L’EVOLUZIONE DELLA VITICULTURA
La Vitis Vinifera esisteva già 50 milioni di anni fa ed è arrivata fino ai giorni nostri resistendo
a continui cambiamenti ambientali e climatici. Analizzando questo percorso, è possibile
comprendere come la conservazione della specie sia stata possibile solo grazie alla
predisposizione naturale di quest’ultima all’incrocio.
Dalla metà del secolo XIX, con l’arrivo di malattie come la filossera, la peronospora e l’oidio,
si sono rese necessarie tutta una serie di nuove pratiche agronomiche (utilizzo del piede
franco e in un secondo momento utilizzo degli incroci) al fine di evitare l’estinzione della
viticoltura per effetto delle suddette malattie fungine.
Per sconfiggere la filossera, ad esempio, è stato creato un innesto di vite americana con
vite europea che non subisce l’attacco dall’insetto della filossera che di fatto ne
distruggerebbe le radici.
Se la fillossera è stata sconfitta adottando la soluzione degli innesti, diverso è per oidio e
peronospora, i quali possono essere sconfitti solo con trattamenti sistemici, nel caso
dell’agricoltura tradizionale, o con l’utilizzo di rame e zolfo in campo biologico.
DALLA VITICOLTURA BIOLOGICA ALL’ADOZIONE DEI PILZWIDERSTANDFÄHIG-PIWI
L’obiettivo di un produttore d’uva che sposa la causa della coltivazione biologica, è quello
di mantenere in equilibrio l’ecosistema e di arrivare ad una coltivazione 100% sostenibile
compiendo quotidianamente scelte che si dirigono verso una maggiore salvaguardia
dell’ambiente e delle persone che lo abitano. Si utilizzano certamente le tecniche del
passato, gli insegnamenti lasciati in letteratura, precedenti all’arrivo dei trattamenti sistemici,
ma un contadino “moderno” non può fare a meno di stare al passo con i tempi e alcune
volte mettersi a servizio della sperimentazione per valutare da sè metodi alternativi.
Ciò vale a dire impegnarsi anche per limitare il più possibile l’utilizzo di trattamenti a base di
rame e zolfo, considerati meno dannosi dei trattamenti sistemici, ma comunque impattanti
per l’ambiente. Una via, questa, percorribile grazie all’adozione dei cosiddetti PIWIPilzwiderstandfähig, termine che tradotto dal tedesco significa resistente ai funghi e indica
una serie di vitigni ottenuti tramite impollinazione tra vitis vinifera e vite americana, che
incrocio dopo incrocio si è scoperto essere capaci di opporsi naturalmente a malattie
fungine come oidio e peronospora e che consentono quindi di limitare ad un massimo di
2-3 l’anno i trattamenti per salvaguardare la sanità della pianta.
Il vino ottenuto da questi vitigni interessa al momento una piccola fetta del mercato
nazionale e internazionale, nomi come Bronner, Cabernet Carbon, Cabernet Cortis,
Muscaris, Johanniter, Prior, Regent e Solaris si trovano raramente nelle carte dei vini o sullo
scaffale delle enoteche. Più popolari in Trentino e Friuli Venezia Giulia.
Questi vini rappresentano però al contempo la strada che molti produttori stanno
intraprendendo per contribuire ad una viticoltura sempre più sostenibile, fatta di trattamenti
più rari e minor consumo di anidride carbonica prodotta dai mezzi impiegati.
IL PROGETTO PIWI DELLA CANTINA PIZZOLATO
Ancora nella fase sperimentale, il progetto PIWI della Cantina Pizzolato, partito nel corso
del 2017, è iniziato con due approcci distinti: da una parte la realizzazione di un vigneto nel
quale sono state impiantate molte varietà PIWI ammesse nel disciplinare Veneto, dall’altra
con l’impianto monovarietale di singoli vitigni PIWI selezionati dopo una lunga ricerca per
identificare quale vitigno si adattasse meglio al terroir della zona Piave; nei primi mesi del
2017 sono state quindi piantate 15.200 nuove barbatelle in 4.3 ettari.
Negli scorsi anni le produzioni, seppur ancora limitate, sono state particolarmente
interessanti e promettenti sia da un punto di vista agronomico che enologico e gli studi sui
vitigni impiantati si stanno rivolgendo principalmente a queste varietà: Bronner, Sauvignier
Gris, Johanniter, Solaris, Prior. Il primo progetto, quello che segue la collezione di vitigni PIWI
autorizzati in Veneto, ha lo scopo di portare alla luce la loro resistenza alle malattie, la
possibile riduzione di interventi e a rivelarne le potenzialità enologiche. Con il secondo
percorso, che analizza appezzamenti di dimensione maggiore coltivati con monovitigni
PIWI, si vuole andare ad indagare nel profondo le potenzialità enologiche delle varietà
impiantate. È questo il caso della varietà Johanniter, che potrebbe ricoprire un ruolo
importante dal punto di spumantistico, del vitigno Bronner, PIWI interessante sia come come
vino fermo o adatto all’appassimento, o ancora il Merlot Khorus e Kanthus, vitigni PIWI figli
di Merlot da considerare per la produzione di vini rossi.
ADATTAMENTO DELLE VARIETÀ PIWI
“Per questi progetti abbiamo deciso di osservare sia vitigni creati dall’Università di Udine,
che quelli prodotti all’estero, in particolar modo a Friburgo. Questo per poter meglio
comprendere quali fossero i vitigni che meglio si possono esprimere nel territorio veneto e,
più precisamente, nel trevigiano. La scelta di annoverare anche vitigni creati all’esterno
nella nostra sperimentazione, risiede nel fatto che molti vitigni dal nome semi sconosciuto
in Italia come il Bronner di Friburgo, vantano genitori noti come Riesling, Pinot Grigio,
Merzling e Saperavi, tutti vitigni in grado di stupire per le loro caratteristiche organolettiche
e di dar vita a vini emozionanti”.
“Se dal punto di vista enologico le varietà PIWI impiantate stanno dando risultati interessanti,
anche in vigneto, fino ad ora, la viticultura dei PIWI ha mostrato più vantaggi che svantaggi.
Pur essendo varietà delle quali si conosce ancora poco circa l’adattabilità ai terreni,
dimostrano di reagire bene nelle zone dove sono stati messi a dimora rendendoci ottimisti
nel percorrere questa via ai più sconosciuta”.
I VINI PIWI PIZZOLATO
Come avviene anche in altri territori, le varietà PIWI danno vita a vini con caratteristiche in
parte diverse rispetto alle varietà autoctone. Sono vini generalmente più profumati, con
spiccati sentori sia fruttati che floreali, vini dal gusto più intenso e di maggior persistenza.
I vitigni PIWI sono una scommessa e si tratta di una scommessa molto più sostenibile
rispetto a quella delle varietà tradizionali. Questi non andranno mai a soppiantare le
varietà autoctone, identificative e caratteristiche dei vari territori dove nascono, ma per
un mondo dove la sostenibilità assume un ruolo sempre più centrale, rappresentano un
valore aggiunto soprattutto per i mercati internazionali, sempre attenti alle novità.
La presentazione al mercato dei vini da vitigni PIWI è iniziata a novembre 2019, con l’uscita
del Novello da uve Merlot Khorus e Cabernet Curtis. La linea è stata poi integrata a marzo
2020 da altri tre vini: un rosso da Merlot Khorus, Cabernet Cortis e Prior, un bianco fermo da
uve Bronner e un Vino frizzante Pet Nat da uve Johanniter.
Ognuno di questi vini rappresenta la tappa di un viaggio in un mondo ancora inesplorato
che, siamo certi, segnerà l’inizio di una nuova era. Un viaggio che viene raccontato anche
visivamente sulla bottiglia dei vini stessi grazie a delle etichette “parlanti” e da una libellula,
ambasciatrice di un’agricoltura “pulita” che spiega il nuovo mondo dei PIWI. I tre vini infatti
rappresentano ognuno una tappa diversa, partenza (quella del novello Piwi nel novembre
2019), il viaggio, il mezzo e la meta. Ogni capitolo di questa avventura è raccontato nel
blog del sito della cantina.
I NOMI DEI VINI PIWI PIZZOLATO
Anche i nomi dei vini piwi Pizzolato sono una scelta che riconduce all’immaginario
dell’esplorazione, del viaggio e della scoperta. I nomi scelti infatti idealmente riconducono
a fatti, aneddoti di reali elementi esplorativi.
In particolare:
HO’OPA: La lingua Hupa o Hoopa (endonimo: Na:tinixwe Mixine:whe) lit. "language of the
Hoopa Valley people") appartiene alla famiglia linguistica Athabaska (della superfamiglia
Na-Dené), parlata dal popolo Hupa, lungo la parte inferiore del fiume Trinity nel Nord-ovest
della California, e, prima dei contatti con gli europei, anche dai Chilula e dai Whilkut. Il
significato letterale del nome nativo è: "Lingua del popolo che abita la valle dell'Hoopa".
HUAKAI: è lo spostamento che si compie da un luogo di partenza a un altro e da un viaggio
e si sa, si torna sempre diversi. Significa “viaggio” nelle etimologie asiatiche.
KONTI-KI: Il Kon-Tiki è la zattera usata dall'esploratore e scrittore norvegese Thor Heyerdahl
nella sua spedizione nel 1947 attraverso l'Oceano Pacifico dal Sud America alle isole della
Polinesia. Il battello fu così chiamato secondo un antico nome Inca del dio della pioggia
(Kon).
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