“La danza delle olive che porta al sogno
felice del tuo sapore. L'Olio è vita.” Alcune settimane fa ho postato su di un
social questo pensiero. Mi è sorto spontaneo, pensando all’olio, ai secoli di
storia, agli antichi ulivi, alle tante varietà, ai diversi sapori e
all’importanza che ha avuto per gli uomini nel tempo. La pianta, simbolo di
pace per eccellenza e l’olio ingrediente fondamentale per la cucina e una dieta
equilibrata.
Le
sue origini traggono spunto dalla leggenda più recondita secondo cui tutto
nacque dalla Dea Pallade Atena, vergine Atena, colei che ha forza e coraggio,
saggezza e giustizia e amore per le arti, i mestieri e l’agricoltura. Ma il
mito si intreccia con altri Dei e svariate situazioni, racconti giunti ai
giorni nostri dagli scritti Greci e Romani.
Ma
se la leggenda è una supposizione fantastica la storia è altro, una storia
lunghissima che ha abbracciato uomini e donne di differenti culture, tradizioni
e religioni. L’olivo per la sua sacralità, per il suo legno e i suoi frutti dai
quali si ottiene una preziosa sostanza magica che arricchisce e da benessere a
chi la utilizza.
Noi
italiani siamo grandi consumatori di olio al punto che la produzione nazionale non
copre completamente il fabbisogno. L’olio extra vergine di oliva è un toccasana,
ha un alto valore nutrizionale in quanto alimento, così come alto è il valore
salutistico che sostiene il raggiungimento di benessere e salute. Aiuta nel
prevenire disturbi di vario genere e regala le sue specificità ai massimi
livelli in qualsiasi situazione.
Non
posso scrivere di storia o benessere, non sono uno storico e neanche un medico
e poi tantissimo è stato scritto, ma da attempato giornalista del settore e
attivo buongustaio, so bene quanto mi piaccia avere sempre in cucina un buon
olio extra vergine d’oliva. Mi piace a crudo e in cottura nelle molteplici
declinazioni ed è grazie al mio lavoro degli ultimi 25 anni se ho imparato ad
apprezzarlo, conoscerlo e godermelo.
Un
riferimento storico però è doveroso visto che vorrei concentrarmi su una Regione
italiana specifica e un cultivar in particolare. E’ risaputo che gli antichi
Greci furono fondamentali per lo sviluppo degli uliveti in Sicilia, la terra
posizionata nel mezzo del mare più importante di allora. Le Sicilia è stata il
principio, da dove poi la coltura ha iniziato il suo lento cammino verso altre
terre. Ma è anche stata la regione che ha custodito gelosamente le varietà più
tipiche, forse per le problematiche interne per gli spostamenti, o forse per un
attaccamento sviscerato dei suoi popoli. L’olio è Sicilia!
Impensabile
di immaginare i piatti della tradizione siciliana senza olio, una cucina di cui
nessuno ne conosce la nascita ma che avvolge e miscela tutti gli ingredienti:
mare e terra. Dalle arancine alla parmigiana, dalla sarde a beccafico alle
caponate, dai grandi primi piatti come le busiate arrivando ai più semplici
sfincione e pane cunzato. Sono solo alcuni esempi di un paniere che racchiude
centinaia di ricette tipiche inimmaginabili senza olio extra vergine.
E
invece nell’immaginario del mio pensiero iniziale tra drupe e molazza ovvero
olive spremute dalle grandi ruote di granito, ho pensato ad una particolare
zona dell’isola: il comprensorio di Campobello di Mazara in Provincia di
Trapani. Quante volte ho avuto il piacere di tornarci e gustare grandi vini e
pregiati oli. C’è un’oliva tipica in quell’anfratto di Sicilia che si chiama: “Nocellara del Belice”, è un oliva bella
grassottella motivo per cui è ideale sia in spremitura che come oliva da mensa.
Per la cronaca vissuta in loco so che ne sono molto ghiotti i napoletani che
risultano esserne grandi consumatori. Partenopei a parte da questa cultivar si
produce un olio straordinario, di corpo, ben fruttato con sentori che
richiamano il pomodoro. E’ un olio che amo molto a crudo sia sui piatti freddi
che su quelli caldi. Per gustarlo veramente bene e capirlo non si può non
provarlo su del pane caldo appena sfornato: una delizia meravigliosa.
Ed
è in quella parte della regione che anni fa conobbi nel suo laboratorio di
analisi dove si occupa di controllo qualità dei vini siciliani, Massimiliano
Barbera. Con lui ho varie affinità, è un serio professionista, un amante del
lavoro ben fatto, dei buoni vini e dei grandi oli. Inoltre Massimiliano ha
studiato a 20 km da casa mia, ad Alba, dove in quei tempi studenteschi ha
iniziato ad affinarsi con il profumo del celebre tartufo d’Alba. Sono trascorsi
gli anni e Massimiliano, agronomo ed enologo, è tornato nella sua Sicilia e lì
da un po' di tempo, oltre a lavorare con i vini, produce un olio da “Nocellara del Belice” di primissima
qualità. E’ un olio di categoria superiore ottenuto direttamente dalla olive e
unicamente mediante procedimenti meccanici.
Dai
sapori e dai profumi di questo alimento carico di storia dovuti alla grande
biodiversità territoriale Massimiliano ha dato vita al marchio: “Piccamabonu” (poco ma buono). Sono certo
di non sbagliare nel consigliarvi di assaggiare questa chicca olearia così come
credo che dall’olio presto il marchio andrà ad arricchirsi con altri prodotti
del comparto; d'altronde Massimiliano lo ha imparato bene in Piemonte: mai
fermarsi! Attualmente il suo olio prezioso è commercializzato dall’Azienda Agricola
Barbera Calogero, il suo papà.
E
così anche oggi ho potuto, grazie alle gocce dorate di un grande olio, volare
con la mente in Sicilia da dove con molta probabilità non è partito solo
l’olio, ma tanto altro che delizia ancora oggi il mondo.
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