sabato 30 gennaio 2016

Dolci Tradizioni di Carnevale


 
“Semel in anno licet insanire”! (Una volta all’anno è lecito festeggiare). E’ un saggio consiglio che ci è stato tramandato dai nostri progenitori latini.
Quale migliore occasione, se non il Carnevale, per dare ascolto a chi di feste se ne intendeva veramente? Pensiamo all’antica Roma, quando, cioè, si festeggiava per giorni e giorni fino allo sfinimento.
Il Carnevale è senz’altro la festa più allegra dell’anno.
La più attesa dai bambini, la più trasgressiva per i più grandi
.Varie sono le tradizioni popolari di questo periodo dell’anno in gran parte dei Paesi del Mondo e in ciascuno di essi si rifanno a miti, a leggende, o a rituali pagani e religiosi.
Anche nel nostro Paese le manifestazioni “carnevalesche” imperversano colorando e risvegliando le vie di ogni città.
Inutile dire che anche a livello gastronomico si hanno in Italia innumerevoli tradizioni, che rispecchiano pienamente lo spirito di tale festa.
Ogni regione vanta ricette gastronomiche particolari e secolari, ma soprattutto nel “DOLCE” si nota una singolare voglia di evasione e di trasgressione; non a caso le ricette caratteristiche, seppur con varianti minime, vedono al primo posto i dolci fritti.
Un detto popolare recita che fritto è buono tutto, anche l’aria, ma è certamente lo zucchero caramellato e dorato dall’olio ad alta temperatura a trasformare anche il più semplice impasto in qualcosa di irresistibilmente stuzzicante e profumato.
Voglio proporvi, ora, alcune ricette di dolci di Carnevale rigorosamente fritti.
Dunque, mano alle padelle … e buon Carnevale a tutti.
CICERCHIATA E’ una specialità tipica del Centro- Italia (Abruzzo, Umbria, Marche, Lazio); tra l’altro, la presenza del miele indica che si tratta di una preparazione molto antica.
STRUFFOLI La risposta del Sud alla Cicerchiata è costituita dagli Struffoli Napoletani; all’apparenza il dolce sembra identico, ma le due ricette presentano numerose differenze. Inoltre, il dolce napoletano viene guarnito con “cannulilli” e “diavulilli” colorati, quasi a voler significare l’innata allegria e il folclore tipici di questo popolo, ai quali, in origine, erano att ribuite proprietà energetiche.
CHIACCHIERE Questa è forse la ricetta più semplice e la più “allegra” fra quelle dei dolci di Carnevale, ciò nonostante è quella di maggiore successo. Tanto è vero che la si ritrova in tutt’Italia, sebbene con nomi diversi: in Friuli si chiamano Grostoli, in Emilia Sfrappole, in Veneto Galani, nelle Marche Frappe, Cenci in Toscana, Chiacchiere in Campania. La variante, nelle varie ricette regionali, è costituita dal marsala, o dal vino bianco, o dall’acquavite, o dal liquore all’anice.
CASTAGNOLE Sono tipiche della gastronomia friulana durante il periodo di Carnevale. Gustose e morbide, sono adatte anche ai bambini.
TORTELLI O RAVIOLI DOLCI Sono cuscinetti di pasta ripieni di marmellata, di frutta secca, o, come nella ricetta che segue, di ricotta.
CAUSONE NAPOLETANO Di fattura simile ai tortelli, arriva dalla Campania il “Cauzone”, che però presenta una variante alla ricetta davvero singolare e forse un po’ PICCANTE: il pecorino.
GRAFFE KRAPFEN Questa ricetta, forse la più antica, di tali dolci austriaci, proviene dal libro di gastronomia dell’ARTUSI, di cui ho una copia del fine ‘800. Si sa che l’Artusi fa del cucinare e del mangiare una vera e propria arte, dispensando consigli raffinati e, allo stesso tempo, pratici. Dei Krapfen ci dà una ricetta “gentile”, come egli stesso la definisce, che qui di seguito vi riporto in immagine scansionata del libro sopra citato.
ZEPPOLE E’ un dolce che si ritrova nominato in antichi test, non solo di cucina, perfino in un “Privilegio”del Viceré di Napoli, Conte di Ripacorsa (siamo nella Napoli dell’800). Si narra che il giorno di San Giuseppe, che si festeggia il 19 Marzo, i friggitori napoletani si esibivano pubblicamente nell’arte del friggere le Zeppole davanti alla propria bottega, disponendovi tutto l’armamentario necessario. Si hanno varie ricette delle Zeppole. Ve ne propongo due diverse versioni: la prima senza ripieno e la seconda con ripieno di crema pasticciera.
ZEPPOLE SEMPLICI ZEPPOLE BIGNÈ Per concludere l’allegro carosello sui dolci tipici del Carnevale, vorrei, dulcis in fundo, terminare con una ricetta veramente originale e, appresso, con un aneddoto che ci provengono dalla città di Napoli.
LE ZEPPOLE DI IPPOLITO CAVALCANTI ( tratto da: Il grande libro della pasticceria Napoletana) Le “Zeppole” Di Ippolito Cavalcanti Miette ncoppa a lo ffuoco na cazzarola co meza carrafa d’acqua fresca, e no bicchieredevino janco, e quanno vide ch’accommenz’a fa lle campanelle, e sta p’ascì a bollere nce mine a poco a poco miezo ruotolo, o duje tierze de sciore fino, votanno sempe co lo laniaturo; e quanno1a pasta se scosta da tuorno a la cazzarola, allora è fatta, e la lieve mettennola ncoppa a lo tavolillo, co na sodonta d’uoglio; quanno è mezza fredda, che 1a può manià, la mine co lle mmane per farla schianà si pe caso nce fosse quacche pallottola de sciore: ne farraje tanta tortanelli come sono li zeppole, e le friarraje, o co l’uoglio, o co la nzogna, che veneno meglio, attiento che la tiella s’avesse da abbruscià; po co no spruoccolo appuntuto le pugnarraje pe farle squiglià, e farle veni vacante da dinto; l’accuonce dinto a lo piatto co zuccaro, e mele. Pe farle venì chiù tennere farraje la pasta na jurnata primma.
LE ZEPPOLE DEL DUCA Si era alla vigilia di S. Giuseppe del 1967, l’anno in cui era preside dell’Istituto Professionale Alberghiero di Stato di Napoli il prof. Francesco Bruniroccia, Franz per gli amici, uomo dotato di affascinante personalità. Colto, con evidente attitudine alle pubbliche relazioni, scrupoloso osservante delle regole di galateo dettate da Monsignor Della Casa, egli riversava nel suo ruolo di uomo di scuola l'impronta di tutte quelle doti naturali che facevano di lui un diploma-tico mancato. A far da specchio a queste note caratteriali c'era il temperamento brillante e sempre disponibile del prof. Bruniroccia, il quale, detto fra noi, si compiaceva a cogliere tutte le occasioni possibili per far sfoggio della sua cultura e della sua sensibilità di gentiluomo in un mondo ancora non preso d’assalto dai mass media. Appena insediato nella presidenza di quel nuovo tipo di scuola che lo vestiva a pennello per la sua particolare organizzazione e finalità, egli senti il dovere di approfondire la sua conoscenza con quell'Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino al quale la scuola era stata intitolata. Molte cose conobbe di quell’illustre gastronomo buontempone, nato nel 1787 e morto a Napoli nel l860.
Credette anche di scoprire delle affinità tra il Cavalcanti e quell'abile Ministro degli Esteri - considerato il più abile tra i ministri del suo tempo (tra la fine del 700 e i primi dell'800) - che fu Carlo Maurizio Talleyrand, diplomatico pieno di spirito d'iniziativa e di risorse, il quale si avvalse della gastronomia nei molti contatti importanti e difficili della sua vita di politico. La scoperta più sensazionale che fece il preside Bruniroccia fu che, in fondo in fondo, anch'egli somigliava un po’ all’uno e un po’ all’altro dei due grandi personaggi e gastronomi in questione. Fu così che s’innamorò di Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino e decise di onorarlo, facendolo conoscere bene anche agli allievi dell'istituto a cui non poteva essere toccato - e tutti se ne dovevano convincere -nome più felice.
Pertanto la scuola fu pervasa da un fervore di interessi sulla vita del personaggio e sulla pratica dei suoi consigli a tavola e delle sue ricette, anche di quelle non del tutto ortodosse. Fu appunto quest’ultimo particolare - ahinoi un po’ troppo azzardato - che fece correre all’appassionata crociata del Bruniroccia un brutto rischio.
Raccontiamo un episodio che pochi ancora, tra gli allievi e gli insegnanti di allora, ricordano. Si era, dunque, alla vigilia di San Giuseppe, in uno di quegli anni in cui al santo venivano ancora riconosciuti gli onori di una festività scolastica. Per iniziativa del preside era stata organizzata dall’istituto Alberghiero di Napoli e da quello di Capri, sede coordinata, una manifestazione da tenersi nella Piazzetta di Capri in quella giornata.
Baldacchino al centro della piazzetta, attrezzata con un banco-bar, un banco per impasto, un grosso fornello ed un padellone: questa la scenografia che, sotto l'insegna I.P.A.S., doveva consentire agli allievi barman ed a quelli del corso di cucina di offrire ai turisti ed ai cittadini di Capri, in quella tiepida giornata primaverile e in una pubblica esercitazione, cocktails e zeppole di S. Giuseppe.
Queste ultime preparate ovviamente nella più fedele osservanza della ricetta di Ippolito Cavalcanti.
Tutto era stato dovutamente propagandato e inviti ufficiali erano giunti sui tavoli di sindaci e assessori nonché sulle scrivanie dei direttori degli alberghi capresi, con preghiera di divulgare la notizia della manifestazione ai loro clienti. Così che, quando gli allievi furono già al loro posto di... combattimento (è proprio il caso di dirlo), la Piazzetta di Capri era già gremita di una variegata folla divertita e incuriosita dall’originale atto di promozione turistica.
Ci furono gustosi e ben guarniti cocktails per tutti e poi... zeppole ancora fumanti distribuite da altri allievi di sala e bar in perfetta divisa di commis. La distribuzione aveva soddisfatto appena La metà degli intervenuti quando cominciò, come una furiosa grandinata a ciel sereno, un primo lancio di zeppole contro il palco sul quale era il presidente Bruniroccia con i professori istruttori e gli allievi indaffarati nell’operazione di quelle ormai definite “le zeppole del Duca”.
Bastò il primo lancio per far giungere in breve tempo sui malcapitati rappresentanti dell'I.P.A:S. di Napoli e di Capri una vera gragnola di palline dure come sassi tanto da farli correre verso i più immediati e sicuri ripari. Ma... quelli che a prima prova d’urto sembravano sassi non erano altro che le famose zeppole preparate con fedeltà certosina secondo lei ricetta di Ippolito Cavalcanti Duca di Buonvicino. Così come aveva voluto il preside Franz Bruniroccia il quale, inspiegabilmente esultante ed eroicamente esposto ai tiri dolenti, cominciò ad arringare la folla.
Sapeva d'aver vinto. Nella dimostrazione data egli non voleva soddisfare il gusto dei palati di oggi, bensì intendeva portare a conoscenza il fine per cui Cavalcanti aveva ideato la ricetta.
La pasta doveva risultare dura per berci sopra l'ultimo bicchiere di buon vino da dessert e le zeppole per essere perfette dovevano assorbire, in proporzioni tanto vino quanto era la loro quantità ingerita alla fine di un pasto o di un festeggiamento. Nonostante il simpatico tafferuglio, il preside riuscì a spiegare tutto questo alla folla attenta dei forestieri e dei capresi.
La sue forbita disquisizione sul Cavalcanti fu quanto mai ampia e sottile e dette tempo al bravo chef Salvatore De Biase ed ai suoi allievi di riprendere a friggere le zeppole, ma questa volta, di quelle che noi conosciamo e apprezziamo per la lor deliziosa morbidezza. Partirono dal palco, riassestato in breve tempo, grandi vassoi di vere, fragranti zeppole di San Giuseppe, abbondantemente spolverate di zucchero. Scrosciarono gli applausi. Lo spirito culturale della manifestazione era stato colto in pieno e Bruniroccia vide, appagato, che la sue opera era stata coronata da successo.
 Buon Carnevale a tutti Brunella Cintioli

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