La Fondazione Adolfo Pini, dal 27 novembre 2018 all’8 marzo 2019, presenta il progetto site-specific SUMMERISNOTOVER di Šejla Kamerić, a cura di Erzen Shkololli. I lavori dell’artista accompagnano il pubblico alla scoperta dei nuovi spazi espositivi della Fondazione in Corso Garibaldi 2: un nuovo ingresso e nuove sale nell’elegante palazzina di fine Ottocento.
Nata a Sarajevo, Šejla Kamerić
è cresciuta durante la guerra, sopravvivendo all’assedio e al
bombardamento della città durato tre anni e mezzo. Questo fatto
biografico ha influenzato tutta la sua pratica artistica. Negli ultimi
anni ha ricevuto ampi consensi per l’impegno sociale e per il suo lavoro
artistico dall’intimità commovente, basato su esperienze personali, ricordi e sogni.
Con SUMMERISNOTOVER l'artista sviluppa un progetto che si modella sullo spazio espositivo della Fondazione Pini. Il corpo di lavori in mostra riflette sulla percezione che abbiamo delle notizie, sottolineando come sia cambiato il ruolo della fotografia così come il problema dell'utilizzo delle immagini (di guerra) e della loro distribuzione. In questo senso, se storicamente guerre e rivoluzioni hanno spesso avuto inizio in primavera e in estate, oggi
queste stagioni sono forse il periodo in cui utilizziamo più
intensamente i social media per mettere in mostra le nostre vite.
Alterando la presunta autenticità della fotografia e adoperando le
stesse tecniche dei social per raggiungere un pubblico diffuso, SUMMERISNOTOVER supera la tradizionale convinzione che la fotografia esista come categoria separata e distinta. L’artista crea, quindi, un gigantesco flusso di immagini per ricordare allo spettatore che l'estate non è finita: la guerra non è finita.
Dinanzi alla vasta gamma dei meccanismi culturali della nostra civiltà contraddittoria, Šejla Kamerić
si concentra quasi ostinatamente sul racconto di dettagli tratti da
immagini significative. Le caratteristiche ameboidi di questi frammenti
rappresentano eventi che si dissolvono in un flusso sempre crescente di
rumore informativo che possono funzionare come spie di calamità sociale.
Tra le opere in mostra il video “Sunset”, basato su quella che si ritiene essere l'unica fotografia a colori che mostra il Ghetto di Varsavia in fiamme durante la rivolta del 1943. Questa foto è stata realizzata da Karol Grabski, che al tempo era nascosto a Varsavia. In Sunset,
il momento catturato nella singola immagine viene esteso. Il fumo sale
verso il cielo, il sole svanisce e il tempo si dilata. “Position Absolute”,
è una collezione di sfere di pietra, realizzate dall’artista nel 2015.
In ogni sfera sono state incise delle coordinate geografiche di fosse
comuni. Fa riferimento alle sfere mistiche di pietra che si possono
trovare in Paesi come Costa Rica, Honduras, Belize, Messico e Bosnia ed
Erzegovina.
Dopo aver presentato i primi quattro progetti site-specific, The Missing Link di Michele Gabriele, Materia prima di Lucia Leuci, Memory as Resistance di Nasan Tur e Labyrinth di Jimmie Durham,
la Fondazione Adolfo Pini prosegue con questa nuova mostra il proprio
percorso dedicato all’arte contemporanea, sotto la guida di Adrian Paci.
Nessun commento:
Posta un commento