La mostra LA FRAGILE BELLEZZA Istoriato castellano fra XVII e XVIII secolo fino al 1 maggio 2022 alla Pinacoteca Civica di Teramo espone, insieme alle opere delle collezioni civiche, anche una selezione di pezzi della collezione Matricardi di Ascoli Piceno, giudicata recentemente da Timothy Wilson come la più importante raccolta privata di maiolica castellana. Allo scopo di far conoscere più da vicino la collezione e avvicinare il pubblico di non addetti ai lavori a questa tematica ancora troppo poco esplorata, permettendo loro di comprendere appieno l’importanza e la ricchezza di questa raccolta, in occasione della mostra sono in programma tre appuntamenti di approfondimento sui temi dell’esposizione.
Il 10 marzo 2022, Stefano Papetti, Docente di Museologia e Restauro presso l'Università degli Studi di Camerino, curatore scientifico delle Collezioni Comunali di Ascoli Piceno, presenterà il Quaderno n. 10 del Museo delle Ceramiche di Castelli, una raccolta di studi sulla maiolica e sull'arte castellana dei più autorevoli studiosi del settore in onore di Giovanni Giacomini, direttore per venti anni del museo di Castelli e studioso attento alla ricostruzione documentaria delle varie personalità che nella piccola località abruzzese hanno animato una vivace stagione artistica dal XVI al XVIII secolo. Mosso da una vivace passione per l'arte ceramica ereditata dal padre, Giacomini dopo aver svolto il ruolo di funzionario della Regione Lazio ha dedicato tutte le sue energie allo studio della maiolica di Castelli, riunendo insieme al fratello una collezione di pezzi rari che è oggi depositata presso il Museo della Ceramica.
Il 24 marzo 2022, l’Ing. Giuseppe Matricardi e il Maestro d’arte Marco Appicciafuoco accompagneranno il pubblico in un’interessante incursione nei laboratori dai quali sono usciti i più pregevoli manufatti realizzati a Castelli dal XVI al XVIII secolo, alla scoperta dei segreti tecnici che consentirono ai Pompei, ai Grue, ai Gentile di realizzare opere straordinarie, contese dai maggiori collezionisti europei del tempo. La lucentezza degli smalti, la qualità dei colori e le finiture in oro che rendevano unici i prodotti di Castelli erano ottenuti attraverso l'utilizzo di forni particolari, messi a punto grazie all'esperienza degli artisti abruzzesi.
Il 7 aprile 2022, Paolo Coen, studioso dei fenomeni legati al mercato dell'arte ed al collezionismo, docente presso l'Università di Teramo, rifletterà sul tema del collezionismo ceramico in relazione alla raccolta dell'ing. Giuseppe Matricardi, di cui la mostra in corso consente di ammirare alcuni importanti esemplari del raccoglitore ascolano.
LA MOSTRA
La Pinacoteca Civica di Teramo, dopo la riapertura nel 2018 e la successiva pubblicazione della relativa guida nel 2021, con la mostra La fragile bellezza Istoriato castellano fra XVII e XVIII secolo in corso fino al 1 maggio 2022, prima iniziativa espositiva allestita negli ambienti rinnovati, intende proseguire nell’opera di valorizzazione del patrimonio storico artistico cittadino, presentando al pubblico un significativo nucleo di maioliche castellane sei e settecentesche rimaste per lunghi decenni confinate nei depositi del museo civico.
Sono esposte le “fragili bellezze” uscite dai laboratori ceramici di Castelli in provincia di Teramo, che si sono imposti sulla scena internazionale grazie alla realizzazione di manufatti ceramici caratterizzati da soluzioni sperimentali ardite e dalla rielaborazione di immagini ricavate dalla pittura contemporanea, come i pezzi in mostra che si segnalano, nell’ambito della produzione italiana sei e settecentesca, per la qualità degli smalti ravvivati dall’applicazione dell’oro, per la accuratezza della resa pittorica e per la adesione ai repertori figurativi più aggiornati del tempo.
Si tratta di un insieme abbastanza omogeneo per epoca e per qualità che racconta per lo più lo stile e l’espressione artistica della più influente famiglia di maiolicari abruzzesi Grue e che comprende una targa devozionale raffigurante Sant’Antonio da Padova ascrivibile a Liborio Grue, una Sacra Famiglia di ispirazione cortonesca attribuibile a Candeloro Cappelletti ed una serie di piatti con paesaggi arcadici nello stile di Nicola Grue il Giovane, appartenente ad un ramo collaterale della famiglia.
Inoltre, al fine di contestualizzare meglio l’importanza e la notorietà internazionale acquisita nei primi decenni del XVIII secolo dai manufatti realizzati a Castelli, la mostra si avvale del contributo di alcune opere provenienti dalla collezione Matricardi di Ascoli Piceno.
Alle opere di proprietà comunale saranno così affiancati piatti e vasi realizzati da Carlo Antonio Grue, la cui figura ha assunto grazie agli studi di Fernando Filipponi una straordinaria rilevanza nell’ambito delle attività artistiche promosse dal pontefice Clemente XI e dei figli Aurelio Anselmo e Liborio, con l’intento di affrancare da una condizione di fenomeno locale quanto realizzato dai Grue, la cui produzione, grazie ai legami familiari con i Duchi d’Acquaviva e con gli Albani, si colloca invece in un contesto aperto alle più aggiornate istanze della cultura europea di matrice classicista ed arcadica che hanno consentito alle opere uscite dalle loro officine di essere contese dai più illuminati collezionisti del XVIII secolo.
In mostra questa vocazione a fare della maiolica un prodotto artistico di prima qualità è ben dimostrata da una serie di preziosi manufatti destinati ad importanti personalità dello scenario politico e culturale internazionale: è il caso dei quattro piatti con paesaggi arcadici che introducono episodi vetero e neo testamentari collocati sullo sfondo dipinti da Francesco Antonio Saverio Grue e racchiusi, al pari dei dipinti su tela, entro delle raffinate cornici settecentesche in legno intagliato e dorato che ne dichiarano la provenienza dalle collezioni reali sabaude, appartennero infatti ad un sofisticato estimatore dell’arte rococò come Umberto II. Anche la serie di mirabili piattini dipinti con scene pastorali attribuiti ad Aurelio Anselmo ed al fratello Liborio Grue che recano l’arme della famiglia Testa - Piccolomini o i grandi piatti con l’insegna araldica del cardinale Ruffo mostrano come nel Settecento i più importanti nomi dell’aristocrazia si avvalessero per l’arredo delle loro abitazioni di quanto dipinto a Castelli.
Già da tempo per questi preziosi oggetti si era persa la originaria funzione d’uso e li si considerava rarità da esporre nei cabinets de curiositès o da appendere alle pareti di raffinati ambienti per essere apprezzate da una schiera di eletti intenditori, ora con la mostra La fragile bellezza Istoriato castellano fra XVII e XVIII secolo si vuole ancora di più dimostrare come la perizia degli artisti della famiglia Grue fosse riuscita nella ardita sfida di trasformare una tecnica produttiva nata per la realizzazione di oggetti destinati all’uso domestico, in un vera e propria forma di espressione artistica
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