giovedì 19 marzo 2020

MANDI MENI

Domenico Calligaro, custode della ricetta del “Pan di Sorc”
Domenico Calligaro, classe 1926, ci ha lasciato. È stato il suggeritore e il sostenitore più rappresentativo del progetto di recupero del Pan di Sorc, che senza il suo contributo non sarebbe stato possibile. Una quindicina d’anni fa si presentò al Mulino Cocconi, dove ha fatto conoscere l’arte bianca ai tantissimi ragazzini in visita d’istruzione, con in mano la ricetta che avrebbe riportato in produzione un pane (della tradizione, della comunità, del territorio) a rischio di estinzione. Ci insegnò che nell’impasto delle tre farine – di cinquantino il mais più snobbato e povero, di segale e di frumento – andavano aggiunti uvetta, fichi, noci, semi di finocchio. Per merito di Meni abbiamo ridato forma a un “prodotto culturale”, definito e consolidato una filiera, fatto conoscere il Gemonese all’Italia del “cibo buono, pulito e giusto” anche grazie al riconoscimento di Slow Food che nel 2011 ha assegnato al Pan di Sorc il marchio di “Presidio”.
Memorabili le sue trasferte in Toscana e Piemonte agli ecomusei del Casentino (per cui scrisse un diario di viaggio di cui riproponiamo un brano) e di Cortemilia. Erano incontri dove produttori e operatori di territori diversi si confrontavano e dialogavano sulle produzioni locali e le relative filiere. Domenico diede dimostrazione delle sue grandissime doti professionali, impastando e cuocendo il Pan di Sorc in maniera mirabile. Venne applaudito e festeggiato. Ci resteranno impressi nella memoria le sue qualità morali, il suo impegno associativo, la sua adesione piena a una comunità che gli ha sempre voluto bene. Mandi Meni, che la terra ti sia lieve.

«Nel pomeriggio con il presidente dell’Ecomuseo delle Acque ho raggiunto Stia, luogo in cui dovevo preparare l’impasto per fare il pane. Qui poche case si adagiano lungo l’Arno, le cui acque muovevano le macine del duecentesco Molino del Bucchio, operativo fino al 1960. Al piano superiore dell’antico edificio c’è una sala con il caminetto e sul terrazzo un forno a legna che può sfornare fino a 15 kg di pane. Ultimate le presentazioni mi sono messo al lavoro preparando il lievito madre, poi ho visitato l’area attorno al mulino perlustrando le cinque vasche dove un tempo venivano allevate le trote fario (da ex guardiapesca del Friuli Venezia Giulia ho dato alcuni consigli agli operatori del luogo, che si dedicano al recupero della struttura). […] All’arrivo degli invitati ho iniziato a preparare l’impasto aggiungendo i fichi sminuzzati e l’uva sultanina, dando forma a piccole pagnotte che in seguito ho adagiato a lievitare per mezz’ora su un tavolo, separandole con una tovaglia. Durante questo breve intervallo ho potuto raccontare ai presenti la storia del “pan di sorc”, prodotto in quattro frazioni di Buja: veniva fatto con le farine di frumento, di segale e di mais, quello dai chicchi piccoli che noi friulani chiamiamo “cinquantin” perché veniva seminato dopo la mietitura del grano. Questo pane deriva da un’antica tradizione contadina risalente all’Ottocento». (Domenico Calligaro, 3 maggio 2008, tratto da “Isaura”, dicembre 2008)





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