La
prima mostra dell’anno a Kasa dei Libri ha svelato un De Chirico
inedito e tanta è stata la curiosità del pubblico che il padrone di kasa
Andrea Kerbaker ha pensato di prorogare la mostra ancora un po’.
Fino al 15 marzo ci sarà ancora tempo per scoprire un Giorgio de
Chirico che, nella sua prolifica attività editoriale, si mostra molto
diverso da come viene percepito dall’immaginario collettivo, soprattutto
se esplorato in volumi in tirature rare e limitate che pochissimi
conoscono.
Così come le quasi 100 tavole illustrate, in mostra, create appositamente dall’artista per i suoi libri.
Nel 2017 alla Kasa dei Libri si fece una mostra di Miró,
che rivelava un amore viscerale per i libri durato tutta la vita con
una copiosa produzione di volumi illustrati e d’arte, copertine e
collaborazioni internazionali per cui creava quasi sempre opere
originali. L’anno dopo, 2018, è stato il turno di Matisse:
il suo rapporto con i libri ci ha svelato un lato meno noto, nascosto
tra le righe, dietro le copertine, nella mano che ritaglia fogli
colorati e disegna linee in bianco e nero e che ha corrisposto
per lui a un percorso di sottrazione, un cammino verso l’essenziale.
“E de Chirico?”,
si è chiesto il padrone di Kasa Andrea Kerbaker, iniziando un percorso
di ricerca che all’inizio non sapeva dove l’avrebbe potuto condurre e
che, ora che è finito e viene messo in mostra, ha portato alla luce un
de Chirico prolifico e instancabile, che nella sua produzione editoriale
ci fa quasi dimenticare il pittore che tutti conoscono.
A Kerbaker piacciono le sfide, si sa, e dopo qualche dubbio iniziale “Il pubblico capirà questo de Chirico? Lo saprà apprezzare? Saprà guardare oltre?”
la mostra ha preso vita. Si tratta di un percorso decisamente
originale, che prende l’avvio al termine del periodo di stretta
osservanza metafisica (fine degli anni ‘20) per il quale non ci sono
troppe testimonianze in volume, e accompagna l’autore per oltre
quarant’anni di vita, con collaborazioni anche molto originali.
Prova
ne sono le quasi 100 tavole che illustrano vari libri e quasi mai si
trovano esposte in questo modo. Originale anche l’allestimento
realizzato dagli architetti Matteo Ferrario e Salvatore Virgillito che
rimanda all’immagine più iconica di de Chirico, lo spazio vuoto di una
piazza scandito da portici e dalle loro lunghe ombre. Un racconto fatto
di parole ed immagini suddiviso in quattro sezioni che rivelano un de
Chirico inaspettato e poco esposto.
L’illustratore
Si parte da de Chirico illustratore, a cominciare da Le mystère laïc
di Jean Cocteau del 1928, che altro non è che uno studio indiretto su
de Chirico ed è arricchito da molti testi di Cocteau, anche in qualità
di artista.
Del ‘41 è l’Apocalisse,
una delle migliori prove da illustratore che non conserva praticamente
traccia dell’immaginario metafisico ma affonda le sue radici
nell’iconografia più classica dei testi sacri; in mostra le spettacolari
22 tavole in grande formato colorate dall’artista per la seconda
edizione numerata.
Un
altro particolare e ricercato gruppo di tavole è quello realizzato nel
1962 per l’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), dove
l’artista trasla in rappresentazioni mitologiche tutti i campi di
intervento della società.
«[…]
Quando mi è stato richiesto di fare una serie dei disegni colorati
dedicati all'attività dell' IRI mi è parso che il modo più poetico e che
maggiormente rispondeva al mio modo di sentire fosse questo […]. E
d'altra parte oggi i grossi
complessi
finanziari sono il mito del nostro tempo. Giove con i fulmini può
ricordare I'IRI come le industrie produttrici di energia elettrica.
Facile è l'accostamento degli aerei dell'Alitalia al cavallo alato
Pegaso. […] E per ultimo ho composto, pensando ad Edindustria, la casa
editrice che cura le pubblicazioni dell’IRI, la vita silente con il
busto di Minerva e i libri». Un
altro capitolo è costituito dai disegni realizzati nel 1968 per
accompagnare la traduzione che Salvatore Quasimodo realizza dei versi
dell’Iliade nei quali riemerge la passione di de Chirico per la
mitologia classica.
L’autore
È
documentato anche tutto l’ampio lavoro di de Chirico come autore, non
prolifico come il fratello Alberto Savinio, ma buon praticante della
scrittura. Ci sono alcuni dei saggi critici, anche quelli poco noti
scritti in giovane età, ci sono le teorizzazioni sulla tecnica
pittorica, sulla storia dell’arte e gli altri artisti. In particolare
c’è il romanzo Hebdomeros, le peintre et son génie chez l’écrivain,
presente in mostra sia nella rara prima edizione parigina del 1929 sia
in quella lussuosa, pure numerata, pubblicata alcuni decenni dopo con 25
tavole di grande formato.
Monografie e cataloghi
Emerge
in questa sezione l’indiscussa fortuna che de Chirico ebbe come artista
fin dagli inizi della sua carriera, a partire dalle prime grandi
esposizioni degli anni ’20 fino alla consacrazione con la mostra del
1970 a Palazzo Reale di Milano. In mostra cataloghi italiani e da tutto
il mondo: dalla Germania al Giappone, dall’Olanda agli Stati Uniti.
Interessante
è la distinzione che si riscontra all’interno delle monografie tra il
periodo metafisico e quello successivo, come nel testo The Early Chirico,
in cui già negli anni ’40 quello di cui si parla è il “primo de
Chirico”; con molta probabilità è proprio il giudizio critico
dell’autore sul proprio lavoro che influenza le scelte all’interno di
monografie e cataloghi, di frequente ispirate proprio dallo stesso
artista e spesso scritte dalla moglie Isabella Far.
Le riviste
Infine
una nutrita e curiosa sezione è dedicata alle riviste d’epoca che hanno
riservato all’artista ampio spazio: non solo articoli a sua firma, ma
anche interi fascicoli da lui appositamente illustrati come quelli dei Promessi Sposi pubblicati sulla rivista Tempo,
e per i quali nel ’64 si guadagna la prima pagina di solito riservata
alle star del cinema. Molto alta è l’attenzione che le maggiori riviste
di consumo dedicano a de Chirico, con approfondimenti, interviste e
servizi fotografici che lo ritraggono in posa nel suo studio, spesso
anche insieme a noti personaggi dell’epoca.
Emerge
da questo materiale una popolarità molto diffusa che non ha paragoni
nel presente: un de Chirico “personaggio”, molto amato dai rotocalchi,
anche perché portatore di una vis polemica pungente che andava contro
tutto e tutti e non risparmiava nemmeno se stesso, come nella celebre
polemica sui falsi-veri realizzati dall’artista in persona. Si legge infatti nelle pagine della rivista Epoca del 1968: «Il
pittore ha sempre dato una caccia spietata ai suoi falsi, ma negli
ultimi tempi l’ha intensificata. Se in una galleria, in un museo o in
una casa privata de Chirico scopre un suo quadro ma nutre dei dubbi
circa la sua autenticità, è capace di strapparlo dalla cornice o di
sfregiarlo con un temperino».
Grande
interesse nel pubblico dovevano suscitare anche le opinioni sul mondo
dell’arte che de Chirico affidava alle pagine di riviste come L’Europeo. In un pezzo del 1952 dal titolo Parla il nemico della pittura moderna, Manet viene definito «il primo cattivo gran pittore»; nessuno sconto neppure per Gauguin: «i suoi scritti ed i suoi poemi sono tutt’altro che brutti, ma, per quanto riguarda la pittura, è zero» e per Dalì chiosato come «pittore sgradevole e incredibilmente oleografico».
Da Epoca a Gente dall’Europeo ad Oggi,
le riviste esposte ci fanno immergere nel mondo dell’informazione tra
gli anni ’40 e i primi ’60, per cui de Chirico firma articoli critici
che danno un’idea ben precisa del suo ruolo nella società italiana,
senz’altro molto distante dal pittore metafisico delle piazze ideali che
tutti conoscono, ma che ci rivela l’uomo in tutte le sue sfaccettature.
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