Venerdì 14 Settembre alle ore 18.00 inaugura Teatrum Botanicum,
terza edizione del festival dedicato ad artisti e curatori emergenti la
cui indagine si colloca nello spazio interstiziale tra pratiche e
riflessioni artistiche ed ecologiche proprie del centro d’arte
contemporanea. Il programma del festival, orientato alle logiche della
performance, si svolgerà nel corso delle giornate di venerdì e sabato,
per poi concludersi domenica con il workshop condotto da Enrico
Malatesta.
Nelle settimane antecedenti l'opening di Teatrum Botanicum,
abbiamo proposto un piccolo gioco agli artisti, musicisti e teorici
coinvolti. Una richiesta avanzata nel flusso pressochè infinito di email
- il brodo primordiale di ogni mostra o evento. Potreste scattare una fotografia ad una pianta vicino a voi? Una pianta domestica, o nel cortile, una pianta che vi colpisca.
Rimanere affascinati da una pianta non è un fatto così scontato; o almeno è quanto dimostrato dalla teoria della plant blindness,
termine coniato nel 1998 dagli studiosi di botanica James Wandersee ed
Elisabeth Schussler al fine di indicare l'incapacità di notare la
presenza di piante nel proprio ambiente e, di conseguenza, riconoscerne
l'importanza nell'economia della biosfera e delle vicende umane. Si
tratta di una dinamica quantomai paradossale, dato che le piante
costituiscono la base della maggior parte degli habitat animali.
Nondimeno, tendenzialmente sono proprio le figure zoomorfe a rubare la
scena al mondo vegetale, sia a livello percettivo, sia sul piano
culturale: è più semplice processare la nozione dell'estinzione dei
panda, che ricordarci di connetterla alla scarsità del bamboo! Non tutte
le piante sono uguali e non tutte risultano ugualmente invisibili: ad
esempio, le variazioni nella loro surface texture
(eccezionalmente ricca e complessa) costituiscono un fattore fortemente
discriminante, così come le fasi del ciclo vitale. “Prima che le azalee
del profondo Sud fioriscano, vengono percepite come arbusti pressochè
anonimi” scrivono James H. Wandersee ed Elisabeth E. Schussler “quando
si coprono di boccioli rossi, rosa e bianchi, nessuno può ignorarle”.
Digitate “azalea” in un motore di ricerca online e vedrete formarsi una
griglia di immagini floreali. L'immagine che, istintivamente,
assoceremmo al concetto di “azalea”. Lo schema dell'azalea.
La teoria di Barlett, formulata dallo psicologo britannico negli anni
'30, sostiene che tutti gli esseri umani possiedono regole o script
categorici che utilizzano per interpretare il mondo. Le nuove
informazioni vengono processate in modo da non entrare in conflitto con
queste regole, il cui insieme forma lo schema, una cornice
fatta di parametri individuali quanto collettivi, soggetta
all'esposizione a questo o quel contesto specifico. Quando le
informazioni che percepiamo contraddicono i parametri dello schema,
queste potrebbero non essere comprese.
Cosa succede nel nostro cervello, di fronte ad un'azalea non ancora
fiorita? È più che probabile che questa diventi un indistinto wallpaper
verde, senza bisogno di turbare il nostro schema-azalea. Spostiamoci
verso un altro contesto specifico: cosa succede nel nostro cervello, di
fronte ad un'opera d'arte che non incontra il nostro schema-opera
d'arte? O il nostro schema-mostra. O il nostro schema-concerto. O il
nostro schema-performance. Come recepiremo, memorizzeremo e processeremo
le informazioni inedite? Barlett individua tre possibili reazioni: accreditation, tuning e restructuring.
Laddove la prima reazione non prevede alcuna modifica allo schema
pre-esistente e l'ultima designa il processo di creazione di un nuovo
schema, tuning indica il momento in cui realizziamo che il nostro schema
è sostanzialmente inadeguato alle nuove informazioni. Questo ci spinge a
prendere coscienza della concretezza dello schema ed innesca un
processo di trasformazione dello stesso. È interessante vedere come
Barlett attinga l'espressione tuning all'ambito del sensibile
e, nella fattispecie, del suono: un discreto endorsment nei confronti
della pervasività dell'esperienza estetica.
In inglese c'è una netta differenza tra il sostantivo accordo, ovvero chord e il verbo accordare, sintonizzare: to tune. E Barlett sceglie proprio il termine tuning, to tune;
un'azione, come a suggerire la necessità di una certa intraprendenza
nel mettere in discussione gli assiomi di uno schema. E questo è il
gioco che la terza edizione di Teatrum Botanicum si propone di innescare: chiedere allo spettatore, al partecipante, di attraversare l'ambiente innescando una dinamica di tuning rispetto al PAV, un ecosistema naturale e culturale che, in linea alla nozione di terzo paesaggio,
esubera entrambi gli schemi. Parimenti, nel corso delle due giornate
del festival, si giocherà a stare in un territorio liminale tra la
dimensione espositiva e quella performativa, a creare fratture tra
l'attraversamento dello spazio tipico di una mostra e la
calendarizzazione di interventi time-based, in un gioco di rimandi e
slittamenti dinamici tra tempi e luoghi, tra un intervento e l'altro. Le
proposte degli artisti invitati verranno messe in costante relazione,
ora tramite piccole stratificazioni, ora tramite meccanismi che
ricordano quello della staffetta.
Le opere giocheranno a fingersi allestimenti e scenografie, alcuni
performer s'improvviseranno allestitori, i dispositivi moltiplicheranno
le loro funzioni. La curatela esplode, così come le declinazioni del
concetto di ambiente che sono al centro dell'iniziativa Teatrum Botanicum.
Si apre il sipario – che non è verde ma rosa! -, si collegano i jack,
si condividono i palchi, i muri scorrono, i cavi audio performano, la
teoria si fa ludica. Gli allestimenti raccontano storie, la scrittura si
rende visibile, si coniano neologismi, un film si trasforma in un
concerto en plein air, suonano le macchine, suonano i sistemi, suonano le piante.
Le azalee sono molto belle anche prima di rifiorire.
In
scena, o sul campo da gioco, opere e interventi di: Enrico Boccioletti,
Roberto Casti, Michela Depetris, Mimì Enna, Furlani-Gobbi, Sara
Manente e Christophe Albertjin, Gabriele Rendina Cattani, Claudio
Rocchetti, Youngboyswritinggroup.
Hotel Antropocene, press conference a cura di Federico Nejerotti e Nelle Gevers.
Acheropitismo, progetto a cura di ALMARE con Renato Grieco, Mauro Lanza e Andrea Valle.
XIII dj set e Sabla dj set.
Vi rifocilleremo con la collaborazione di Isola Torino.
La mostra e il convegno sono realizzati con il sostegno della Compagnia
di San Paolo, della Fondazione CRT, della Regione Piemonte e della
Città di Torino.
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