mercoledì 20 maggio 2020

LA NATURA NON SI FERMA: SCHIAVA E LAGREIN, I DUE VITIGNI STORICI ALTOATESINI, RACCONTANO AL MONDO LA QUALITÀ VITIVINICOLA DELL’ALTO ADIGE


Bolzano/Italia, 20 maggio 2020 In un momento storico dove le certezze sembrano venire meno è la natura a ricordarci che il ciclo della vita continua inesorabile il suo percorso. Una certezza questa che si declina in infinite diverse espressioni e che trova nei territori del bel Paese terreno florido attraverso cui raccontarsi. Ne è uno splendido esempio l'area vitivinicola dell’Alto Adige, nota nel mondo per la sua eccezionale qualità ma anche per l’immensa varietà e diversità di sfumature che caratterizza il suo territorio: in solo 5.500 ettari crescono circa 20 diversi vitigni, elemento davvero unico in Italia. La varietà dei paesaggi e delle culture che si respirano in Alto Adige così come le influenze alpine e mediterranea contaminano infatti a loro volta i vini della zona, che sorprendono per il loro carattere unico e per le loro peculiarità. Che si tratti della zona della Valle Isarco, della Val Venosta o di Bolzano e dintorni, i viticoltori e le aziende vinicole dell'Alto Adige riescono perfettamente a coniugare la ricca tradizione vitivinicola che caratterizza questo territorio con gli altissimi livelli qualitativi che il settore oggi richiede, riuscendo a produrre grandi vini apprezzati in tutto il mondo. Tra i vini rossi dell'Alto Adige, i due vitigni autoctoni più famosi sono la Schiava e il Lagrein, divenuti nel tempo portavoce indiscussi della qualità vitivinicola altoatesina che incontra e sposa una storia lontana ricca di fascino.
Il Lagrein è uno dei vitigni a bacca rossa più caratteristico e pregiato dell’Alto Adige insieme alla Schiava. La storia di questo nobile vino è affascinante. Il nome prima di tutto: alcuni sostenevano che provenisse dalla Vallagarina più a sud, ipotesi avvalorata dalla somiglianza del nome. Le prime notizie ufficiali compaiono nel 1318, quando il vino Lagrein viene citato chiaramente in documenti commerciali. Ma il Lagrein è molto di più, è sempre stato il vino protagonista delle tavole dei potenti, di nobili ed ecclesiastici, era un nettare riservato a pochi eletti. Oggi gli ettari dedicati al Lagrein sono 477 e vi è una zona in particolare che rappresenta la culla della sua coltivazione: la conca di Bolzano. Qui infatti vi sono le condizioni migliori affinché questa antica varietà sviluppi tutte le sue migliori peculiarità, grazie alla presenza di terreni alluvionali ghiaiosi che anche in autunno mantengono quel calore ideale per far sì che poi i vini sviluppino tannini di pregio. Nel quartiere di Gries, a Bolzano, vi è l’epicentro della coltivazione con la presenza di 128 ettari. Nel 2019 sono stati prodotti 26.914 hl di Lagrein. Si tratta di un vino che non si presenta in commercio in modo identico, ma in due versioni che ne amplificano le differenze. Infatti, sebbene il comune tratto fruttato e la morbidezza del sorso accomunino tutte le tipologie, nel Kretzer, vale a dire il rosato, emerge la grande freschezza e le delicate note di piccoli frutti, nel Classico vinificato in rosso le sfumature più esuberanti della frutta matura. Il Lagrein si presenta con un colore rosso rubino e rosso granata intenso, con un gradevole profumo di viole e more e un sapore pieno e vellutato. Il Lagrein si sposa bene con cacciagione, carni rosse e formaggi stagionati.
La Schiava rappresenta un altro vitigno che occupa un posto di primo piano nella viticoltura dell'Alto Adige e ancora oggi è il vitigno rosso più coltivato della provincia: 41.613 gli ettolitri prodotti nel 2019. Vitigno dalle antiche origini, identificato con nomi differenti a partire dal tedesco “Vernatsch”, la Schiava riveste un ruolo molto importante nella viticoltura altoatesina già dal XVI secolo. Sebbene la sua estensione sia diminuita nel corso del tempo, di recente sta vivendo un momento di grande attenzione e riscoperta da parte di critici, professionisti e semplici appassionati. Oggi sono 684 gli ettari dedicati a questo storico vitigno autoctono altoatesino, il 90% dei quali si trovano in due sottozone molto famose e vocate come quella di Santa Maddalena e quella del Lago di Caldaro, che insieme a quella del Meranese rappresentano la culla della sua coltivazione su terreni alluvionali e detritici che insistono su pendii fino a 500 m di quota.
Tannini delicati e sottili, una piacevole acidità e un naso con note di piccoli frutti: sono alcune delle caratteristiche dei vini che si ricavano da questo vitigno. Una varietà che, allo stesso tempo, è capace di dar vita a vini semplici e di pronta beva così come a interpretazioni di grande fascino e insospettata longevità.
Due vitigni diversi dalle personalità inconfondibili, due storie antiche che rappresentano magistralmente l’infinita qualità vitivinicola altoatesina da sempre apprezzata e riconosciuta in tutto il mondo.



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