mercoledì 21 ottobre 2020

Memorie e campane tra i profumi dell’olio

 





Mi è successo. Si, è capitato che qualcuno mi abbia chiesto se quando scrivo ho in testa un determinato pubblico, io rispondo sempre di no, ma in realtà spero che siano tante le persone che attraverso le mie parole possano trarre spunto per un viaggio, una cena, un attimo di spensieratezza. E’ fondamentalmente per questo motivo che cerco sempre di offrire i lati positivi dei miei viaggi, raccontando quanto di buono e di bello il nostro paese possa proporre. Atmosfere, colori, profumi, sapori, sorrisi: null’altro.

Come oggi che vi racconto di quando arrivai sulla statale che collega Sava con Manduria in provincia di Taranto e presi alloggio presso Regia Domizia. E’ un posto molto bello con grandi spazi verdi, una bellissima piscina e tutti i requisiti per un piacevole soggiorno. Non cenai in hotel ma mi recai a Sava per gustare la buona pizza di Silvio Buttazzo. Membro dell’Accademia Nazionale Pizza Doc Silvio propone la vera pizza napoletana con delicate note pugliesi.

L’indomani tornai a Sava per visitare il Museo dell’Olio. E’ un luogo molto interessante allestito all’interno di un vecchio frantoio semi ipogeo. I frantoi ipogei fanno parte della storia salentina degli ultimi secoli, era infatti in queste strutture che veniva prodotto l’olio lampante che serviva per l’illuminazione pubblica delle più importanti città d’Europa. Il Museo è ricco di oggetti che testimoniano il duro lavoro degli uomini che per svariati mesi all’anno lavoravano giorno e notte in condizioni difficili tra umidità e fatica, alimentazione sommaria e duri sacrifici.

Dopo la visita al Museo accompagnato da un grande esperto della materia, il Prof Antonio Cavallo, raggiunsi Francavilla Fontana in provincia di Brindisi. Nel comprensorio della Città degli Imperiali (i principi che governarono per due secoli) feci subito tappa presso la Chiesa di Maria Santissima della Croce luogo di culto mariano dalla facciata barocca. Con molta probabilità la chiesa risale al XIV secolo e il suo interno è impreziosito da opere d’arte di notevole importanza. Di straordinaria bellezza è il coro settecentesco interamente dipinto. E’ invece della Basilica Minore del Santissimo la cupola più alta del Salento. A pochi passi di distanza dalla Basilica è situata la Chiesa di Sant’Alfonso Maria dè Liguori edificata dove un tempo sorgeva un’altra Chiesa del trecento dedicata a San Francesco. Sant’Alfonso è molto suggestiva e di particolare bellezza il suo interno.

Dopo i luoghi di culto una pausa me la regalai con i celebri confetti artigianali Riccio preparati con le mandorle e a ruota con la cucina di Zia Cinzia, una simpatica e gustosa trattoria di Sava che propone gustosi piatti della tradizione. Sempre a Sava nelle ore pomeridiane ebbi invece il piacere di degustare alcuni oli guidato dall’esperienza di un degustatore certificato: Antonio Mancino. Oli salentini e oli d’importazione per meglio comprendere l’alta qualità del prodotto locale. Per cena qualche piatto più ricercato presso il ristorante La Siesta.

A pochi chilometri da regia Domizia c’è il Santuario di Pasano. Vi andai con piacere per incontrare la leggenda dello schiavo turco convertito al cristianesimo dopo un miracolo. La leggenda narra che un masso caduto dal cielo spezzò le catene all’uomo che in segno di ringraziamento abbracciò la fede cristiana. A tal proposito durante la stagione estiva nel centro di Sava si svolge una rievocazione storica dell’evento molto bella e coinvolgente. Se vi capiterà di andare al Santuario non perdetevi, oltre all'opere d’arte a sfondo religioso una fantastica opera della natura: nel giardino sul retro dell’edificio potrete vedere un ulivo di ben 400 anni.

A cornice del Santuario trovai uliveti e muretti a secco tipici della zona ma dovetti ripartire presto per raggiungere San Marzano di San Giuseppe. In questo paese incontrai alcuni membri della comunità Arbëreshë ovvero quegli albanesi che secoli fa raggiunsero alcune zone dell’Italia meridionale. Anche loro mi accolsero con grande amicizia e mi invitarono a seguire di persona la rievocazione di un matrimonio in costume nella cornice preziosa della Chiesa di Santa Maria delle Grazie.

Per pranzo un ritorno a Sava dove al ristorante La Paranza gustai dei piatti a base di pesce davvero sopraffini. Fu invece nel comune di Oria che dopo una rilassante passeggiata tra le vie, le piazzette, i palazzi nobiliari e il castello, feci visita al bar Carone. Il bar è una sorta di museo che espone oggetti e reperti che risalgono ai primi decenni del 1900. Documenti, attrezzature da bar, bottiglie, confezioni e, in particolare testimonianze che ricordano la presenza degli americani durante la seconda guerra. Ma da buon goloso il mio interesse cadde sul tipico dolce chiamato Scarpetta. Un dolce semplice preparato con farina, uova, zucchero e la maestria della massaie oritane.

Nella seconda parte del pomeriggio feci tappa al Convento di San Francesco di Sava per godermi il meraviglioso Museo Missionario. E’ un Museo che vi consiglio di tutto cuore perché propone una ricchezza straordinaria di reperti di ogni genere e di ogni luogo in cui sono stati operativi nel tempo i missionari. Ampie sale con vetrine stracolme di storia: minerali, animali, indumenti, documenti, oggetti di vita quotidiana delle varie popolazioni, un susseguirsi di reperti che vi affascineranno. Occorre però avere tempo per osservare e comprendere, almeno in parte, tutto ciò che è esposto. Uova e ossa di animali preistorici, armi tribali, indumenti orientali, attrezzature per la ricerca scientifica, un vero tesoro che impreziosisce l’immenso lavoro missionario di un tempo e oggi la città di Sava.

E proprio le donne della Pro Loco di Sava furono, dopo la visita museale, le interpreti della mia cena casalinga: polpette di carne, chiocciole, verdure, fave, parmigiana, legumi, pucce salentine, dolci, il tutto annaffiato dal celebre vino Primitivo di Manduria.

Per il terzo giorno di viaggio scelsi un altro Museo di notevole importanza. Mi recai infatti a Taranto per visitare il MarTa: Museo Archeologico Nazionale con tanto di laboratorio. Al suo interno reperti che ripercorrono tutta la storia salentina, dalle popolazioni messapiche ai romani passando per i greci. Dal paleolitico al medioevo la vera storia dell’Italia meridionale. I preziosi ori di Taranto e la tomba dell’atleta sono solo due dei grandi tesori custoditi, da visitare assolutamente. Dal MarTa al Castello Aragonese oggi di proprietà della Marina Militare, con le sue mura e torri di difesa e le tracce delle varie trasformazioni avvenute nel tempo. E poi il famoso ponte girevole san Francesco di Paola inaugurato nel 1958, il monumento dedicato ai marinai delle forze navali e poco più in basso, sul lungo mare, le sirenette dell’artista Francesco Trani realizzate con un particolare cemento resistente all’acqua salata e posizionate sugli scogli.

Nel tornare verso Sava, come avrete capito la mia città di riferimento, mi soffermai a Torricella, due passi sulla spiaggia per ascoltare la voce del mare. Attimi di squisita intimità interiore e di riflessione prima del pranzo al Ristorante Angolo Verde.

Avevo ancora molto in programma per quel viaggio e fu così che mi recai ad Avetrana. Lo splendido Torrione del XIII – XIV secolo e la Chiesa Madre con i suoi bellissimi interni meritano già di per se una visita, ma il mio interesse principale fu un frantoio ipogeo posizionato proprio sotto il Torrione. Come ho già detto in questi frantoi si lavorava alacremente per produrre quell’olio che, venduto in mezza Europa, portava reddito. Erano strutture ricavate quasi sempre da vecchi insediamenti messapici o bizantini e riadattati con ingegno al bisogno. L’olio necessitava di una temperatura costante per non perdere la qualità che il mercato richiedeva. Ci lavoravano uomini giovani che alternavano i mesi sotto terra nel frantoio ai mesi estivi propizi per la pesca. Uomini forti ma anche bambini, come tutto fare, come pulitori delle cisterne di contenimento dell’olio. Un lavoro duro condito da sacrifici e restrizioni. Visitate il frantoio di Avetrana e tutto vi sarà chiaro e, perché no, lampante.

Arrivò l’ora di cena e scelsi il Vinilia Resort di Manduria e la cucina dello chef stellato Pietro Penna. Passai la notte e l’indomani raggiunsi Erchie per visitare la Chiesa di Santa Lucia e la sua fonte. La Santa, di origini siciliane le cui spoglie sono custodite a Venezia, è qui molto amata e venerata. Visitai la chiesa, la cripta e naturalmente, essendo un portatore di lenti, non esitai a sciacquarmi gli occhi con l’acqua della fonte.

Il mio lungo viaggio vide la fine nel comune di Manduria. Tappa di rigore alla Cantina dei Produttori per la pausa pranza e per un buon vino e poi visita alla città. Oltre ai luoghi di culto cristiani e ai palazzi non perdetevi il vicolo ebraico e la piccola Sinagoga. E’ una proprietà privata, motivo per cui bisogna prenotare per tempo la visita, ma merita assolutamente. In città c’è poi il Museo Civico ricco di documenti e cimeli che ricordano la seconda guerra e gli americani in Salento. Bisogna ricordare che a Manduria è ancora ben visibile l’aeroporto usato durante la guerra prima dalla nostra aviazione, poi da quella tedesca e infine dagli americani che lasciarono un segno indelebile, quel segno che potete ritrovare all’interno del Museo. Anche con le stelle e strisce di sfondo non persi la mia golosità e ne approfittai per finire il viaggio in dolcezza, prima con i mieli dell'apicoltura Alisi, ottimo quello di timo, e poi con il biscotto del soldato. Un biscotto energetico che le mamme e le mogli preparavano per mandare agli uomini al fronte. Fu un viaggio diverso dal solito, una miscela di cultura, sacralità e buoni sapori, ma soprattutto fu il viaggio della gentilezza, della cortesia, della disponibilità della gente salentina a farmi scoprire la propria terra anche in quegli anfratti meno rinomati ma altrettanto veri e importanti. Salento: dove la gente ti abbraccia.

 

                                                                                                                                   

                                                                                                                                                      

Fabrizio Salce

 


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