una mostra internazionale che intreccia arte, scienza e tecnologia dove paesaggi sonori futuri trasformano città, comunità e affetti in un ecosistema risonante di memorie, conflitti e nuove convivenze urbane.
Ari Benjamin Meyers + Halsey Solutions, Andrea Cera, Caroline Claus, Wendy Chua, Joyce Koh e Gustavo Maggio + Playersjourney, Marcin Dudek + OOF Gallery, Wen Liu e Alexander Hackl, Alevtina Kakhidze, Abel e Carlo Korinsky, Paul Louis + Impulse Audio Lab, Brigitta Muntendorf, Lugh O'Neill + Temporary Pleasure, Tim Otto Roth, Guillem Serrahima, Lea Luka Sikau e Denisa Pubalova, Loukia Tsafoulia e Severino Alfonso + up2metric
Dal 9 al 21 ottobre 2025 |
![]() |
BASE Milano |
Milano, 10 settembre 2025. RESILENCE – Future Soundscapes & Affect Mining in Urban Ecosystems è la mostra che apre la quinta edizione di FAROUT, il festival di arti performative prodotto da BASE Milano che dal 9 ottobre al 22 novembre 2025 trasformerà la città in un laboratorio diffuso di sperimentazione artistica. Il Festival, che sotto il tema guida Making Kin invita a ripensare le relazioni umane e non umane in un tempo segnato da crisi ambientali, sociali e geopolitiche, offre quest’anno un linguaggio sempre più multidisciplinare, perché accosta alle pratiche performative anche quelle installative e sonore, in un ecosistema relazionale plurimo, aperto e inclusivo.
La mostra, in programma dal 9 al 21 ottobre 2025, co-prodotta nell’ambito del programma europeo S+T+ARTS ReSilence e curata da Fundamental Research (Bruxelles), einaidea (Barcellona) e forty five degrees (Berlino), intreccia arte, scienza e tecnologia per interrogare come il suono possa diventare strumento di lettura, trasformazione e immaginazione degli spazi urbani. Raccogliendo i risultati di quindici residenze artistiche internazionali, che, nell’arco di due anni, hanno coinvolto artisti, ricercatori, laboratori scientifici e partner industriali in un percorso condiviso di ricerca e sperimentazione, il progetto affronta le complesse relazioni sonore tra corpi fisici e sociali, tra ambienti cittadini e paesaggi naturali, tra progresso tecnologico e deriva ecologica.
Dai parchi pubblici agli stadi di calcio, dai quartieri gentrificati alle città sotto assedio, dalle acque del mare fino alla biologia dei corpi, il suono, troppo spesso ridotto a rumore di fondo, diventa in RESILENCE un dispositivo per comprendere il presente e immaginare le città future.
Comunità, partecipazione e interazione sociale emergono come filo conduttore delle opere in mostra: Brigitta Muntendorf costruisce comunità temporanee attraverso l’ascolto condiviso, in un evento immersivo e partecipativo che si serve di cloni vocali AI e 3D-Audio e che si risignifica attraverso la performance HABITAT, mentre Ari Benjamin Meyers con Halsey Burgund sfruttano con Invisible Choir il potere delle tecnologie audio avanzate e del sound design urbano proponendo una forma innovativa di opera musicale collettiva, incentrata sul canto comunitario, per creare una nuova rete di cittadini-cantanti. L’attenzione al corpo come medium di connessione ritorna nel lavoro di Severino Alfonso e Loukia Tsafoulia che invitano a sperimentare l’empatia attraverso il movimento e la respirazione, nell’installazione interattiva Echoes. Qui, luci e suoni si modulano in tempo reale in base alle interazioni del pubblico, offrendo un’esperienza che fonde dimensione intima e collettiva. A completare il progetto, il documentario VOICES: Experiences and Expressions, che esplora l’autismo e il suo rapporto con il paesaggio sonoro urbano in chiave intersezionale. Calando queste riflessioni nell’ambito della danza, Andrea Cera raccoglie i risultati provenienti da esperimenti scientifici, attività artistiche, workshop e iniziative pedagogiche, per indagare attraverso degli strumenti di rilevamento l’interazione tra movimento dei corpi e la relativa diffusione del suono. Wen Liu analizza invece le derive etiche dell’interazione tra corpi e suono e restituisce al visitatore un ruolo sulla ricostruzione della Storia: unendo musica e intelligenza artificiale alla narrazione sociale, il suo concerto teatrale immerge il pubblico in un gioco distopico sul collasso climatico e sul degrado morale. Tramite un’app, gli spettatori influenzano in tempo reale l’evoluzione della storia, mettendo in luce i paradossi tra progresso tecnologico e disgregazione sociale ed ecologica.
Le città e i paesaggi urbani vengono celebrati da Caroline Claus tramite un saggio sonoro su Bruxelles-Nord, che vuole esplorare il paesaggio urbano in trasformazione attraverso registrazioni ambientali elaborate con intelligenza artificiale. Tra tetti e livello stradale, l’opera prende la forma di vinili artigianali che tracciano queste figure sonore, rilevando eventi di disagio acustico per poi rappresentarli su mappe che riflettono sull’impatto delle politiche di densificazione. Paul Louis ripensa questi paesaggi trasformando l’inquinamento acustico in esperienze uditive immersive terapeutiche e rielaborando il caos sonoro automobilistico come opportunità di armonia, piuttosto che come disturbo, mentre Abel e Carlo Korinsky studiano un sistema sonoro che risponda ai movimenti delle persone negli spazi urbani, usando ultrasuoni e intelligenza artificiale, per indagare sul tema della sorveglianza. Più ludica è l’opera di Marcin Dudek che, realizzata a partire da registrazioni durante le partite del Tottenham Hotspur, unisce rievocazione di cori e rituali pre-partita, costrutti culturali e abitudini sonore, per indagare a livello acustico il potere emotivo della folla.
Alcuni lavori in mostra intrecciano esplorazione sul suono ed elementi naturali, come Blooms, l’installazione site-specific di Wendy Chua, Gustavo Maggio, Joyce Beetuan Koh, che analizza il fenomeno delle fioriture algali e il loro legame con l’impatto umano sugli ecosistemi acquatici attraverso dati scientifici, immagini satellitari e microscopia, mettendo in luce come inquinamento e cambiamenti climatici alterino i cicli della vita marina; Giants di Lugh O’Neill è una composizione sonora spaziale e un’installazione video a tre canali che documenta brani eseguiti nelle colonne di basalto della Fingal’s Cave, famosa per la sua acustica simile a una cattedrale e per i suoi legami culturali e mitologici. Qui, lo spazio acustico e le strutture naturali influenzano rituali, percezione di sé e identità. All’interno di FAROUT, con la performance An Uaimh Bhinn, la composizione sonora e musicale di O’Neill si unisce alle soluzioni architettoniche di Temporary Pleasure, in un’esperienza fluida e immersiva.
Non mancano opere che affrontano le tensioni e le contraddizioni del presente: Coloropera di Alevtina Kakhidze di nasce da 60 conversazioni con veterani, bambini sfollati, civili sotto bombardamento e artisti ucraini, esplorando le percezioni sonore e le associazioni cromatiche legate alla guerra e trasformando – grazie a un team di compositori, light designer, video artisti e scienziati – suoni e colori in uno spazio fisico capace di narrare, guarire e ispirare le molteplici esperienze ucraine. Guillem Serrahima Solà con Ubiquitous Noise esplora le “ecologie del rumore” elettromagnetico terrestre, dai segnali astronomici e naturali a quelli tecnologici e neuronali. L’installazione conduce il pubblico attraverso la Radio Quiet Zone in West Virginia, laboratori scientifici e città densamente connesse, mostrando come il rumore elettromagnetico influenzi percezione, ricerca e vita quotidiana. C’è poi chi immagina scenari cosmici e futuri, come Tim Otto Roth, che modifica lo spazio in un teatro elettroacustico con 444 diffusori personalizzati che emettono e ricevono suoni, o Lea Luka Sikau e Denisa Půbalová, che trasformano i suoni dell’intestino in esperienza condivisa, rendendo udibili e tattili borbottii e rimbombi corporei attraverso la performance Stuff change, e ripensando l’intestino come organo di intuizione, connessione e consapevolezza corporea. Il risultato è un mosaico di esperienze che, nel loro insieme, ridefiniscono la dimensione pubblica come spazio risonante: un luogo in cui affetti, corpi, architetture e tecnologie si intrecciano per aprire nuove possibilità di ascolto e di relazione.
Coordinata dal Centre for Research and Technology Hellas (Grecia), RESILENCE è parte del programma S+T+ARTS della Commissione Europea, che promuove la collaborazione tra arte, scienza e industria come motore di innovazione culturale e sociale. Accanto agli artisti, il progetto vede la partecipazione di istituzioni accademiche e centri di ricerca d’eccellenza, tra cui l’Università Aristotele di Salonicco (Grecia), Fundamental Research (Belgio), Maurice Benayoun (Francia/Hong Kong), Max Planck Institute for Empirical Aesthetics (Germania), Università di Maastricht (Olanda), Sala Concerti di Thessaloniki (Grecia), Università di Genova (Italia), Università Pompeu Fabra (Spagna). |
![]() |
FAROUT Live Arts Festival, la rassegna dedicata alle arti performative contemporanee promossa da BASE Milano, giunge quest'anno alla sua quinta edizione. L'appuntamento del 2025 propone un palinsesto dilatato, oltre un mese e mezzo, dal 9 ottobre al 22 novembre, per un festival diffuso e immersivo che si sviluppa dentro e fuori BASE Milano, intrecciandosi con il paesaggio urbano, il tessuto sociale e le comunità. La linea curatoriale del festival si fonda sull’ibridazione radicale dei linguaggi, sfidando le categorie tradizionali per generare nuove estetiche e nuove forme di pensiero. Corpo, suono, testo, performance, tecnologia e ritualità si intrecciano, in un ecosistema artistico che si rigenera continuamente. FAROUT non è solo una rassegna, ma un campo di prova per il futuro, in cui l’arte diventa spazio di incontro e strumento di trasformazione culturale e sociale. _______________________________ |
Nessun commento:
Posta un commento