significato della città nell’esperienza poetica e filosofica leopardiana, come spiega nella sua introduzione il curatore William Spaggiari: « In quegli stessi anni Leopardi affidava all’opera letteraria in verso e in prosa, ai carteggi con i familiari e gli amici, alle pagine segrete dello “Zibaldone” le riflessioni sulla fisionomia e i caratteri del cittadino civilmente consapevole, sulla “forma” reale (perché verificata nei fatti) degli agglomerati cittadini, o su ciò che questi ultimi avrebbero dovuto essere».
"Queste fabbriche immense, e queste strade per conseguenza interminabili, sono tanti spazi gittati tra gli uomini, invece che spazi che contengano uomini"
Lettera a Paolina Leopardi, Roma 3 dicembre 1822
Come è noto Giacomo Leopardi verso i 20 anni sentì il bisogno di lasciare Recanati, ormai vissuta come prigione, per poter frequentare gli ambienti culturali più prestigiosi del suo tempo, presso i quali il suo nome già circolava. Milano, Bologna, Firenze, Pisa, Roma e Napoli accolsero il grande poeta e furono scenario di importanti incontri nonché fonte di ispirazione della sua produzione letterario-filosofica,
"Io vivo qui segregato dal commercio, non solo dei letterati, ma degli uomini, in una città dove chi sa leggere è un uomo raro, in un verissimo sepolcro"
Come è noto Giacomo Leopardi verso i 20 anni sentì il bisogno di lasciare Recanati, ormai vissuta come prigione, per poter frequentare gli ambienti culturali più prestigiosi del suo tempo, presso i quali il suo nome già circolava. Milano, Bologna, Firenze, Pisa, Roma e Napoli accolsero il grande poeta e furono scenario di importanti incontri nonché fonte di ispirazione della sua produzione letterario-filosofica,
"Io vivo qui segregato dal commercio, non solo dei letterati, ma degli uomini, in una città dove chi sa leggere è un uomo raro, in un verissimo sepolcro"
Lettera a Giampietro Vieusseux. Recanati 2 febbraio 1824
L’impatto con la vita di città, tuttavia, si rivelò per il poeta molto difficoltoso per i noti problemi di salute, per il suo scarso spirito di adattamento e per il carattere, incline alla solitudine e allo studio e insofferente della vita di società. L’epistolario contiene una nutrita serie di considerazioni critiche sull’esperienza cittadina, spesso rapportata al ricordo del natio borgo selvaggio
Io sono naturalmente inclinato alla vita solitaria. Contuttociò non posso negare ch'io non desideri una vita distratta, avendo veduto per esperienza che nella solitudine io rodo e divoro me stesso. Ma fuor di ciò, qualunque soggiorno m'è indifferentissimo, e quello della mia famiglia, che non mi può essere indifferente, mi sarà sempre carissimo.
Lettera a Monaldo Leopardi, Roma 16 aprile 1823
L’impatto con la vita di città, tuttavia, si rivelò per il poeta molto difficoltoso per i noti problemi di salute, per il suo scarso spirito di adattamento e per il carattere, incline alla solitudine e allo studio e insofferente della vita di società. L’epistolario contiene una nutrita serie di considerazioni critiche sull’esperienza cittadina, spesso rapportata al ricordo del natio borgo selvaggio
Io sono naturalmente inclinato alla vita solitaria. Contuttociò non posso negare ch'io non desideri una vita distratta, avendo veduto per esperienza che nella solitudine io rodo e divoro me stesso. Ma fuor di ciò, qualunque soggiorno m'è indifferentissimo, e quello della mia famiglia, che non mi può essere indifferente, mi sarà sempre carissimo.
Lettera a Monaldo Leopardi, Roma 16 aprile 1823
Milano, in particolare, è oggetto di un giudizio ambivalente da parte dal poeta: da un lato risulta bersaglio di critiche severe che investono addirittura le abitudini alimentari degli abitanti, ma dall’altro è considerata meta ideale per poter realizzare il sogno di gloria letteraria tramite la stampa e la diffusione dei suoi scritti nei circuiti di alto livello culturale. E in effetti, grazie al rapporto con l’editore Antonio Fortunato Stella, il capoluogo lombardo si rivelerà fondamentale per la pubblicazione e la divulgazione delle sue opere in vita.
"Io vivo qui poco volentieri e per lo più in casa, perché Milano è veramente insociale, e non avendo affari, e non volendo darsi alla pura galanteria, non vi si può fare altra vita che quella del letterato solitario"
Lettera a Carlo Antici, Milano 20 agosto 1825
"…Io sto bene, quantunque l'aria, i cibi e le bevande di Milano sieno il rovescio di quello che mi bisognerebbe, e forse le peggiori del mondo... Ma nè Milano nè una casa d'altri sono soggiorni buoni per me."
Lettera a Monaldo Leopardi, Milano 24 agosto 1825
E proprio partendo dall’analisi dell’esperienza milanese, la mostra intende ricomporre la trama delle considerazioni del poeta sulla società e sul vivere nella grande città per ricondurla all’interno del complesso e infinito incanto del pensiero leopardiano. «La mostra consente di ripercorrere i momenti del breve, ma fondamentale rapporto di Leopardi con Milano..» - continua Spaggiari - «Se pure questa esperienza nella capitale del Regno Lombardo-Veneto si rivelò deludente per molti aspetti (basti per tutti l’incontro difficile con una delle figure egemoni della cultura del tempo come Vincenzo Monti), Leopardi fu allora a contatto con un centro editoriale di livello europeo, al quale già in passato si era rivolto con la certezza di avere a che fare con interlocutori competenti e fidati; e così sarebbe stato anche in seguito, tant’è che a Milano videro la luce molte sue opere (articoli, traduzioni, le “Operette morali”, la doppia “Crestomazia”, le “Rime” di Petrarca con ampio commento)».
E proprio partendo dall’analisi dell’esperienza milanese, la mostra intende ricomporre la trama delle considerazioni del poeta sulla società e sul vivere nella grande città per ricondurla all’interno del complesso e infinito incanto del pensiero leopardiano. «La mostra consente di ripercorrere i momenti del breve, ma fondamentale rapporto di Leopardi con Milano..» - continua Spaggiari - «Se pure questa esperienza nella capitale del Regno Lombardo-Veneto si rivelò deludente per molti aspetti (basti per tutti l’incontro difficile con una delle figure egemoni della cultura del tempo come Vincenzo Monti), Leopardi fu allora a contatto con un centro editoriale di livello europeo, al quale già in passato si era rivolto con la certezza di avere a che fare con interlocutori competenti e fidati; e così sarebbe stato anche in seguito, tant’è che a Milano videro la luce molte sue opere (articoli, traduzioni, le “Operette morali”, la doppia “Crestomazia”, le “Rime” di Petrarca con ampio commento)».
È così che Milano, “città leopardiana”, che ha lasciato una traccia profonda nella divulgazione delle opere del recanatese nel resto d’Italia, celebra uno di suoi ospiti illustri che, con Stendhal, Byron, Shelley, Balzac, Listz e molti altri, ha illuminato del suo pensiero l’ambiente vivace della “capitale morale” di primo Ottocento, pronta ad accogliere e a far propri i fermenti portati dal vento innovatore che spirava in Europa.
Il percorso espositivo è composto da edizioni a stampa e da manoscritti dalle raccolte della Biblioteca, da lettere autografe di Giacomo Leopardi all’editore Antonio Fortunato Stella provenienti dalla Biblioteca Nazionale Braidense, da una lettera di Pietro Brighenti, corrispondente bolognese del poeta e confidente segreto della Polizia Austriaca con il nome in codice di Luigi Morandini, proveniente dall’Archivio di Stato di Milano, nonché da un ricco apparato iconografico costituito da dipinti e da stampe che ritraggono luoghi, personaggi e momenti della Milano ottocentesca, provenienti dalla Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli” del Castello Sforzesco, dalle Civiche Raccolte Storiche Palazzo Morando Costume Moda Immagine e Palazzo Moriggia Museo del Risorgimento e dalla Casa del Manzoni.
Una sezione della mostra, curata dall’Associazione Culturale Biblioteca Famiglia Meneghina Società del Giardino, propone una serie di traduzioni in milanese de L’Infinito realizzata da “I Poeti della Meneghina”. Un omaggio al “sommo poeta” tributato dai custodi delle tradizioni culturali della città.
Il 22 novembre alle ore 17,30 nella sala del Grechetto prenderà il via una rassegna di incontri volti ad approfondire i temi della mostra e a delineare il quadro più ampio entro cui si colloca l’esperienza biografica e poetica di Giacomo Leopardi.
Il percorso espositivo è composto da edizioni a stampa e da manoscritti dalle raccolte della Biblioteca, da lettere autografe di Giacomo Leopardi all’editore Antonio Fortunato Stella provenienti dalla Biblioteca Nazionale Braidense, da una lettera di Pietro Brighenti, corrispondente bolognese del poeta e confidente segreto della Polizia Austriaca con il nome in codice di Luigi Morandini, proveniente dall’Archivio di Stato di Milano, nonché da un ricco apparato iconografico costituito da dipinti e da stampe che ritraggono luoghi, personaggi e momenti della Milano ottocentesca, provenienti dalla Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli” del Castello Sforzesco, dalle Civiche Raccolte Storiche Palazzo Morando Costume Moda Immagine e Palazzo Moriggia Museo del Risorgimento e dalla Casa del Manzoni.
Una sezione della mostra, curata dall’Associazione Culturale Biblioteca Famiglia Meneghina Società del Giardino, propone una serie di traduzioni in milanese de L’Infinito realizzata da “I Poeti della Meneghina”. Un omaggio al “sommo poeta” tributato dai custodi delle tradizioni culturali della città.
Il 22 novembre alle ore 17,30 nella sala del Grechetto prenderà il via una rassegna di incontri volti ad approfondire i temi della mostra e a delineare il quadro più ampio entro cui si colloca l’esperienza biografica e poetica di Giacomo Leopardi.
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