Il Labirinto della Masone per l’autunno 2025 presenta la mostra Knock Knock Knock. Guardiani di ferro dalla collezione Cesati a cura di Alessandro Cesati e Fondazione Franco Maria Ricci. Dal 14 settembre 2025 e al 6 gennaio 2026, i visitatori saranno guidati alla scoperta di una collezione unica al mondo di picchiotti da porta, più comunemente conosciuti come battenti o batacchi.
A dialogare con i manufatti esposti saranno le immagini di porte ritratte dal fotografo Massimo Listri, a rafforzare l’idea che lega i battenti antichi al concetto di limite, passaggio o confine.
Una inedita “camera delle meraviglie”, carica di suggestioni e significati. Attraverso i testi di Stefano Salis – che accompagnano la mostra – si esplorerà il tema del “varco fisico” e “varco simbolico”: tema più che mai pertinente nel mondo di oggi, e allo scoccare dei 10 anni dall’apertura del Labirinto della Masone, esso stesso emblema di un continuo attraversamento tra interiorità e mondo esterno. Per qualche mese queste opere, sospese tra arte decorativa e mistero, popoleranno le sale del Museo che ospita la collezione d’arte di Franco Maria Ricci, l’editore visionario conosciuto in tutto il mondo per il suo amore per l’insolito, il meraviglioso, l’enigmatico e i percorsi meno battuti della Storia dell’Arte.
Insieme alle serrature e alle chiavi, i “picchiotti” sono oggetti di estrema complessità esecutiva, in cui vengono raggiunti i più alti livelli estetici nell’ambito della lavorazione del ferro, materiale nobilitato grazie alla sorprendente abilità di artefici - quasi sempre ignoti - capaci di forgiare pezzi unici in cui perizia esecutiva, funzionalità e alto valore simbolico si uniscono per creare vere e proprie opere d’arte. Non per caso nell’ambito del collezionismo di oggetti in ferro, i battenti da porta occupano da sempre un ruolo significativo con presenze di rilievo nelle più importanti raccolte pubbliche e private, come il Museo Le Secq des Tournelles di Rouen, il Victoria & Albert Museum di Londra, le Civiche Raccolte d’arte del Museo del Castello di Milano, ma anche numerose collezioni private americane ed europee, fra cui la celebre collezione Mylius.
I picchiotti in mostra fanno parte della collezione Cesati: 65 esemplari tutti in ferro, prodotti principalmente in Italia e in Spagna, ma anche in Francia, Austria e Germania, in un arco temporale compreso fra il XIV ed il XVIII secolo, selezionati da una raccolta molto più ampia, frutto di una lenta e attenta ricerca condotta negli ultimi cinquant’anni.
Come hanno spiegato i collezionisti Fiorenzo ed Alessandro Cesati: "Rispetto alle classiche e ripetute versioni bronzee – dalle protomi leonine con l’anello in bocca comparse nel mondo antico sino agli spettacolari esemplari disegnati e realizzati dagli artisti veneziani del ‘500 – i picchiotti in ferro sono certamente meno noti - ma forse ancor più interessanti e rari proprio per la loro assoluta unicità”. I ‘battenti' in mostra diventeranno così protagonisti di un allestimento che metterà in risalto le loro singole virtù plastiche e artistiche e quindi l'importanza del loro ruolo 'visivo'. Considerando poi la loro natura di oggetti in relativo movimento, connesso alla loro manipolazione, la percezione e l'apprezzamento globale del singolo manufatto non potrà prescindere dal considerarne anche la dimensione ‘dinamica'.
Il criterio con cui sono stati scelti dunque è essenzialmente qualitativo ed il tratto distintivo che li accomuna è quello di essere tutti ‘figurati’. Dagli esemplari più ricchi in cui il picchiotto si presenta sotto forma di una figura animale modellata a tutto tondo, a quelli il cui il corpo ad anello, a lira o a martello è ingentilito da una protome animale, da una sembianza umana, da una semplice testa o anche da uno o più elementi vegetali.
Utilizzati singolarmente sulle porte delle case, erano considerati un bene di lusso in grado anche di apportare influssi benefici alle dimore e ai suoi abitanti. Infatti spesso i soggetti sono ricorrenti, come ad esempio draghi e serpenti, animali venerati in epoca pagana, come racconta Carlo Donà, Professore Ordinario di Filologia Romanza all’Università di Messina e autore di un saggio in catalogo: “L’idea che lo spirito della casa si incarni in un serpente non è solo latina. Gli esseri serpentini effettivamente effigiati nei picchiotti non rappresentano la serpe demoniaca del cristianesimo, ma il genio buono e provvidente di una tradizione ben più antica, una tradizione che il cristianesimo ha coperto e in parte cancellato, ma che non è riuscito ad estirpare: il picchiotto esprime, per dir così, l’anima stessa della Casa”.
Grazie all’allestimento a cura di Maddalena Casalis e Elisa Rizzardi i 65 picchiotti esposti in mostra diventeranno attori protagonisti nelle sale del Museo e saranno proposti nel loro momento ‘dinamico’ con l’intento di svelarne i lati più nascosti e di far rivivere la sottile e magica emozione di chi, col rapido gesto di bussare alla porta, afferrava il picchiotto scoprendone all’improvviso i dettagli più raffinati ed inattesi. Non solo, a dialogare con questi manufatti sarà il tema della soglia, del limite che solo il picchiotto poteva permettere di valicare, attraverso le immagini di porte, portoni e soglie scattate dal fotografo Massimo Listri. “La fotografia per me è uno strumento di esplorazione. Mi è successo di fotografare porte e varchi perché sono elementi rivelatori dei concetti – per me fondamentali – di spazio e di prospettiva. La soglia rappresenta anche il confine tra ciò che è visibile e ciò che è nascosto, come il tempo che scorre nei luoghi. Le porte suggeriscono un altrove, una transizione, un invito al silenzio e alla contemplazione. Attraverso questi elementi racconto l’architettura come esperienza mentale ed emotiva”.
In occasione della mostra sarà pubblicato un omonimo volume edito da Franco Maria Ricci con testi di Stefano Salis e Carlo Donà.
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