I piatti tipici romani : la gente
menziona sempre carbonara, (a)matriciana, trippa e agnello: quasi
nessuno menziona uno dei piatti tipici per eccellenza, forse perché
non lo conosce o forse perché se ci pensa gli fa senso. La coda alla
vaccinara, una vera e propria delizia per il palato specie anzi direi
soltanto in inverno, quando è freddo e allora ti riunisci intorno
alla tavola con amici e/o parenti e ti prepari per una maratona che
include vino rosso, tanto pane per fare la scarpetta e poca
attenzione alle formalità. La coda alla vaccinara non è the
ultimate dish della cucina romana ma è qualcosa che nella vita tutti
devono provare: se siete di Roma non potete non averla assaggiata
almeno una volta (anche per dire che non vi piace ovviamente) mentre
se non siete romani il consiglio è di metterla sulla vostra lista
dei desideri alla prima discesa in Capitale.
Si chiama coda alla vaccinara perché è
davvero la coda del bue la parte che viene cotta e chiaramente
essendo una parte quasi “di scarto” della carne il suo costo è
contenuto, il piatto è molto economico da preparare a casa ma come
ogni piatto povero della tradizione al ristorante te lo fanno pagare
l’ira di Dio facendo leva sul fatto che ci vuole parecchio per
prepararla.
La tradizione ne attribuisce l’origine
al quartiere Regola (settimo rione di Roma) e a me ogni volta vengono
in mente le parole di Livio Jannattoni, uno dei conoscitori più
acuti della cucina romana, secondo cui non tutti sanno fare una vera
coda alla vaccinara che spesso esce fuori solo come un pezzo di carne
lessato e non come dovrebbe propriamente venire, bella succulenta e
corposa.
La ricetta classica e tradizionale
prevede l’utilizzo di uvetta, pinoli e cacao e no, non sto
scherzando se vi dico che quando preparate la coda senza questi tre
ingredienti la differenza si sente; ovviamente si possono omettere ma
già che ci siamo e che dobbiamo perdere tempo perché non farlo per
bene?
Cosa serve per 6 pezzi di coda
1 coda di bue
1 sedano intero
1 cipolla
1 spicchio di aglio
lardo/guanciale q.b.
olio extra vergine q.b.
1 kg di pomodori a pezzi
2 bicchieri di vino bianco secco
4 chiodi di garofano
pinoli q.b.
uvetta q.b.
cacao amaro in polvere q.b.sale
pepe
acqua calda q.b.
Come si fa
1. Sciacquare la coda, asciugarla e
tagliarla a pezzi abbastanza grandi (i rocchi, come si chiamano in
dialetto )
2. In una pentola alta e grande
rosolare i pezzi di coda in un trito di lardo (o guanciale) e olio
xtravergine di oliva quindi, una volta rosolata, aggiungere la
cipolla sminuzzata, l’aglio intero, i chiodi di garofano, sale e
pepe. Lasciar asciugare l’acqua fuoriuscita dalla coda e, una volta
asciutta, sfumare con due bicchieri di vino bianco secco lasciando
cuocere per circa 15 minuti.
3. Versare nella pentola i pomodori a
pezzi, coprire con il coperchio e lasciar cuocere per un’ora
mescolando ogni tanto e aggiungendo acqua al bisogno. Lasciar cuocere
la carne per almeno 3 ore facendo sempre attenzione che la coda sia
sempre coperta di sugo e quindi di avere a portata di mano sempre
dell’acqua calda. La carne della coda deve quasi staccarsi
dall’osso e quindi potrebbero volerci anche più di 3 ore per avere
una coda praticamente stracotta in relazione all’età dell’animale.
4. A cottura quasi ultimata pulire e
lessare il sedano quindi preparare una salsa mettendo in una padella
antiaderente il sedano, qualche cucchiaio di sugo della coda, una
manciata di pinoli, una manciata di uvetta e un paio di cucchiai di
cacao amaro. Lasciar bollire la salsa per un paio di minuti.
5. Una volta terminata la cottura,
prendere la coda, impiattarla con parecchio sugo e aggiungere la
salsa preparata al punto 4 come “rifinitura”. Mangiare con le
mani e accompagnare con un bel po’ di pane fatto in casa e più di
un bicchiere di vino rosso!
Tempo di preparazione: tanto, ma ne
vale la pena
Risultato: non sembra di mangiare la
coda di un animale perché la carne si stacca facilmente dall’osso
e la goduria che si prova nel mangiare con le mani e senza farsi
tanti problemi è impagabile.
Consiglio: si puo’ preparare in
anticipo e riscaldare e se avanza dura almeno un altro paio di giorni
semplicemente “ravvivandola” con dell’acqua calda e/o poco
vino.
La cuochinasopraffina
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