Con Guido Reni a Roma. Il Sacro e la Natura, a cura di Francesca Cappelletti, la Galleria Borghese inaugura, a più di trent’anni dall’ultima grande esposizione italiana, la prima di una serie di mostre internazionali dedicate al Maestro del Seicento italiano.
La mostra ruota attorno al ritrovato dipinto di Reni Danza campestre (1605 circa), che da un anno è tornato a fare parte della collezione del museo. La sua acquisizione è un tassello fondamentale per ricostruire i primi anni del soggiorno romani dell'artista. Appartenente alla collezione del cardinale Scipione Borghese, citato negli antichi inventari sin dall’inizio del Seicento, venduto nell’Ottocento, prima disperso, e poi ricomparso nel 2008 sul mercato antiquario londinese come anonimo bolognese, il quadro, dopo le opportune verifiche attributive, è stato riacquistato dalla Galleria nel 2020. Oltre a rappresentare un’importante integrazione storica del patrimonio del museo, la sua presenza nelle sale della pinacoteca accanto agli altri dipinti della collezione sottolinea la fondamentale importanza della committenza Borghese per Guido Reni e offre l’opportunità di riflettere sul rapporto del pittore con il soggetto campestre e la pittura di paesaggio, finora ritenuti “estranei” alla sua produzione.
Guido Reni a Roma. Il Sacro e la Natura attraverso l’esposizione di oltre 30 opere, prova a ricostruire – partendo dall’interesse di Reni per la pittura di paesaggio in rapporto ad altri pittori operanti a Roma nel primo Seicento – i primi anni del soggiorno romano dell’artista, il suo studio appassionato dell’antico e del Rinascimento, lo stordimento rispetto alla pittura di Caravaggio da lui conosciuto e frequentato, e i rapporti con i suoi committenti.
"La mostra, nata intorno al nostro nuovo dipinto, il numero 609 della raccolta, ricostruisce il primo soggiorno di Guido Reni a Roma: non possiamo definirlo un percorso di formazione giovanile perché il grande artista arriva a 26 anni, per curiosità e alla ricerca di nuove occasioni, ma sull'onda di una carriera brillante in patria. Era un pittore che già sapeva troppo, come pare avesse a dire di lui Annibale Carracci, e che a Roma resta un isolato di grande successo. Cosa gli ha dato questa città e cosa vi ha lasciato è la storia che vogliamo raccontare e di cui la mostra è solo il punto di partenza. Al catalogo si affiancherà un itinerario sui luoghi romani di Guido, perché il visitatore possa scoprire chiese e musei che conservano altre opere del nostro pittore e collegare la Galleria alla città, osservare gli affreschi, andare oltre gli anni del soggiorno romano, capire la fortuna critica dell'artista e le radici della leggendaria perfezione, che gli viene attribuita", commenta Francesca Cappelletti.
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