In
questo lungo periodo di attesa, come agenzia di comunicazione e
marketing, ci siamo spesso chiesti cosa aspettarci quando sarà passata
l’emergenza Covid-19.
Quale
saranno il profilo, le attese e le esigenze del nuovo viaggiatore e del
nuovo modo di viaggiare che stanno prendendo forma, in silenzio e,
forse, inconsapevolmente, in queste settimane.
Tutto sarà diverso. Nulla più come prima.
Dovranno
cambiare le strategie di comunicazione e di marketing che solo fino a
febbraio erano stati approvati e condivisi. Dovranno cambiare target,
obiettivi, tono di voce, aggettivi e prodotti.
Ci apprestiamo a svoltare pagina. No. Anzi. A chiudere un libro.
E ad aprirne un altro.
Come
agenzia di comunicazione e marketing, che da oltre 20 anni opera in
ambito turistico, non intendiamo lasciare nulla al caso.
E così abbiamo interpellato una voce illustre ma fuori dal coro e dal settore.
Il dottor Mauro Felletti, psicanalista e psicoterapeuta dell’adulto, dell’età evolutiva ed adolescenza, e della coppia.
Perché il cambiamento che avverrà domani, ha radici in questo oggi,
nelle ansie, nelle paure e nei dubbi che il nostro cervello sta
assimilando più o meno consciamente, andando a cambiare il nostro modo
di agire e scegliere.
Torino,
aprile 2020 – Rispondere alla domanda del titolo di questo documento
non è facile perché sono troppe le variabili che possono spostare la
risposta da una parte o dall’altra, rischiando di essere poco
attendibili o approssimativi. Noi di Open Mind Consulting abbiamo voluto
rivolgerla al Professor Felletti, nell’ambito di un lungo scambio di
opinioni la cui sintesi è quanto vi riportiamo qui di seguito, avvallata
e arricchita dalla nostra esperienza ventennale e da un costante e
profondo confronto con clienti di ogni angolo del mondo e colleghi.
Quanto
durerà questa epidemia? Quanti saranno i morti? Quando avremo trovato
una cura? Dove si estenderà l’epidemia e con quali numeri? Come ne
usciremo economicamente?
Quelle
appena elencate sono solo alcune delle variabili oggettive che andranno
a fare la differenza senza poi dimenticare che l’allentamento delle
misure di distanziamento sociale perdureranno a lungo anche quando
avremo zero contagi e, anche questo, andrà a pesare sulla libertà di
circolazione di tutti. E poi bisogna chiedersi ancora quando verrà
realmente ripristinato l’accordo di Shengen, che ci rende un unico
Paese. Quindi i problemi sono complessi ed investono molteplici aspetti
individuali ma anche economici e politici. Ed è qui che si inserisce
l’aspetto psicologico che ha un peso non indifferente e strettamente
correlato agli aspetti di cui sopra.
Se avremo la cura sarà uno scenario. Senza, un altro.
Per cui diventa difficile fare oggi
previsioni con tutte queste variabili sul tavolo. Ma, se usciamo da
questa ansia di sapere come fare concretamente e subito, e ci occupiamo
di capire, invece, come reagiremo a questa situazione, per noi del tutto
nuova e certamente destabilizzante, è facile intuire che torneremo a vivere e a rioccupare tutti gli spazi che oggi ci sono ristrettì e limitati perché insopprimibile è la necessità dell’UOMO ad andare oltre, a muoversi, anche vincendo le proprie paure.
Questo punto è molto importante ed è un punto su cui fondare delle scelte.
Su questo non ci sono dubbi. Dice Felletti: “abbiamo
dentro di noi spinte biologiche a questo comportamento, fondate su
meccanismi neurologici e psicologici propri dei mammiferi, che nelle
neuroscience vengono indicati come: “comportamenti di esplorazione” che, nei mammiferi, hanno a che fare con la sopravvivenza e, quindi è istinto naturale mentre, nell’uomo si trasformano in bisogno di sapere superando il naturale per farsi culturale. Noi siamo sospesi tra “nature” e “nurture”
(nutrimento) e questa pulsione, che raggiunge il massimo della sua
espressione nella nostra specie, nessuna epidemia, per quanto grave, può
arrestare”.
Per cui si rallenta in momenti come questo ma poi il passo appena può riprende spedito!
E
lo si intuisce dal movimento che perdura nonostante le restrizioni
imposte: non c’è multa, sanzione che può fermare quella vocazione di
sapere e di andare al di là. Non ci fermerà il Covid-19 come non ci ha
fermato la peste nel Medioevo ben più grave di questa epidemia.
Prosegue il dr. Felletti: “La
curiosità è innata nell’uomo e non si può spegnere. Niente può
riuscirci perché ha radici biologiche profonde: sono i meccanismi su cui
si fonda la vita e che crea quell’istinto epistemofilico (curiosità ed
istinto di conoscere) che ci porterà su Marte fra non molto tempo.
Questa è la natura dell’Homo Sapiens Sapiens che da questa esperienza
riemergerà cambiato”.
Saremo
più attenti all’ambiente di sicuro con una sensibilità e responsabilità
maggiore e una curiosità più profonda verso Gea. E anche questa in
fondo è un’indicazione pratica “su come fare domani”. Del resto, lo stesso Papa Francesco, in una delle sue omelie ha affermato: “non si può stare bene in una casa malata”.
Partendo
da questo presupposto, cambieranno radicalmente le esigenze dei
viaggiatori post pandemia. Se nell’immediato sarà l’incoming a
ripartire, seguendo il richiamo: “Io resto in Italia”, l’outgoing si
riprenderà più lentamente verso quelle destinazioni che sapranno garantire sicurezza sanitaria,
fermo restando che anche i nostri potenziali turisti incoming dovranno
considerare sicura e affidabile l’Italia dal punto di vista sanitario e
sociale. Perché saranno le mete estere considerate sicure
(sanitariamente) a riprendersi per prime e ad essere richieste da un
viaggiatore che domani cercherà Paesi e prodotti che gli assicureranno situazioni
NO-STRESS, poco affollate, ambienti sani, paesaggi intatti, pulizia,
correttezza, servizi efficienti ed organizzati, rispettosi
dell’ambiente. Un ricettivo adeguato, di conseguenza, alle nuove
esigenze. I beni di un Paese intesi come ambiente, ecosistema,
patrimonio culturale e artistico, di cui il turista vuole godere, e che
lo spingono a scegliere una meta piuttosto che un’altra, dovranno
trovare un armonioso riscontro nelle infrastrutture e nei servizi che
consentono al viaggiatore una fruizione/godimento piacevole di tali
beni. Un Paese piacevole per gli altri è un Paese bello e accogliente in
primis per chi ci vive. Quindi bisognerà lavorare con un obiettivo
preciso e ambizioso: quello di saper connotare e costruire prodotti (che
siano destinazioni o tour/soggiorni) in grado di raccontare e far
percepire al viaggiatore la precisa sensazione di SANA ACCOGLIENZA: territori, quindi, in cui sia chiara la percezione di un diffuso benessere economico, morale, sociale, culturale e ambientale. Territori SICURI, ricchi di bellezza e gioia di vivere.
Mete di cui nessun turista vorrà fare a meno o che potrà mancare di
visitare e raggiungere, per vivere esperienze che lo coinvolgeranno con e in tutti i sensi.
Da brand reputation a #lovereputation
Kevin
Roberts AD di Saatchi&Saatchi ha teorizzato che le destinazioni più
che attraverso un brand debbano essere identificate e percepite come un
lovemark. E potenzialmente l’Italia è un favoloso lovemark intesa come esperienza indimenticabile, unica, imperdibile e insostituibile.
Roberts scrive dell’Italia e più in generale, che: “Il lovemark è una sintesi che comunica unicità, intimità, sensualità e mistero. La “costruzione” del lovemark di una destinazione turistica implica quindi un approccio responsabile, etico e sostenibile e quindi un sentimento di vero amore nei confronti del territorio che si vuole promuovere, salvaguardandone i valori identitari”.
Ed
ecco che con il lovemark e love-reputation torniamo a chiudere il
cerchio: perché questi sentimenti di amore verso una destinazione, che
percepiamo come imperdibile e indimenticabile, ce li daranno quelle
situazioni di sana accoglienza di cui si faceva menzione sopra.
Quindi,
se non abbiamo certezze su quando il nostro settore ripartirà, su quali
saranno le conseguenze di questa pandemia e di che portata, certamente
più chiare sono le indicazioni su come possiamo iniziare a pianificare
la promozione di una destinazione, su quali fattori fare leva e su come
impostare la costruzione di nuovi prodotti turistici.
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MAURO FELLETTI
Laurea
in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Torino nel
1984. Specializzazione in Neuropsichiatria Infantile presso l’Università
degli Studi di Torino, Neurologia. Coordinatore dell’Area delle
Neuroscienze e della Psicologia dello Sviluppo presso il Cidimu.
Percorso professionale
Lavora
presso la Clinica neurologica dell’università di Torino negli anni ’90,
occupandosi di miastenia gravis in collaborazione con l’Istituto di
Anatomia Patologica, e di malattie demielinizzanti.
Aiuto
di Neurologia presso Casa di Cura “Città di Bra”, occupandosi di
Neurologia, Neuro-medicina e Psichiatria, divenendo esperto nelle
relazioni tra le malattie neurologico/psichiatriche e le loro
manifestazioni internistiche, realizzando la presa in carico olistica
del paziente.
È coordinatore del Centro di Neuropsicologia delle demenze e dei disturbi cognitivi del CIDIMU di Torino.
L’esperienza
maturata nel campo degli adulti, soprattutto in ambito psichiatrico ed
il progredire delle Neuroscienze, lo porta ad indagare le cause dei
disturbi osservati a cominciare dall’età evolutiva e fonda il Centro di
Neuropsichiatria Infantile presso il Cidimu, di cui è Referente.
È inoltre Psicanalista, Psicoterapeuta dell’adulto, dell’età evolutiva ed adolescenza, e della coppia.
Ha
conseguito il Diploma di Mediatore Civile, riconosciuto dal Ministero
di Grazia e Giustizia, presso il Centro Italiano di mediazione (Firera
& Liuzzo Group), Milano.
Iscritto all’Albo degli psicoterapeuti dell’Ordine dei Medici di Torino.
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