1 luglio - 24 settembre 2017
Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi
Palazzo Bisaccioni, Jesi (AN)
La
Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, nella sede del rinascimentale
Palazzo Bisaccioni nel centro storico di Jesi, continua la sua attività
espositiva e, dopo le mostre degli ultimi due anni dedicate ad Osvaldo
Licini, alla Scuola Romana e al Futurismo, presenta l’esposizione La densità del vuoto. Gli anni ’70 dell’Arte, dedicata a quel decennio che ha cambiato radicalmente il modo di concepire l’arte in Italia e non solo.
La mostra, organizzata in collaborazione con la Galleria d’Arte Gino Monti di Ancona, vuole dare uno spaccato di quelli che sono stati gli anni ’70 nel mondo dell’arte,
analizzando il fenomeno dell’arte concettuale attraverso gli artisti
che ne hanno fatto parte - dai protagonisti storici del concettuale
negli Stati Uniti quali Joseph Kosuth e Sol Lewitt e in Italia come Alighiero Boetti e Gino De Dominicis, agli esponenti dell’Arte Povera da Kounellis a Pistoletto
a Zorio, fino ad arrivare ad Ontani – con la volontà di rendere lo
straordinario fermento di ricerca che ha percorso quegli anni.
Una
mostra corale che racconta le sfaccettature, le similitudini e le
differenze di molti degli artisti che lavorarono a cavallo degli anni
Sessanta e Settanta, con l’obiettivo di ricostruire l’intenso scenario
artistico e culturale che animò quel periodo, tra figure di spicco,
outsider, personalità più isolate ma non per questo meno innovative, le
loro relazioni intellettuali e di amicizia, che portarono la scena
artistica italiana, per la prima volta dopo molto decenni, a conquistare
la ribalta internazionale.
Basti citare la mostra del 1969 alla Kunsthalle di Berna When Attitudes Become Form
in cui l’opera di Boetti Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio
1969 è allestista sul pavimento insieme alle opere di Bruce Nauman e
Barry Flanagan, Jannis Kounellis espone i suoi sacchi di grano sulle
scale e Mario Merz il suo Igloo con Albero. Solo qualche mese
prima Giovanni Anselmo e Gilberto Zorio partecipano ad una mostra al di
là dell’Oceano presso la Galleria di Leo Castelli a New York insieme ai
loro colleghi americani.
Questi
artisti stavano reiventando il linguaggio delle arti visive senza
schematismi, definizioni o preconcetti, utilizzando con disinvoltura
differenti tipi di tecniche e materiali, superando i tradizionali mezzi
espressivi e privilegiando il processo mentale che precede l’esecuzione,
nel quale l’opera è già compiuta.
Il
titolo e concept della mostra ‘La densità del vuoto’ può essere
riassunto nelle parole di Germano Celant che, in una recente intervista
per La Repubblica, afferma: "‘Arte Povera’ è un'espressione così
ampia da non significare nulla. Non definisce un linguaggio pittorico,
ma un'attitudine. La possibilità di usare tutto quello che hai in natura
e nel mondo animale. Non c'è una definizione iconografica dell'Arte
Povera".
L’arte concettuale ha indagato l’essenza delle cose e le relazioni tra esse ed è stata sinonimo di libertà e sperimentazione, partendo dalla demistificazione di tutte le pratiche rappresentative.
In
mostra a Jesi i rappresentanti dell’Arte Povera - Anselmo, Kounellis,
Zorio, Pistoletto, Boetti, Calzolari solo per citarne alcuni – che
sfuggono ad una definizione stringente, affrontando poetiche diverse e
personali, accomunate però da una tendenza essenzialmente concettuale,
che mette in atto il processo della riduzione: dal monocromatismo di
Castellani, agli acciai di Pistoletto che non riflettono altro che la
realtà circostante, a Jannis Kounellis e Gilberto Zorio che auspicano
attraverso la creazione artistica un incontro tra natura e cultura nella
coscienza dell'uomo.
Giulio
Paolini, caso unico nel panorama concettuale, propone una continua
meditazione dell'arte sull'arte basata sul sistema delle immagini e più
precisamente della visione. E ancora Enrico Prini un vero e proprio
outsider, personaggio schivo e riservato, che ha lavorato confrontando
le regole della fisica e la singolarità̀ della visione.
A fianco a Sol Lewitt e Joseph Kosuth – di cui sarà esposto un frammento dalla celebre installazione pubblica Text/Context
(1977‐1979) – ci sarà anche Joseph Beuys, altra figura chiave per cui
l’arte diviene il mezzo per plasmare la realtà e l’artista è tutt’uno
con la sua opera, volendo generare consapevolezza critica nel pubblico e
suscitare in ognuno una personale percezione del valore dell’arte.
Presenti nel percorso espositivo artisti marchigiani – di natali o di elezione - a confermare una delle mission principali della Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi,
ossia la valorizzazione e promozione del territorio. Partendo da Gino
De Dominicis, nato ad Ancona nel 1947, e Eliseo Mattiacci, originario di
Cagli, c’è Ubaldo Bartolini artista maceratese che sposa l’arte
concettuale nella sua prima produzione e Claudio Cintoli trasferitosi
nella prima infanzia a Recanati, città in cui tornerà sempre, fino ad
arrivare a Pierpaolo Calzolari che vive e lavora tra Fossombrone e
Lisbona.
In mostra opere di
Getulio Alviani, Pierpaolo Calzolari, Mario Ceroli, Michelangelo
Pistoletto, Ben Vautier, Mimmo Rotella, Umilio Prini, Daniel Bauren,
Joseph Kosuth, Gino De Domicinis, Claudio Cintoli, Ubaldo Bartolini,
Joseph Beuys, Vettor Pisani, Alighiero Boetti, Enrico Castellani, Ettore
Spalletti, Gilberto Zorio, Jannis kuonellis, Sol Lewitt, Hidetoshi
Nagasawa, Luigi Ontani, Anselmo, Claudio Parmiggiani, Giulio Paolini,
Eliseo Mattiacci.
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