Una mostra che celebra il linguaggio libero, aggressivo, massivo e irriverente del graffiti writing newyorkese portando al pubblico più di 40 opere di una collezione inedita e tra le più complete al mondo
18 luglio - 25 ottobre 2025
Foro Boario |
Oristano, 21 luglio 2025. In occasione della XXVII edizione del DROMOS FESTIVAL, la mostra HOPE AROUND. New York Graffiti, a cura di Fabiola Naldi, dal 18 luglio al 25 ottobre 2025 porta al Foro Boario di Oristano i protagonisti del graffiti writing newyorkese degli anni Settanta e offre uno sguardo unico su un periodo complesso e di grande fermento culturale e artistico. Negli anni '70 e '80 i graffiti si sono imposti come espressione indipendente di ribellione e speranza: in un contesto urbano spesso percepito come ostile, i kids di New York hanno invaso le strade e le metropolitane come spazi attivi e ricettivi, giungendo a una riappropriazione e riconfigurazione dei luoghi al di là dell'affermazione di una singola identità. La natura indiscutibilmente "vandalica" dei graffiti resta a distanza di oltre cinquant'anni, ma lo scarto temporale può condurre a una riflessione profonda sulla scelta dei singoli protagonisti di trasferire la propria pratica dagli spazi urbani non autorizzati a contesti artistici più istituzionali. Questa transizione solleva interrogativi fondamentali sulla natura dell'arte, sull'autenticità dell'espressione e sul significato stesso di "vandalismo" in un'epoca in cui il graffiti writing è accettato come una forma d'arte a tutti gli effetti.
Come afferma la curatrice Fabiola Naldi, docente e storica dell'arte che da anni studia e valorizza il movimento, «Gli artisti in mostra hanno contribuito in modo significativo alla definizione del graffiti writing come fenomeno espressivo e di comunicazione visiva, influenzando generazioni di writer e appassionati in tutto il mondo e portando il grado stilistico dell'intera disciplina a una sofisticazione espressiva mai vista».
Questo passaggio ha dato luogo a una serie di considerazioni sulla natura del fenomeno, sull'originalità degli intenti e sul significato del concetto di autonomia rispetto alla creazione artistica. Con la decisione di operare anche sulla tela e su altri supporti convenzionali, molti autori hanno fatto un passo verso una maggiore visibilità, tentando un riconoscimento all'interno del mondo dell'arte. Questa transizione, nelle parole di molti interpreti di quella generazione, non deve essere vista come una rinuncia alla loro libertà di espressione originale, piuttosto come uno dei possibili tentativi di evoluzione del linguaggio.
Un altro aspetto paradossale è la questione dell'autenticità. L'arte di strada nasce spesso come forma di espressione autentica, non filtrata da convenzioni estetiche o commerciali. Tuttavia, quando queste opere vengono trasferite in un contesto mercantile o museale, sorgono interrogativi sull'originarietà delle pratiche, sulla "resistenza" di processi spontanei e sulla capacità di mantenere il messaggio all'interno di contesti in bilico tra libertà e riconoscimento, tra identità e commercializzazione.
Al centro della mostra più di 40 grandi opere su tela realizzate dai protagonisti del graffiti writing newyorkese e raccolte con straordinario intuito nella collezione personale di Pietro Molinas Balata, considerata tra le più complete raccolte esistenti dedicata alla prima generazione di writer newyorkesi, rimasta fino ad oggi completamente inedita. Un corpus eccezionale che documenta l’Old School di New York, arricchito da tre scatti fotografici di Martha Cooper, Robert Herman e Sophie Bramly dedicati rispettivamente a Keith Haring, Jean-Michel Basquiat e Dondi White.
La collezione in mostra è importante non solo per la completezza ma anche per l’importanza dei singoli pezzi: è un tassello fondamentale per l'inquadramento storico artistico del movimento, restituendone un ritratto autentico e vivido nel suo periodo eroico e pioneristico. Due delle tele esposte a Oristano, realizzate da Delta 2 e Ero, per esempio, sono testimonianza di un evento abbastanza unico che nacque in seno alla mostra della Alinovi e provengono dall’intensiva sessione di writing promossa da alcuni tra i principali writers in mostra, come Rammelzee, Phase 2, Delta 2 e Ero, per omaggiare la curatrice scomparsa. Tra le opere esposte troviamo infatti Rammellzee, recentemente celebrato da una retrospettiva al Palais de Tokyo di Parigi, una tela di A ONE, uno dei pochi con Rammelzee invitato all’edizione 1984 della Biennale di Venezia, un’opera di grandi dimensioni di COCO 144, uno dei padri dello stile newyorkese e una rara tela di Phase 2, figura di primo piano per la nascita e lo sviluppo dell'Aerosol Art. E ancora Futura 2000, tra gli artisti più attivi con collaborazioni con marchi come Nike, Levi's, Vans, Hennessey, Medicom Toys, Fab 5 Freddy e Lee, nomi di primo piano dell'Hip Hop, il primo presente con un'opera esposta alla seminale mostra del 1979 alla Galleria Medusa di Roma, Crash e Daze, nomi legati alle prime mostre realizzate sul fenomeno e recentemente alla serie di Netflix The Get Down. Infine, Toxic e Kool Koor, ancora in attività, artisti riconosciuti su scala internazionale, la Tats Cru e How & Nosm testimonianza di continuità ed evoluzione degli stili.
Il sottotitolo "New York Graffiti" trova inoltre una sua speciale connessione con Arte di frontiera. New York Graffiti, un'esposizione storica inaugurata nel 1984 alla Galleria d'Arte Moderna di Bologna grazie all’avanguardistica intuizione di Francesca Alinovi, ricercatrice e storica dell'arte tra le prime a riconoscere il valore culturale e artistico di questo tipo di produzione. HOPE AROUND. New York Graffiti celebra quel linguaggio libero, aggressivo, massivo e irriverente, dando voce a quegli autori che, come li definì la stessa Alinovi, «sono simultaneamente "penne nere e visi pallidi", e sono i nuovi kids di New York: ragazzacci dall'aria sbeffeggiante e gentile, che insozzano di segni e graffiti la città ma si presentano in bella mostra anche nelle gallerie». "Arte di frontiera” ha inquadrato questo preciso approccio come strumento di espressione sociale e culturale, permettendo al graffiti writing di emergere come una voce autentica e indomita a livello globale.
Oggi, a distanza di mezzo secolo, continuiamo a onorare quella tradizione, riflettendo sulla progressione e sull'evoluzione stilistica di una pratica ancora attiva e florida, che si attesta come una delle forme di comunicazione visiva tra le più influenti della seconda metà del Novecento. |
Nessun commento:
Posta un commento